Le cose iniziarono a complicarsi davvero nel giugno del 1941. Da un punto di vista bellico il mese di giugno all’Italia non ha mai portato particolare fortuna, nelle fasi iniziali del secondo conflitto mondiale.
A giugno del ’40 ci fu la scellerata decisione di attaccare la Francia, un paese che era messo alle strette dai tedeschi. Si colpiva mentre era al tappeto proprio la nazione che ci aveva aiutato a fare l’Italia. Portando anche risultati insufficienti.
A giugno del 1941 Adolf Hitler attacca la Russia. Ha inizio quella gigantesca operazione che verrà denominata Barbarossa. Il Giappone ne restava fuori in base al patto nippo-sovietico di non aggressione.
L’Italia del tutto fuori non sarebbe potuta restarne ma, con ben poco senso pratico, non vide l’ora di lanciarsi in questa impresa.
Non si capisce se in questo giocasse un fattore psicologico di Mussolini, quale capo ideologico e fondatore di un movimento che pur con grandissime differenze, era quello dal quale i tedeschi avevano tratto il modello strutturale per il loro. Che in quel momento si trovava nella condizione del maestro che deve dipendere dall’allievo ed è ansioso di riscattarsi.
Oppure se si fosse di fronte al bisogno del complesso militare dello Stato Italiano di riscattare su nuovi fronti le disfatte subite.
Russia 1941 – Una disfatta annunciata
Qualunque fosse la motivazione, il risultato era sempre lo stesso: allargamento a macchia d’olio della disfatta. I tedeschi erano scettici, e bisogna dire con piena ragione, sulle capacità degli italiani di mandare un grande ed attrezzato contingente in un territorio complesso come quello sovietico.
La loro richiesta, perfettamente logica, era di mandare eventualmente quell’importante rinforzo in Nord Africa a sostegno dell’Afrikakorps, dove avrebbe rappresentato un significativo incremento. Magari in grado di chiudere quel fronte. Invece quasi 230 mila uomini vennero spediti in Russia.
Il vero problema risiedeva nel fatto che l’Italia non comprendeva che la necessità di chiudere velocemente il conflitto comportasse necessariamente il mettere fuorigioco almeno l’avversario che in quel momento presentava la maggiore fragilità.
Era probabilmente ormai già troppo tardi, poiché i britannici avevamo più di una ragione per sperare nell’intervento americano.
Ma era ovvio che un gigante come l’URSS, per quanto arretrato, rappresentava comunque una grandissimo problema nella guerra sui due fronti. L’asse aveva bisogno di fare presto. L’Italia per la campagna di Russia non era assolutamente attrezzata. Vi fu addirittura uno smodato uso della cavalleria.
Ma il terreno, e soprattutto i successivi eventi che comportarono l’approvvigionamento degli americani all’insufficiente apparato produttivo sovietico, portò l’Italia su un piano di inferiorità questa volta veramente tragica.
Neanche gli alleati tedeschi potevano sostenere adeguatamente l’arretratezza italiana e competere con un gigante che veniva rifornito di mezzi in quel modo.
Le proporzioni del conflitto svantaggiavano permanentemente chi non si era preparato. Il resto fu solo gelo, perdite enormi e una tragedia di proporzioni storiche per il nostro paese.
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