Crisanti ha un nome mutilato, non gli calza, manca qualcosa. Tra un allarme e l’altro dovrebbe prendersi la briga di fare un salto all’anagrafe e cambiarlo in Crisantemi.
“Un lockdown nazionale? E’ quello che ho detto anche io. Fra una settimana la variante inglese si diffonderà a una velocità senza precedenti e qui si parla di riaprire tutto”. Il professor Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova – nonché Premio Nobel in Allarmologia -, ribadisce l’esigenza di un lockdown nazionale per fermare i contagi.
Tanto lui lo stipendio lo prende lo stesso.
“C’è un totale scollamento tra quelle che sono le aspirazioni della gente, come vengono interpretate dalla politica, e quella che è la realtà. Ancora non ci siamo allineati con l’esigenza di fermare il contagio. La variante inglese è già nel 20% dei casi in Italia – ricorda Crisanti all’Adnkronos – Il vero problema è che manca un piano nazionale di sorveglianza delle varianti. Se una variante emerge in qualche posto c’è solo una cosa da fare: non la zona rossa come quella di ora ma una zona rossa come era quella di Codogno. Per impedire che si diffonda non ci sono alternative. La variante inglese è destinata ad aumentare. In tre settimane è passata da meno di 1% al 20%, è quella che diventerà predominante nel nostro Paese”.
Quanto alla polemica sulla riapertura degli impianti da sci Crisanti non ha dubbi: “Sembra che i consulenti del ministero si siano svegliati adesso. Riaprirli è una follia totale”. E aggiunge: “La responsabilità di questa situazione è tutta dei politici, se si fosse continuato il lockdown di maggio e invece di sparare al virus con le pistole ad acqua come gli antigenici si fosse fatto un programma di sorveglianza non saremmo a questo livello. L’epidemia non si vince con la demagogia”.
Nemmeno con la fame, professore. Nemmeno con la fame.
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