Giorgio Napolitano seguì le evoluzioni del Partito Comunista. Negli anni era stato un funzionario del partito accorto e legato all’area moderata.
Sostenitore della tesi nuclearista, era poi riuscito ad affrancarsi da essa all’italiana maniera: non parlandone di più e non ricordando a nessuno di averci avuto a che fare.
Al tempo della sua elezione le carte giocavano a favore del centrosinistra, che aveva numeri esigui al senato ma una sproporzione di deputati in più alla camera. Visto che i senatori erano la metà dei deputati non fu difficile per il centro-sinistra a farlo passare a maggioranza semplice.
Il centrodestra non andò comunque sulle barricate limitandosi a votare scheda bianca.
Gestì anche la convivenza con governi di centro-destra, arrivando a qualche braccio di ferro con Berlusconi. Ma seppe muoversi con molta più accortezza gli altri suoi predecessori.
Sotto la sua presidenza si consumò la scissione con Gianfranco Fini, ma Berlusconi riuscì a rimanere in piedi in un primo momento. Fin quando Napolitano, buon conoscitore di ambienti internazionali nominò il professor Monti (ex rettore della Bocconi) senatore a vita. E successivamente Presidente del Consiglio.
Uomo di sicure posizioni interventiste sulla guerra di Libia, fece sentire la sua autorevole presenza in favore l’intervento italiano.
Può essere valutato in tanti modi. Ma sicuramente è l’unico presidente a oggi a riuscire ad ottenere un secondo mandato. Si disse contrario alla relazione in fase iniziale. Però davanti allo stallo del Parlamento accettò di venire riletto.
Alcuni sostengono che controvoglia ha dovuto farlo per amor di patria, altri che l’abbia orchestrata bene. Forse tra qualche anno la storia ci dirà quale delle due.
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