Enrico Rossi sulla crisi della sinistra.
Enrico Rossi, esponente autorevole della sinistra. Laureato in filosofia, con la passione per il giornalismo.Consigliere comunale poi, Sindaco di Pontedera negli anni novanta. Diventa assessore regionale alla sanità, per poi arrivare alla carica di presidente della Regione.
Nel 2017, in aperto dissenso con la linea portata avanti da un PD egemonizzato da Matteo Renzi, esce dal Partito Democratico, fondando, insieme ad esponenti di primo piano della sinistra del PD, quali l’ex Presidente del Consiglio Massimo D’Alema e l’ex Segretario Pierluigi Bersani il movimento Articolo 1. Esperienza che dura per circa due anni, per rientrate con la segreteria di Zingaretti.
L’intervista
Da sempre figura di spicco di collegamento in Europa, dopo l’esperienza di governatore della Toscana ha svolto la carica di Assessore per lo sviluppo economico nel comune di Signa .
Lo abbiamo intervistato per parlare del quadro politico a sinistra a seguito delle elezioni regionali.
Presidente ci darebbe un suo commento sulla sconfitta elettorale in Lombardia e nel Lazio?
È l’evidente cronaca di una sconfitta annunciata: la sinistra si è presentata divisa e la destra unita. Tutto qui.
Il fatto grave è che era già successo pochi mesi prima ma questo non ha evidentemente insegnato niente.
Renzi e Calenda hanno dimostrato che, sia in coalizione, che da soli non ottengono la percentuale sperata. Che avverrà al terzo Polo?
La grande stampa e la Tv hanno insieme gonfiato il cosiddetto terzo polo che terzo non è in termini di voti.
Penso che ci sia spazio per una forza liberale che come in altri paesi si collochi sotto il 10%.
Sarebbe un bene che nascesse anche in Italia. Ma nel pollaio ci sono due galli Renzi e Calenda e l’opera è difficile se non impossibile.
Praticamente salvo l’Emilia Romagna, tutto il nord del paese è in mano al centro-destra. Quali sono le ragioni dello scollamento tra la sinistra ed il settentrione?
Mi verrebbe da dire che storicamente le forze imprenditoriali del Nord non hanno mai visto bene la sinistra, a parte le eccezioni che sempre ci sono.
Più di recente la sinistra si è fatta portare via anche il voto popolare e operaio prima dalla Lega e poi dai Fratelli d’Italia.
La sinistra se vuole tornare a vincere al Nord deve proporre un nuovo patto tra produttori ma è cosa che non sta nelle corde degli attuali dirigenti.
La parte migliore di essi al Nord mi pare che esprima una cultura di solidarismo cattolico, che da sola non basta. Il resto direi che tende a mettersi in competizione con la destra e perde regolarmente perché la gente preferisce l’originale.
Fanno caso a sé l’Emilia e la Toscana per l’entità della forza straordinaria e dell’egemonia politica e culturale del PCI che a trenta anni dalla sua scomparsa ancora persiste.
Per citare Federico Rampini dove è iniziata la notte della sinistra?
La notte inizia con la nascita del PD sulla base di una cultura genericamente democratica e di accettazione del neoliberismo.
Una tarda terza via blairiana quando nel mondo il capitalismo stava precipitando in una crisi finanziaria ed economica e ambientale senza precedenti.
Se non si rimette in discussione questo fondamento rivelatosi sbagliato temo che per la crisi del PD sia destinata a durare.
Schlein o Bonaccini?
Ho votato Schlein. Mi ha convinto un gruppo di giovani che milita nel Circolo Europa.
Cosa deve fare il PD per rilanciarsi?
Dovrebbe aprire una fase veramente costituente della sinistra. Aprirsi alla società e fare un congresso per tesi.
Ricostruire un partito plurale della sinistra. E poi dopo, solo dopo, pensare ad eleggere il segretario ed il gruppo diregente.
Ma ancora una volta dovrebbe avere la forza di mettere in discussione le fragili fondamenta della sua nascita.
Pensi che c’è stato chi ha più volte detto che le primarie sono un valore fondativo del partito.
Roba da ridere o da piangere.
Anche perché si fanno le primarie solo quando fanno comodo. E ad esempio non si fanno più per il parlamento che è in balia di nominati dalla segreteria e dalle correnti.
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