Il Conte Rosso Giallo le sta pensando tutte per tenere fede alla linea sanguisuga di quando le sinistre tornano al governo: tassazione a tappeto alzo zero su tutto ciò che si muove, economicamente parlando.
E allora nuova IMU, la patrimoniale travestita sugli immobili che crescerà ancora, web tax sugli introiti delle aziende operanti online su internet, che ovviamente si ripercuoteranno sui fruitori privati finali e imposte sulle sim dei cellulari.
Ma nel governo questa ultima non piace a tutti: «L’ipotesi di tassare le sim ricaricabili – dice il viceministro all’Economia, Laura Castelli – ci preoccupa molto. Anche le proposte alternative di tassare ulteriormente la clientela business, da più parti sollevate, trovano la nostra ferma contrarietà».
Il PD dal canto suo, invece, pare soddisfatto di tale nuovo balzello.
Matteo Salvini commenta sornione. «Stanno litigando su tutto a Roma», ha detto il leader della Lega. «Ci hanno detto che facevano il governo per non aumentare le tasse. Oggi, leggendo i giornali, il Sole24ore, scopriamo che è spuntata l’ipotesi di una tassa sui telefonini e un aumento dell’Imu…».
Nuove Tasse sulle Sim dei telefonini
Nelle bozze della manovra c’è l’idea di far entrare la tassa sulle Sim. Come riporta ilSole24Ore, l’esecutivo sta studiando un intervento fiscale proprio sulle schede che inseriamo nei nostri cellulari.
Si tratta di una tassa di 13 euro su tutte quelle schede ricaricabili della clientela business, che andrebbe a colpire soprattutto i professionisti, ma anche i piccoli imprenditori e gli esercenti.
Tale tassa potrebbe essere accompagnata dall’abolizione dell’imposta di concessione sugli abbonamenti, sempre più desueti, e il cui gettito ormai non rende più, mentre l’introduzione di imposta sui cellulari dovrebbe fruttare circa 250 milioni di euro all’anno.
Come detto a parte del Pd l’ipotesi piace, ma nelle ultime ore anche un’altra anima del Partito Democratico si sarebbe detta contraria, stando a ricostruzioni di stampa sarebbe stato il ministro dell’economia Roberto Gualtieri ad aprire all’ipotesi della nuova tassazione durante il vertice con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte,
Anche il Mef ha smentito non solo giudicando la proposta “irricevibile”, ma chiarendo che il vertice a quattro non si è mai tenuto e aggiungendo che “nulla è stato deciso su questo tema”.
La nuova Imu
Una nuova patrimoniale sulla casa sotto mentite spoglie, ma nemmeno tanto velate, sarà l’ennesima, paventata unificazione di Imu e Tasi che il Governo intende attuare con il decreto fiscale di lunedì.
Dal prossimo anno, i contribuenti saranno chiamati a pagare una sola imposta, che risulterà ovviamente più alta di quella attuale .
Il Presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha commentato alcune delle ipotesi in discussione per la prossima manovra. «Col pretesto della (inutile, ma persino dannosa) unificazione di Imu e Tasi, il Governo avrebbe deciso di aumentare l’aliquota base. Sarebbe un insulto al buon senso, prima ancora che ai proprietari. La patrimoniale sugli immobili, che continuano a perdere valore, va ridotta».
La nuova Imu accorperà la tassa sui servizi indivisibili – ossia la Tasi – con un’aliquota base dello 0,86 per mille perché allo 0,76% dell’Imu si sommerebbe l’1 per mille della Tasi.
Ma ciò non tiene conto che molti Comuni, oggi la Tasi, l’imposta nata per finanziare i «servizi indivisibili», non la applicano e la nuova aliquota dello 0,86% potrebbe suggerire la strada dell’aumento ai sindaci che fin qui si sono accontentati dell’Imu base.
Si annunciano in tema nuovi poteri di verifica diretti per il Fisco e la semplificazione delle aliquote e dei regolamenti ma il bollettino precompilanto antievasione arriverà solo, forse, nel 2021.
Il tutto condito dalla minacciata riforma del Catasto e delle rendite catastali degli immobili, da adeguare agli effettivi valori di mercato, che farebbero lievitare le imposte a livelli insopportabili se declinate con queste nuove aliquote, deprimendo un mercato già in sofferenza da anni.
Web Tax
La web tax era stata già prevista dalla manovra 2019 ma Mef, Mise e le authority delle comunicazioni, privacy e Agid, che avrebbero dovuto varare le regole attuative entro 4 mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio, in realtà non lo hanno fatto e non se ne era fatto di nulla.
Ma nuovi sono i termini e le effettive aliquote, più stringenti.
In pratica consisterebbe nella previsione di un prelievo del 3%, aliquota alla francese, per le imprese con ricavi ovunque realizzati non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni.
La web tax entrerà in vigore il 1° gennaio 2020 ed andrà a tassare quindi la pubblicità mirata agli utenti online, la fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali e la trasmissione di dati degli utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale, con prevedibili ricarichi ai fruitori finali.
Se resteranno esclusi servizi come Netflix e Spotify, come invece era stato ventilato nei giorni scorsi, saranno colpiti colossi come Google, Facebook e Amazon sui business relativi alla pubblicità come pure i servizi offerti da Alibaba, Amazon o eBay.
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri al termine dell’Ecofin così si è espresso “Come è noto l’Italia ha la digital tax, noi la fermo entrare in vigore dal primo gennaio, è uno dei componenti della manovra – ha spiegato – La misura c’era ma non operativa. Non vogliamo solo la digital tax italiana ma vogliamo che sia collocata dentro una misura definita sul piano internazionale, faremo comunque la nostra, ma siamo parte attiva del negoziato che proseguiremo a Washington al G20”
Si teme che il prelievo possa ripercuotersi sulle piccole e medie imprese italiane che vendono, anche oltre confine, prodotti made in Italy.
Come la si giri comunque il trend delle sinistre al governo rimane sempre l’imperativo categorico tassare, tassare, tassare, nell’ottica di aumentare non i servizi ma gli sprechi statali, e contraddicendo quanto sempre sostenuto, perché a fronte di un aumento negli ultimi cinque anni del recupero della evasione fiscale, la pressione anziché diminuire aumenta ogni qualvolta il Pd e i suoi alleati ritornano al potere.