LA PROPOSTA DI FRANCESCHINI E LA SINISTRA ALLO SBANDO
E dire che Franceschini per un certo periodo della sua storia politica era considerato, un moderato, un riformista, insomma uno che si sarebbe tenuto anni luce lontano da derive ideologiche di estremismo massimalista.
Insomma, in una parola, non è mai stato comunista – anzi la sua provenienza è di ferrea matrice DC
Fu vicesegretario del PPI sotto Franco Marini, vice di Veltroni cui successe alla guida del PD. Ha ricoperto prestigiosi incarichi istituzionali prima sotto il Governo D’Alema, poi sotto il governo Gentiloni.
Insomma la sua storia trasuda democristiano sudore misto a quel pragmatismo istituzionale che lo avevano reso un interlocutore privilegiato anche del centrodestra, nelle pazze dinamiche bipolari del nostro paese.
Certo, che la sua traiettoria stesse cambiando lo si poteva intuire quando aveva aperto al Movimento Cinque Stelle dopo l’esperienza di questo nel governo giallo-verde
Ma il definitivo cambio di passo, è avvenuto con l’appoggio alla candidatura di Elly Schlein alle primarie per la segreteria PD, nell’ormai lontano 2023. Scelta che effettivamente già allora stupì più d’uno visto che forse il personaggio Bonaccini sarebbe stato più in linea quantomeno con i suoi trascorsi d’area. E invece, il buon Dario ebbe a dire che Elly Schlein incarnava il modello di una sinistra moderna e che il partito necessitava di una svolta decisa.
Una svolta invece è quella che pare aver fatto lui, il quale, continua seppur nelle sempre presenti polemiche che contornano l’operato Elly Schlein all’interno del PD, di fatto rappresenta il deus ex machina dell’attuale segretaria
Quel che non ci saremmo mai aspettato che proprio da Franceschini giungesse una proposta ai limiti dell’assurdo che non tiene minimamente conto delle priorità del paese in un momento storico assai complesso come questo e che va invece a impattare in un’area che potremmo definire come la più ideologica di questa sinistra moderna (sic!): la famiglia e il rapporto fra generi.
E lo fa proponendo un disegno di legge che attribuisca invia esclusiva il cognome materno ai nuovi nati
Nemmeno il diritto di scelta o l’aggiunta a quello del padre. No, quest’ultimo deve scomparire sic et simpliciter a beneficio della madre. Non si sa se la ratio di questa proposta sia il famoso brocardo latino “mater semper certa est, pater numquam”,o se vi sia dell’altro; ma certo non possono sfuggire due punti essenziali. Il primo, l’assoluta irrilevanza del problema.
Non pare di vedere orde di gente che desidera il cognome della madre riempire le piazze e assaltare il Parlamento per aver una legge ad hoc. Il secondo punto, è la cancellazione simbolica del padre persino in un istituto – il riconoscimento con la dazione del cognome – che vige inalterato da secoli e secoli
Si comprende l’esigenza di svecchiare il sistema Italia, ma forse sarebbe opportuno partire da altre priorità, magari più sentite dagli italiani.
E, invece no! Il cognome materno diventa l’ultima frontiera del dirittismo della sinistra con, appunto, un ulteriore attacco alla figura del padre che come ho avuto modo di argomentare molto spesso da queste colonne, è il tratto caratterizzante della sociologia e antopologia progressista degli ultimi decenni.
Franceschini ci spiega benissimo quale è la cornice ideologica in cui si inscrive questa proposta dichiarando che “dopo secoli in cui i figli hanno preso il cognome del padre, stabiliamo che dalla nuova legge prenderanno il solo cognome della madre
È una cosa semplice e anche un risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico, ma è stata una delle fonti culturali e sociali delle disuguaglianze di genere”.
Quindi l’assunzione del cognome paterno sarebbe una delle fonti culturali e sociali per la diseguaglianza di genere. Non il gap salariale, non la mancata indipendenza economica delle donne per tanti decenni, non le difficoltà a conciliare vita privata e vita lavorativa.
No. Il cognome paterno. È questo per Franceschini il problema ! Quindi, in sostanza, anche nelle parole dell’ex ministro della Cultura (sic!), si sente odor di condanna del patriarcato, esplicitata bene dalla dotta e infondata perifrasi del parlamentare
Roba che ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate se non fosse una cosa seria e persino tragica. Ed è tragica perchè rappresenta l’infilzare la spada del progressismo nel ventre scoperto di una tradizione che non è mai stata contestata da nessuno, se non da qualche frangia estremista.
Insomma un colpo basso. Un colpo facile e al contempo del tutto inutile. Passi, il diritto di scelta della persona riguardo quale cognome assumere (circostanza che tuttavia, riguarda sempre una porzione minima di persone che, comunque meritano rispetto e tutela giuridica).
Ma la pretesa universalistica della cancellazione per legge del cognome paterno è qualcosa che sfonda i muri della logica e del buon senso prima ancora che quelli del diritto. Una proposta infatti che qualcuno ha giudicato folle, ma che dà il quadro di che cosa sia oggi la sinistra
Un personaggio (la sinistra) in cerca d’autore che si aggrappa a queste battaglie inutili e dal marcato sapore simbolico per tracciare nuovi confini rispetto a un elettorato che – come faceva notare Fausto Bertinotti qualche giorno fa – è ormai irrimediabilmente perso.
Dal che si comprende la ragione di alcune prese di posizioni che paiono ai più stupefacenti, dalla cittadinanza ai migranti, alla tutela ossessiva delle presunte minoranze ecc
Un ideologismo perverso, completamente sganciato dalla realtà che mira a distruggere le fondamenta non dico della tradizione ma del buon senso.
Noi, sommessamente speriamo che dietro queste prese di posizione vi sia un cinico tentativo di recuperare nuovo elettorato, perché l’alternativa determinerebbe la necessità di avviare una seria analisi non politica, ma psichiatrica.
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