Giustizia – Si apprende che recentemente il Dott. Roberto Scarpinato, valente magistrato antimafia e oggi candidato con il Movimento 5 Stelle avrebbe criticato le proposte di Carlo Nordio in tema di riforma della giustizia bollandole come “incostituzionali”. Niente di più lontano dal vero.
Le premesse da cui muove Scarpinato sono quelle di un Paese in perenne stato di emergenza che vorrebbe rendere strutturali metodi e norme che invece per natura e funzione, appunto, debbono rimanere eccezionali.
La lotta alla mafia è una cosa seria e ha ragione Scarpinato nell’invitare a mantenere alta l’attenzione, ma questo non può significare insistere per un sistema giustizialista e manettaro come quello di cui sembra aver nostalgia l’ex magistrato (questo sì, incostituzionale).
Infatti, la lode sperticata alla mostruosa legge sulla prescrizione targata Bonafede, le forzature della c.d. Spazzacorrotti e la stessa mentalità da cui origina la visione processual-penalistica del M5S, restituiscono lo spaccato di una Giustizia concepita come strumento di vendetta e di condizionamento del potere politico. Perennemente sotto il ricatto di questa o quell’inchiesta. E non, come invece dovrebbe essere, una funzione essenziale dello Stato che deve avere di mira l’interesse dei cittadini e, indirettamente, della Nazione tutta.
Il tema sottostante alle proposte di Carlo Nordio, dunque ,non è – come dice Scarpinato – la voglia di limitare la magistratura o sottoporla a condizionamenti politici, ma semmai riportare il sistema in un necessario equilibrio tra i poteri dello Stato dopo 30 anni di deriva giustizialista.
La nuova breccia
Lo scandalo Palamara, peraltro, ha finalmente aperto la breccia su un mondo autoreferenziale del tutto lontano dalla realtà e dalle concrete necessità delle persone. E invece completamente avvitato in logiche di potere che hanno visto protagoniste le procure più esposte mediaticamente in questi decenni. Inchieste faraoniche concluse con clamorose assoluzioni (ma al contempo con vite rovinate e assenza di giustizia), eccessivo rilievo anche mediatico dei PM che hanno utilizzato le inchieste a fini di autopromozione (magari politica) testimoniano uno spostamento del baricentro delle giustizia e del processo dalla sentenza al capo di imputazione.
Questo, opportunamente enfatizzato da certa stampa, diventa già uno stigma sociale per l’imputato. E poco importa se alla fine il tutto termina con assoluzioni piene che tuttavia non ricevono la stessa enfasi mediatica.
Insomma, da Mani Pulite in poi, abbiamo assistito a uno sbilanciamento del sistema giustizia a favore delle procure che deve necessariamente essere corretto. E questo ha colpito tanto a sinistra (vedi il caso Marino) quanto a destra.
Le proposte di Carlo Nordio, dunque, che dovranno trovare organica composizione con la riforma Cartabia vanno proprio in questa direzione. Quella di restituire una visione della giustizia pienamente costituzionale. La separazione delle carriere, l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, il contenimento delle intercettazioni telefoniche sono in realtà in linea con una giustizia liberale e con lo stato di diritto che si è venuto progressivamente incrinando nel tempo. E, circostanza non da poco, costituirebbero la piena attuazione del sistema accusatorio che il Codice Vassalli ha tentato – per ora in modo incompiuto – di introdurre nel 1989.
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