Erano le prime ore di un funesto venerdì del 1966. Il 4 novembre di 55 anni fa, dopo interminabili giornate di pioggia ininterrotta, l’Arno, il fiume di Firenze, decise che non ce la faceva più. E straripò.
Alle 01.00 del mattino già cominciavano ad accalcarsi tanti fiorentini su quelle spallette ormai giunte al limiti del contenimento delle acque. Le prime inondazioni si avvistarono mezz’ora dopo, quando dalle fogne di piazza Mentana, l’acqua cominciò ad affiorare.
Alle 02.00 straripò il Mugnone (affluente dell’Arno) all’ippodromo, mettendo sott’acqua 260 cavalli. Ne morirono settanta. Ormai in tutta la città l’acqua stava diventando la padrona incontrastata.
La notizia diventò di dominio pubblico grazie all’ANSA alle 03.48: «La situazione in Toscana diventa sempre più grave. La pioggia non accenna a cessare e i corsi d’acqua, specialmente i più piccoli, sono notevolmente ingrossati. In provincia di Firenze, è emergenza a Incisa Valdarno e negli altri centri in prossimità dell’Arno, nel quale confluiscono altri torrenti. Le acque hanno invaso molte abitazioni». Non a caso questo articolo è stato pubblicato proprio alle 03.48.
La testimonianza di Marcello Giannini
Nel 1966 Marcello Giannini era caporedattore alla sede fiorentina della RAI. Durante un giornale radio straordinario calò il suo microfono fuori dalla finestra. «Ecco» disse Giannini «non so se da Roma sentite questo rumore. Bene: quello che state sentendo non è un fiume. Ma è via Cerretani, è la via Panzani, è il centro storico di Firenze invaso dalle acque».
Vennero soccorsi da tutta Italia, da tutto il mondo. E non finiremo mai di ringraziare chi ci aiutò. Ma chi non si perse d’animo furono i fiorentini. I terribili fiorentini, sempre brontoloni e permalosi. Pronti a lamentarsi di tutto e di tutti. Ma non nel novembre del 1966. Non nel momento in qui la loro amata città aveva bisogno di loro. Infatti in quei terribili giorni che seguirono, si rimboccarono le mani e assieme agli aiuti esterni, diventarono gli Angeli del Fango. E restituirono la vita alla propria città.
Il sarcasmo fiorentino non venne minimamente annacquato
Ai fiorentini puoi togliere tutto, ma non potrai mai togliere l’ironia e il sarcasmo che li contraddistingua. Molte trattorie distrutte dall’acqua esposero cartelli con scritto “Oggi specialità in umido”. Negozi massacrati si burlavano di loro stessi con frasi del tipo “Vendiamo stoffe irrestringibili già bagnate”. O anche “Ribassi incredibili! Prezzi sott’acqua”.
Anche il celebre film “Amici Miei atto II” ricorda l’alluvione del 1966 con quella vena di malinconica ironia che ci contraddistingue. Come dice il Necchi: “E perché non avete visto il mi’ barre. Quattro pesci ci ho trovato: tre lasche e un luccio nella macchina del caffè”.
O il Melandri con l’amante bigotta: “O brutta imbecille! E Dio per fare restare vergine una come te, affoga tutta Firenze?” E tuffandosi dalla finestra esclama: “Vo a casa!”
Firenze ne busca, ma non muore mai. Viva Fiorenza!
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