L’Industria dell’Auto Elettrica in Italia: tra Costi, Politiche e Illusioni Green

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L’Industria dell’Auto Elettrica in Italia: tra Costi, Politiche e Illusioni Green

L’11 ottobre 2024, Carlos Tavares, Amministratore Delegato di Stellantis, ha esposto al governo italiano una realtà allarmante: produrre auto elettriche costa il 40% in più rispetto alle vetture a combustione interna.

Una scelta, quella della transizione elettrica, che non è nata dall’industria ma è stata imposta dalla politica, come lo stesso Tavares ha sottolineato

L’Italia, inoltre, presenta un ulteriore svantaggio competitivo: i costi di produzione sono più alti rispetto ad altri paesi europei. Senza interventi incisivi per colmare entrambi questi differenziali, l’industria automobilistica italiana rischia di non avere un futuro.

Competitività e la Responsabilità della Politica

Luigi Marattin, economista e fondatore dell’associazione Orizzonti Liberali, ha commentato la situazione puntando il dito contro un sistema politico poco pragmatico. “Invece di ragionare su come ridare competitività al Paese – dal nucleare alle infrastrutture, passando per la riforma delle relazioni industriali – molti colleghi si sono limitati a pretendere che Stellantis investa di più comunque. Come se le economie di mercato fossero fatte da benefattori”, ha dichiarato Marattin.

Questa visione semplicistica ignora una realtà basilare: le aziende non sono enti filantropici, ma attori economici che operano sulla base di costi, bilanci e condizioni di competitività

Meloni: “Decarbonizzazione sì, ma senza penalizzare i cittadini”

A gettare luce su questa complessa vicenda è intervenuta anche la Premier Giorgia Meloni, sottolineando la necessità di un approccio più equilibrato. Durante un intervento pubblico, Meloni ha dichiarato che le politiche di decarbonizzazione devono tenere conto anche dell’impatto socio-economico e non possono scaricare un peso eccessivo sui cittadini.

Questa posizione trova ulteriore fondamento nei numeri globali: anche se in Europa, dal 2035, circolassero solo auto elettriche, l’impatto sulla riduzione delle emissioni mondiali di CO2 sarebbe inferiore allo 0,9%. Un dato che dimostra come una transizione ideologica e isolata rischi di sacrificare la competitività europea senza apportare un miglioramento sostanziale alla crisi climatica.

Meloni, dunque, invita a un approccio meno dogmatico e più pragmatico, che tenga conto del contesto globale.

Il Ruolo della Retorica “Green”

La discussione sul futuro dell’auto elettrica si intreccia con una narrativa sempre più diffusa, quella dell’ambientalismo radicale. Questa retorica, spesso definita “woke” dai suoi critici, spinge molti cittadini a sacrificare diritti e libertà individuali in nome di un presunto “bene comune”.

Un esempio lampante è l’integralismo ecologico, che promuove limitazioni alla circolazione privata con il pretesto del miglioramento dei trasporti pubblici. Tuttavia, in molte città e regioni italiane, i mezzi pubblici sono sottodimensionati e già sovraffollati: ipotizzare un incremento significativo del loro utilizzo senza investimenti infrastrutturali massicci è del tutto irrealistico.

Stellantis e la Partita dei Fondi Pubblici

Per Stellantis, il passaggio all’elettrico rappresenta un’opportunità commerciale, ma anche un rischio finanziario enorme. Le critiche a Tavares si inseriscono in un contesto di frustrazione generale verso un modello industriale che sembra cercare sostegno pubblico per progetti poco sostenibili. Se Stellantis avesse ottenuto nuovi finanziamenti, avrebbe tratto profitto due volte:

1. Produzione costosa scaricata sui consumatori: Le auto elettriche, imposte per legge entro il 2035, avrebbero gravato economicamente su cittadini e stato.

2. Ripensamento post-2035: Un eventuale fallimento del progetto avrebbe spinto molti a tornare alle auto a combustione interna, con nuovi costi di transizione.

Superbonus 110% e l’Assenza di Partiti Liberali

L’industria automobilistica non è l’unico ambito in cui la politica italiana ha mostrato fragilità negli ultimi anni. Un esempio emblematico è il Superbonus 110%, provvedimento ideato e voluto dal Governo Conte I. Questa misura, che avrebbe dovuto rilanciare il settore edilizio, ha generato costi insostenibili per il bilancio statale, contribuendo a creare un debito che condizionerà le politiche economiche per i prossimi 10 anni.

La mancanza di opposizione liberale in Parlamento nelle ultime legislature ha contribuito a questa deriva. Nessuna voce significativa si è opposta a provvedimenti populisti come il reddito di cittadinanza o lo stesso Superbonus. Persino il Governo Draghi, pur dimostrando maggiore sobrietà, ha tollerato queste misure, lasciando che il loro impatto si radicasse.

La transizione elettrica, imposta dall’alto senza un’analisi seria dei costi e delle infrastrutture necessarie, rischia di diventare un boomerang.

Non solo per le aziende come Stellantis, ma anche per i cittadini e l’intero sistema economico italiano

I numeri parlano chiaro: l’Europa non può affrontare da sola il peso della decarbonizzazione globale, soprattutto se l’impatto è trascurabile rispetto alle emissioni mondiali.

Serve un cambio di rotta: non una cieca adesione a dogmi ecologisti, ma un approccio pragmatico che punti a ridurre i costi, salvaguardare la competitività e considerare la realtà socio-economica del continente

L’Italia, inoltre, ha bisogno di forze politiche liberali capaci di opporsi a provvedimenti economicamente irresponsabili e di riportare al centro del dibattito la sostenibilità delle politiche pubbliche.

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