Argentina “caput mundi”
Domenica 22 Ottobre si terranno le elezioni presidenziali argentine in un clima di forti tensioni, debolezza economica ed incertezza politica sia per linee interne che internazionali.
L’Argentina arriverà al voto di ottobre nel mezzo dell’ennesima crisi economica e sociale della sua storia. È infatti alle prese con un’inflazione monstre che, secondo le stime della banca d’affari americana JPMorgan, arriverà al 145% entro dicembre, causando un calo del 3,3% del Pil.
Sono tre i candidati favoriti: Javier Milei (La Libertà Avanza), candidato anti-sistema e definito dai media il Trump argentino.
Sergio Massa: Unione per la Patria (centrosinistra), che continuerebbe l’esperienza di governo dell’attuale Presidente Fernandez; Patricia Bullrich: Insieme per il Cambiamento (centrodestra).
Per i sondaggi realizzati in vista delle elezioni presidenziali sembrerebbe essere inevitabile il ricorso al ballottaggio con la corsa che sarebbe ristretta a questi tre protagonisti. Nell’ordine: 36%, 33% e 26%.
Lo strano caso Milei
Tra tutti i candidati il più eccentrico e “mediatico” appare sicuramente Milei, che propone soluzioni a dir poco radicali: un taglio drastico alla spesa pubblica, riducendo al minimo il welfare statale, una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, liberalizzazioni di massa e, soprattutto, la rivoluzionaria idea di distruggere, fisicamente, la Banca centrale argentina e adottare come valuta nazionale il dollaro statunitense.
L’economista argentino, che unisce posizioni conservatrici come la contrarietà alla legalizzazione dell’aborto a un’agenda politica e sociale ultra-liberale, è una novità all’interno del contesto politico del paese latino-americano. Milei, infatti, non presenta granché le caratteristiche che hanno storicamente caratterizzato la destra radicale e nazionalista che si sviluppò in Argentina nel secolo scorso: nazionalismo intriso di cattolicesimo, valorizzazione del concetto di autorità e gerarchia, anti-comunismo, ma anche forte critica al liberismo.
Forte impatto hanno avuto anche le durissime accuse di Milei all’indirizzo di Papa Francesco, che hanno aspramente diviso lo stesso mondo cattolico argentino. Tra le espressioni per così dire più morbide quella secondo cui Bergoglio “promuove il comunismo contro la Bibbia”.
Argentina ombelico del mondo
Le elezioni hanno una rilevanza non solo locale, ma anche globale. Il vincitore deciderà la collocazione del paese in politica estera, dopo che il governo Fernandez ha avvicinato molto Buenos Aires alla Cina con l’entrata, febbraio 2022, nella Nuova Via della Seta, allettato dalla promessa di Pechino di 24 miliardi di dollari di investimenti in svariati settori, dalle materie prime (es. litio) alla difesa.
In tale contesto la preoccupazione degli Usa è quella per la costruzione da parte cinese di un porto nella Terra del Fuoco argentina. Il porto, di fronte all’Antartico, sarebbe strategico e sarebbe di fatto come un cavallo di Troia di Pechino nelle Americhe. Inoltre, il governo Fernandez vuole far entrare l’Argentina nei BRICS. Così potrebbe accedere a nuove risorse finanziarie, tramite la New Development Bank dei Brics, senza le condizioni e le politiche di austerità richieste dal Fondo monetario internazionale, con cui ha già in essere finanziamenti per circa 45 miliardi di dollari.
Dinanzi a questa prospettiva, caldeggiata dal governo attuale, rappresentato dal candidato e Ministro Massa,ci sono le posizione della Bullrich, contraria agli stretti rapporti con Pechino e pronta ad annullare la richiesta di adesione ai Brics, e Milei che, rincarando la dose, ha dichiarato che non farà “affari con i comunisti” e non li promuoverà “a livello statale”.
In gioco anche l’Unione Europea
L’Unione Europea potrebbe inserirsi in questo “gioco” come un partner alternativo alla Cina, ma anche agli stessi Stati Uniti. Come primo segnale, Ursula Von der Leyen, e il presidente argentino hanno firmato un memorandum strategico sulle materie prime a giugno. L’Ue vuole diminuire il più possibile la dipendenza dalla Cina nelle materie prime.
L’Argentina, perciò, con le prossime elezioni non solo deciderà il suo destino, ma potrà anche ridisegnare le alleanze mondiali. La decisione di schierarsi con il mondo occidentale o con quello dei nuovi Brics a guida cinese avrà un impatto decisivo anche per tutto il continente sudamericano.
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