“Nous irons vers la victoire/Par le sang des compagnons/Qui ont fait marcher l’histoire
/En mourant pour le jour le plus long” cantava Dalida. Era il 1961 e nelle sale di mezzo mondo usciva Il giorno più lungo, kolossal hollywoodiano dedicato allo sbarco in Normandia.
Un cast d’eccezione: da John Wayne a Curd Jurgens, passando per un giovanissimo Sean Connery e un quasi irriconoscibile Gert Frobe (i due si sarebbero poi rivisti in Missione Goldfinger). E Paul Anka, sì quello di Diana.
Un’opera cinematografica che ha segnato la storia, sia per le scene d’azione sia per il già citato cast corale. Un omaggio alla tenacia e alla forza degli Alleati che, con il D-Day, diedero inizio all’assalto finale contro l’Europa occupata dai nazisti.
Eorismo e sacrifici, ma anche una ironia che stona con la tragedia dell’invasione della
1962. “Il giorno più lungo”. Ray Danton e Robert Mitchum (a dx).Francia: circa 10 mila i caduti. Perdite contenute per gli strateghi di allora, ma comunque rilevanti. Il dramma delle prime ondate di paracadutisti e di fanti da sbarco giunte in suolo francese sarà raccontata 30 anni dopo da Salvate il Soldato Ryan e da Band of Brothers.
Forse è anche questo il motivo che spinse gli autori del brano a cercare un taglio diverso. Non troppo eroico, dunque, ma realista:
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