Terminata la due giorni parlamentare dedicata al voto di fiducia al Governo Conte bis, pronto a diventare Conte Ter, è tempo di riordinare idee e impressioni.
Sul piano personale dello scontro tra Premier e leader di Italia Viva -un vero e proprio duello rusticano tra due egotisti- il primo ha decisamente sopraffatto il secondo, riportando però molte e profonde ferite da taglio. A cominciare dal taglio di consensi parlamentari, specie al Senato. Taglio mitigato dalla totale perdita di credibilità dell’avversario, partito per rottamare e costretto ad astenersi per non finire egli stesso rottamato.
Sul piano politico, invece, Conte ha riportato la classica vittoria di Pirro. Perché la maggioranza alla Camera è sì assoluta ma numericamente inferiore alle aspettative. E perché la maggioranza al Senato è solo relativa, e quindi non sufficiente a garantire il controllo delle Commissioni e una tranquillità dei lavori in aula. Dove il Governo, ulteriormente indebolito, sopravviverà a fatica rimanendo sempre ostaggio degli umori e dei ricatti di avventurieri e opportunisti d’ogni genere.
Conte ha invocato l’aiuto di chiunque
Ne esce fuori insomma, parafrasando Italo Calvino, un BisConte dimezzato. Che peraltro ha dato pessima prova di sé implorando l’aiuto di chiunque, ammiccando a tutti, promettendo posti e favori, e riuscendo persino a degradare il pensiero europeista a patetica maschera dell’italico trasformismo.
Per cui il Centrodestra ha fatto bene a chiedere subito l’intervento di Mattarella, ricordando che proprio il Presidente della Repubblica impedì al Centrodestra (la cui coalizione vinse, sia pur di misura, le ultime elezioni politiche) di rivolgersi al Parlamento per trovare quei consensi aggiuntivi necessari all’ampliamento della maggioranza relativa, sostenendo che per governare occorreva partire con una maggioranza assoluta già definita sulla carta. Decisione dalla quale discesero gli sviluppi che conosciamo.
Ora Mattarella potrebbe certamente affidare ad altri l’incarico di formare una nuova maggioranza o di ricostituire quella appena sgretolatosi; ma potrebbe anche dare il via libera a Conte per il suo terzo governo consecutivo all’insegna del trasformismo.
Poiché Conte salirà in ogni caso al Quirinale per dire che la sua ridotta base parlamentare potrà comunque essere allargata andando a pescare nella cosiddetta area centrista: quella da lui tanto lusingata e che, pur avendo in linea di massima votato contro la fiducia, vede diversi suoi esponenti attratti da prospettive di potere e di posti ben remunerati che possono aprirsi nei Ministeri e nei Consigli di Amministrazione di importanti enti o aziende.
Tanto più che ad appoggiare un governo in carica si rischia meno in termini di gogna mediatica, specie dopo avergli votato contro al momento della fiducia! Per la serie: non ho tradito il mandato elettorale ma ho deciso di appoggiare il Governo per fare quelle cose buone che i miei stessi elettori vorrebbero… Ah, le finzioni del desiderio di soldi e potere!
Pur di non andare a votare, proveranno di tutto
Sta di fatto che tutto verrà tentato e sperimentato pur di non ridare il potere di decidere al popolo, trattato ormai da sovrano in esilio. L’Italia non deve tornare al voto. Lo ha fatto capire più volte lo stesso Mattarella, che per il suo discorso di fine anno coniò pure il termine di “costruttori” ad uso e consumo del Governo in crisi e dunque alla ricerca di nuovi sostenitori.
L’importante è che l’Italia non torni al voto. Per non far vincere il Centrodestra, come ha cinicamente affermato il Segretario del Pd (che è il partito di Mattarella), e per non vedere il nuovo Parlamento eleggere finalmente un Presidente della Repubblica non proveniente dalle fila del Centrosinistra. Ma l’Italia non deve tornare al voto anche e soprattutto perché così vogliono i Potentati dell’Unione Europea, preoccupati da un Centrodestra che ha troppo a cuore gli interessi nazionali.
Costoro infatti preferiscono avere a che fare col Governo debole di un’Italia frantumata e disperata per meglio perseguire le loro politiche di colonizzazione economica, cercando magari di imporre pure -già che ci sono- una patrimoniale sui beni monetari e immobiliari degli Italiani. Adducendo ovviamente, a giustificazione, la necessità di ripagare gli interessi sugli enormi debiti contratti dallo Stato.
L’Europa ci considera una banale appendice
La verità, a tutti nota e da tutti celata, è che i Potentati europei non considerano più l’Italia come un autorevole Paese membro dell’Unione ma come una semplice appendice territoriale di quest’ultima. Una sorta di aggiornamento della tesi del Metternich dell’Italia come espressione geografica.
Pertanto dal Quirinale non c’è da aspettarsi granché. Dobbiamo quindi affidarci all’opposizione, che però, anche in questa vicenda, pur rimanendo unita ha mostrato molti limiti politici e progettuali. È dalle elezioni europee che il Centrodestra annaspa furiosamente alla ricerca di una strategia efficace. Che sia capace di incidere realmente sulle cose e di imprimere effettivamente una svolta al Paese. Senza riuscirci.
Il vero problema: una classe politica scarsa
Credo perciò che sia arrivato il momento di avviare una profonda riflessione. C’è un problema di elaborazione, di definizione dell’idea di Italia che vogliamo ricostruire, per risollevarci tutti dalle attuali macerie economiche, sociali ed istituzionali.
E c’è un problema di scarsa qualità della classe politica, malamente selezionata. Anche se mi ha assai confortato l’aver ascoltato durante il lungo dibattito sulla fiducia gli ottimi discorsi di due leghisti di nuova leva: l’Onorevole Molinari ed il Senatore Bagnai. Due interventi di feroce eleganza intellettuale e di notevole forza politica.
Ma, come si sa, una rondine non fa primavera. Ed occorre allora, da parte di tutto il Centrodestra, un maggior impegno teso alla formazione di una futura e credibile classe dirigente. Anche perché il Paese aspetta ancora: di ricevere risposte concrete ai suoi drammatici problemi, e di avere interlocutori autorevoli ed affidabili.
Una drammatica sudditanza verso il potere europeo
L’incapacità del Governo Conte, l’inconsistenza delle istituzioni e la sudditanza del Centrosinistra ai voleri dei Potentati europei richiamano ancor di più l’opposizione di Centrodestra ai suoi doveri e alle sue responsabilità verso il Paese.
Quell’Italia rimasta ai margini del penoso spettacolo della crisi di governo offerto dal teatrino della politica. Quell’Italia che, prigioniera dell’emergenza sanitaria mal gestita, soffre i morsi terribili di una crisi economica devastante. Segnata dalla morìa di partite Iva, di attività professionali, e di piccole imprese.
Solo nel 2020 sono state chiuse 300.000 aziende, e quando, a fine marzo, scadrà il blocco dei licenziamenti avremo centinaia di migliaia di disoccupati. Mentre il debito pubblico, ormai fuori controllo, è già schizzato al 160%. Un quadro da tregenda che ci rimanda ai giorni bui dell’immediato dopoguerra, e di cui pochi purtroppo hanno consapevolezza.
Ora questo Paese -l’Italia reale, che ancora resiste e lavora e produce- meriterebbe sicuramente un Governo serio e competente. Ma anche, più in generale, una classe politica diversa e migliore, in grado di porsi all’altezza delle sfide che lo attendono. E questo vale per la destra e per la sinistra, per la maggioranza governativa e per l’opposizione.
Il resto -la retorica d’occasione e le vuote chiacchiere, gli stucchevoli cerimoniali e i giochini di Palazzo- lasciamolo al BisConte dimezzato e ai suoi sodali e compagni.
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