Si è conclusa con 11 arresti, 30 indagati ed il sequestro di 4 aziende vitivinicole oltre a circa 30 milioni di litri di vino adulterato l’operazione “Ghost Wine”, condotta dal NAS di Lecce assieme all’ICQRF e coordinata dalla Procura della Repubblica del capoluogo. La maxi-truffa, che ha impiegato oltre 200 militari del Gruppo carabinieri per la Tutela della Salute di Napoli, unità dell’Arma territoriale e circa 90 appartenenti all’Unità Centrale Investigativa dell’ICQRF vedeva arrivare negli scaffali e nelle tavole dei consumatori scarti di vino mescolato a zucchero e sostanze illecite, illegalmente etichettato con le diciture DOP, IGT, DOC ed in alcuni casi persino con l’indicazione “Biologico“.
“Serve tolleranza zero sulle frodi che mettono a rischio lo sviluppo di un settore come quello del vino. Cresciuto grazie ad un grande percorso di valorizzazione qualitativa con un totale di superfici vitate nella sola Toscana di oltre 59mila ettari, per una produzione di circa 3milioni e 500mila quintali di uve che vengono trasformati in 2milioni e 800mila ettolitri di vino”, ha affermato il Presidente di Coldiretti Toscana Fabrizio Filippi a margine della conclusione dell’operazione.
Nello specifico, tra le ‘tecniche’ adulteranti impiegate da quella che è apparsa come una vera e propria organizzazione criminale diffusa, figuravano la sempre attuale pratica dello zuccheraggio (aggiunta illegale di zucchero al vino per aumentare il grado alcolico e migliorare il gusto del prodotto), l’aggiunta di sostanze tossiche oltre allo spaccio di vino di origine spagnola per prodotto a denominazione Doc o Igt italiano, nello specifico pugliese.
Ma ciò che preoccupa produttori ed organizzazioni di categoria sono i dati che emergono a margine dell’operazione “Ghost Wine“: fanno infatti registrare un balzo del +75% le notizie di reato nel settore vitivinicolo nel 2018. Dallo zuccheraggio alla falsificazione di etichette, dall’annacquamento all’aggiunta irregolare di aromi, ai quali si aggiungono la vendita online di vini in polvere, i cosiddetti “Wine Kit”, che spesso coinvolgono anche dannose imitazioni di marchi italiani1. Alle frodi tristemente diffuse a livello nazionale si aggiunge poi la vinopirateria presente nei vari continenti, dove clamorosi falsi sono tutt’ora presenti sul mercato: dal Bordolino bianco o rosso prodotto in Argentina al Chianti Made in Usa, fino al Barbera bianco acquistato in Romania.
“Le frodi e la vinopirateria – sottolinea Coldiretti Toscana – sono la principale minaccia al successo del settore del vino, dove nel solo 2018 sono state smascherate ben 194 notizie di reato, con il sequestro di ben 15 milioni di chili di prodotto, per un valore totale di 16,3 milioni di euro. Gli ottimi risultati dell’attività delle forze dell’ordine confermano l’efficacia del sistema di controlli che vanno però sostenuti con una riforma dei reati in materia agroalimentare volta ad aggiornare le norme attuali. Un obiettivo – conclude Coldiretti Toscana – sostenuto dalla importante decisione del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di chiedere la collaborazione di Giancarlo Caselli e dell’Osservatorio Agromafie promosso da Coldiretti proprio per procedere alla revisione delle leggi in materia”.
Insomma una revisione che vista l’entità del danno per un settore trainante del Made in Italy, che negli ultimi 50 anni ha messo a segno un impetuoso +678% in export si rende quantomeno urgente, sul quale ci auguriamo che il Governo possa quanto prima mettere le mani in maniera efficace.
1 analisi Coldiretti sulla base dei dati dei quasi 18mila controlli effettuati dal Ispettorato Centrale Repressione Frodi (ICQRF) sul settore vitivinicolo.