Giustizia Riparativa: nuova frontiera?
Con l’introduzione delle novità apportate recentemente al processo penale – frutto della riforma Cartabia – si è inteso disciplinare legislativamente, per la prima volta, l’istituto della giustizia riparativa.
Il primo caso di giustizia riparativa, post riforma, si è avuto in provincia di Varese
Il Tribunale di Busto Arsizio, infatti, ha deciso di accettare la richiesta di D.F. di accedere alla giustizia riparativa. D.F. è stato condannato a 30 anni di carcere per omicidio di una donna italo-olandese di 26 anni.
Con la locuzione “giustizia riparativa si prevede l’incontro e la mediazione tra la vittima e il colpevole del reato, una strada quindi complementare rispetto alla pena inflitta. Lo scopo è che la pena non abbia più soltanto un valore afflittivo, cioè di mera limitazione della libertà personale, ma appunto “riparativo”, in cui il colpevole del reato si impegni attivamente a rimediare in qualche modo per il reato commesso.
La giustizia riparativa non prevede limitazioni: può essere applicata a qualsiasi tipo di reato e può essere avviata, altresì, anche senza la partecipazione delle vittime.
Ad onore di cronaca, forme di giustizia riparativa esistono da tempo; in Italia è stata a lungo praticata senza essere, però, disciplinata legislativamente.
Con l’introduzione della Riforma Cartabia, si è andati verso una tipicizzazione di questo strumento all’interno del Codice di Procedura Penale. La giustizia riparativa si focalizza, essenzialmente, su due presupposti di base: la commissione di un reato, determina, inevitabilmente, una frattura relazionale e sociale tra due persone o più persone; l’altro presupposto è che, il più delle volte, la pena inflitta al colpevole non sia di sollievo per le vittime, le quali spesso continuano a soffrire della ingiustizia subita anche posteriormente alla sentenza di condanna.
L’istituto in questione valorizza, fortemente, una riparazione attraverso un lavoro di incontro e di assunzione della responsabilità.
Può capitare però, come nel caso dell’omicidio di cui all’inizio dell’articolo, che i genitori, le parti civili, marito o moglie, decidano di non partecipare al percorso di giustizia riparativa.
In questo caso è possibile comunque procedere con quella che viene definita “vittima aspecifica”, cioè una o più persone che hanno subito lo stesso tipo di reato e che sentono la necessità di partecipare a questo tipo di percorso.
È quindi possibile rifiutare di partecipare a percorsi di giustizia riparativa con l’autore del reato, decidendo, alternativamente, di prendere parte ad un percorso diverso con detenuti non direttamente coinvolti alla vicenda.
La finalità, ben si comprende, è quella di ridare alle vittime un senso di sicurezza, di integrità psicologica e di giustizia.
Il requisito di base è che chi ha commesso il reato, si assuma la responsabilità delle proprie azioni, affrontandone le conseguenze.
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