Il momento di maggiore difficoltà per Benito Mussolini quale capo di governo arrivò a seguito del delitto Matteotti. Per essere ancora più precisi, ancor prima che l’Italia si rendesse conto che si trattava di un delitto.
Appena Matteotti sparì il giorno 10 giugno del 1924, sin da subito ci fu un grave problema di imbarazzo politico per tutta la compagine governativa. In quel momento l’opposizione prese una decisione forte ma che col tempo rivelò tutti i propri limiti.
Si ispirarono a quanto accaduto nella Roma Antica con la secessio plebis, forma di protesta più volte ripetuta nella storia repubblicana. Consisteva in un abbandono calcolato della città mirato più che altro a far venir meno tutte le funzioni vitali che il popolo svolgeva. Una specie di sciopero del tempo.
Un comportamento che però va contestualizzato storicamente, per capire l’utilità di questo strumento. Soprattutto alla luce del fatto che Roma era fondamentalmente non una democrazia ma un’oligarchia, dove i patrizi disponevano della res publica tramite un senato di pari.
Il Tribuno della Plebe e l’Aventino
In quel momento fu l’unico modo per i plebei di costringere il senato ad ascoltare le loro ragioni; e questo avvenne con l’istituzione della figura del tribuno della plebe, che nel diritto romano rappresentava un alto magistrato in difesa del popolo. Senza scendere nel dettaglio dei suoi poteri fondamentalmente i plebei avevano bisogno di uno strumento costituzionale di rappresentanza.
La secessione dell’Aventino del 1924 in realtà fece un errore di fondo, perché andò in senso contrario.
Ossia al fine di far sentire la voce dell’opposizione, la misero a tacere nell’organo costituzionale preposto.
Venne ritirata la rappresentanza dell’opposizione, o meglio della stragrande maggioranza della opposizione poiché vi aderirono 130 deputati, dall’unico organismo elettivo che avesse il Regno d’Italia.
Mentre il senato era di nomina Regia la camera dei deputati manteneva un carattere elettivo che, pur avendo messo in minoranza le opposizioni tramite la legge Acerbo, rendeva comunque la camera il luogo fondamentale per portare avanti un opposizione ad un governo che comunque doveva rispondere ad altri organi costituzionali. Che formalmente in quel momento ancora pienamente indipendenti. Quali la magistratura ed il sovrano che avevano tutti gli strumenti necessari per reprimere gli abusi.
La forte valenza simbolica del gesto poteva avere un senso in fase iniziale, ma il grave errore avvenne nell’esatto momento in cui si scelse di continuare a portare avanti l’assenza dell’opposizione dall’aula parlamentare. Anche alla luce delle grosse difficoltà che stava avendo in quel momento il primo ministro.
Il giornalista antifascista Carlo Silvestri dopo la guerra sostenne che il delitto aveva avuto una matrice fascista. Ispirato da ambienti di destra del regime per impedire un possibile riavvicinamento di Mussolini ai socialisti e l’instaurazione di un regime connettivista. La storiografia insegna che fu volontà del capo del governo.
Mussolini si assunse la responsabilità politica
Al di là di tutto Mussolini assunse la responsabilità politica di quanto accaduto ed in quel momento l’opposizione doveva presidiare, anche occupandole fisicamente giorno e notte le aule parlamentari.
Solo la camera era elettiva, dunque il vero bivacco lo avrebbero dovuto fare lì dentro i deputati che invece fecero la scelta dell’Aventino.
Nel momento che Benito Mussolini quale capo del governo rilanciava, assumendo su se stesso la responsabilità politica con una prova di forza, l’opposizione doveva essere altrettanto determinata da chiedere al Re in quanto capo dello stato e garante dei giudici un immediato intervento risolutivo.
La forte presa di iniziativa del capo del governo non fu contrastata da un altrettanto forte e lucida determinazione dell’opposizione.
Successivamente gli oppositori erano troppo divisi al loro interno, ed aprirono involontariamente la strada con la loro debolezza e fragilità all’instaurazione di quello che sarà il regime fascista. Mussolini non a capo di un governo, ma di un regime autoritario.
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