Se c’è un Milite Ignoto perché non può esistere un Presidente della Repubblica Ignoto? Un alto, solenne, mitico presidente che nessuno vede, che non parla, che non scrive, che aleggia su di noi come un gabbiano trasparente, con un bel cilindro in testa…Un presidente della Repubblica dev’essere qualcosa tra il nonno e il re, fra il preside di liceo e un busto del Pincio…deve salutare la folla con larghi e corretti gesti della mano; sorridere con labbra laiche e civiche, e soprattutto conoscere l’arte di apparire inanimato come un oggetto di gran valore. Il presidente della Repubblica è un’idea, un simbolo, un’astrazione che trova corpo ogni sette anni; è una corona provvisoria…
Io sono orgoglioso di essere italiano, ma mi vergogno d’essere un cittadino dello Stato italiano. A tutti coloro che bestemmiano l’Italia per le sue leggi antiquate, per la sua magistratura, la sua burocrazia borbonica, la sua cattiva amministrazione, per gli scandali, per lo sperpero del pubblico denaro, per i soprusi, le prepotenze, gli abusi di autorità, per il concetto poliziesco con cui s’interpreta la giustizia, la libertà, la democrazia, per le condizioni di vera e propria servitù in cui il cittadino è tenuto dallo Stato, io vorrei rispondere che l’Italia non c’entra. Tutti i mali della vita italiano nascono non già dal popolo ma dallo Stato. Poiché non è vero che ogni popolo ha lo Stato che si merita; è infatti lo Stato che fa il popolo e non il popolo che fa lo Stato.
Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani
A uno Stato che sperpera i denari del popolo corrisponde un popolo che cerca di eludere il fisco. A uno Stato che avvilisce e impaurisce i cittadini, corrispondono cattivi cittadini, e cattivi soldati…Quando Massimo d’Azeglio disse: “Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”, disse cosa cretina. Poiché, fatta l’Italia, bisognava far lo Stato italiano, unico strumento per far gli italiani, cioè per rifarli, per rieducarli, avviliti e corrotti com’erano da secoli di schiavitù e di cattiva amministrazione…Dovremmo dunque per un tale intollerabile stato di cose, di cui profittano soltanto i comunisti, bestemmiare l’Italia? No, perché l’Italia non c’entra. Date all’Italia uno Stato moderno, onesto, leale, giusto, fondato sul rispetto della libertà e della giustizia, e le cose cambieranno.
Credete davvero che io mi diverta molto a fare l’oppositore di professione, in perpetua lite col suo tempo? No, non mi ci diverto affatto. Dev’essere proprio uno strano paese questa nostra Italia, se gli uomini come me devono fare i conservatori per difendere i miliardari, e i miliardari devono farsi progressisti per difendere le idee mie. Fra poco in Parlamento avremo una destra reazionaria di adolescenti e una sinistra rivoluzionaria di centenari.
Tutti i mali di cui patisce questo nostro disgraziato e fortunato paese vengono dalla spaventosa confusione che tutti noi alimentiamo per cui chi è miliardario, fa il progressista; io, che non ho una lira, faccio il conservatore, mio padre che dopo 45 anni di servizio se n’è andato a casa con la pensione modesta, vota per il governo che lo ha affamato, e il figlio del miliardario, che è cresciuto tra cavalli e governanti inglesi, milita nel partito che vuole impiccare voi, me e anche lui. Perché l’Italia è un paese nel quale nessuno vuol recitare la parte che gli compete: il vecchio ottantenne vuol fare il giovane amoroso, il giovane amoroso vuol fare lo zio colonnello, il tenore vuol fare il baritono, tutti vogliono fare la primadonna, anche i maschi, e nessuno sa recitare senza il suggeritore…
Ieri in tram mi sorpresi a osservare i volti dei passeggeri; non un viso intelligente, occhi furbi soltanto, ma nessuna luce d’intelligenza. Bestie socievoli, ubbidienti, che pensano al pasto. Nessuna vera luce di bontà e nemmeno di crudeltà. L’Italiano è un personaggio che abbiamo costruito a poco a poco su vecchi motivi letterari, un tipo simpatico, che amiamo, pur giudicandolo severamente, buon padre, lavoratore, gran cuore, appassionato, modesto, ecc. Ma lo conosciamo ben poco; è ateo, pensa soltanto alle donne e ai quattrini, sogna di non lavorare, disprezza qualunque ordine sociale, non ama la natura; sa difendersi soltanto dallo stato, dal dolore, dalla fame, Siamo animali feroci e casalinghi.
In un mondo dove tutti pensano soltanto a mangiare e a far quattrini, a divertirsi e a comandare, è necessario che vi sia ogni tanto uno che rinfreschi la visione delle cose, che faccia sentire lo straordinario nelle cose ordinarie, il mistero nella banalità, la bellezza nella spazzatura.
In mezzo a una casta larghissima e potentissima di schiavi dell’opinione e della tradizione, di pedanti parassiti e sofistici, di predicatori delle vecchie leggende, di pappagalli pertinaci di tutti i luoghi comuni, è necessario uno svegliatore notturno, una guardia dalla pura intelligenza, un incendiario di buona volontà che bruci e smantelli per dar posto alla luce delle piazze…Io sono uno di questi uomini che accettano il più ingrato dovere e la parte più pericolosa. Io non scrivo per far quattrini, non scrivo per farmi bello, non scrivo per ruffianeggiare. Scrivo unicamente per sfogarmi, nel senso più fognaiolo che vi sia dato pensare. Nulla di delicato uscirà dalla mia penna in corsa sul foglio. Qualunque sia il governo del mondo sarò sempre all’opposizione.
P.S. Il presente articolo è frutto di un plagio plurimo aggravato. I pensieri sono tutti rubati nell’ordine: a Leo Longanesi (da Fa lo stesso e Parliamo dell’elefante), a Curzio Malaparte (da Battibecchi), a Indro Montanelli (da Lettere a Longanesi e altri nemici) e a Giovanni Papini (da Un uomo finito). Ma erano così belli, acuti e (im)pertinenti che non ho resistito…
MV, La Verità
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