Fa scalpore il video della rissa di fronte al Liceo “Michelangiolo” fra militanti di diversa estrazione politica. E che stando ad ultime indiscrezione avrebbe avuta origine unilaterale. Violenza, comunque, ingiustificabile e condannabile che, suo malgrado, insieme ad un lecito scalpore non ha mancato di suscitare la polemica gratuita, italicissimo e rodatissimo mood ben poco obiettivo ma certamente effetto. Ed ecco che è forgiato l’hashtag #Giorgia_NON_CONDANNA, accompagnato da severi j’accuse: dall’onorevole Majorino che chiama “feccia” i militanti di destra alla già Presidente della Camera, onorevole Laura Boldrini che opta per il classico dei classici, “squadristi”.
Non ce ne vogliano associazioni partigiane e vestali dell’antifascismo se ci permettiamo di dire che Mussolini è come gli ex, li odi ma non riesci a dimenticarli. Sminuire il ruolo del fascismo nella guerra, nella soppressione delle libertà e nelle leggi razziali? Sia mai! E’ una constatazione nata dal fatto che quella pagina di storia patria non è mai stata affrontata con la dovuta obiettività, evidenziando che i popoli sono vittime e complici dei regimi. Una dittatura, per quanto feroce, deve per forza reggersi anche sul consenso. Viene meno quello, il regime crolla. Ceausescu docet.
“Mussolini capì una cosa fondamentale: per piacere agli italiani bisognava dare a ciascuno di essi una piccola fetta di potere con il diritto di abusarne” ricordava Montanelli ad Enzo Biagi nel lontanissimo 1982. Ma, si sa, spentasi quella generazione di giornalisti e di politici colti ed animati da maggiore senso critico, è possibile ormai dire e fare… a scapito delle generazioni più giovani che crescono una profonda lacuna quanto a conoscenza del passato e, dunque, del presente.
Ecco, come gli ex. Li ricordi con rancore, ma dimentichi di averli amati… e di aver commesso anche tu errori.
Fatta questa premessa, torniamo a Firenze. Chi vi scrive vi ha studiato nei primi anni Duemila, iscritto alla Facoltà di Lettere fra le migliori d’Italia (si giocava la palma con Bologna), immersa nella superba cornice di un monastero trecentesco. Con Architettura e Magistero era l’ultima facoltà del centro storico, sopravvissuta alla delocalizzazione a Novoli ed in viale Morgagni. Locali storici… devastati: scritte e manifesti non avevano risparmiato alcunché, manco le antiche lapidi poste all’ingresso di via Ghibellina.
La Facoltà ospitava inoltre un piccolo centro-sociale, celato sotto l’innocente sigla di “Bar autogestito” che la faceva da padrone: all’interno, per un periodo, girò di tutto a spese del decoro e del valore storico del luogo. Un graffito od uno striscione di bestemmie potevi appenderlo tranquillamente durante il giorno, come fumarti uno spinello nel cortile o organizzare feste, serali, che si concludevano con un tappeto di rifiuti lasciato lì… Emblematico fu il caso della morte di un giovane, uno dei tanti accampati nell’allora ingresso di Piazza Brunelleschi, con gli occhi sgranati e l’espressione che pareva esprimere orrore. Sopra di lui la scritta: “il degrado è divertente”.
Già, perché da qualche tempo alcune associazioni studentesche avevano iniziato a raccogliere lamentele di studenti sulla situazione della Facoltà. Tra queste il FUAN ed Azione Giovani, organizzazioni di Alleanza Nazionale.
E, chiaramente, i collettivi non mancarono di rispondere dalle scritte sui muri, al massiccio ricorso all’ “antifascismo”, a riunioni collettive e “libere” (in barba a lezioni e studenti), a presidi… e ad aggressioni.
Nel corso delle elezioni universitarie del 2006, la temporanea chiusura del Bar Autogestito e l’attenzione dei media per il degrado dentro e fuori la Facoltà, aveva messo di malumore i militanti della sinistra radicale. Non tutti studenti: Lettere era “frequentata” anche da lavoratori, disoccupati, padri di famiglia che militavano nei centri sociali e che davano manforte. Quella volta (e purtroppo non la prima né l’ultima) a subire un’aggressione furono tre studenti contro i quali si scagliarono a decine i militanti dei Collettivi. I fratelli maggiori di quelli che, fra qualche giorno, manifesteranno contro il fascismo nelle scuole.
A farne le spese più dure, in quell’occasione, furono un ricercatore (ripetutamente colpito alla testa con un casco) ed un agente di polizia, strattonato e colpito da un ceffone.
Ricordi di vita vissuta, passati ma ancora freschi. Ecco perché dico che essere studenti, non allineati, a Firenze non è mai stato cosa facile. E questo, è bene ripeterlo, non è giustificazione per i fatti, gravi, del “Michelangelo” ma semplice verità. E prima di puntare il dito contro un presunto “fascismo” è bene fare i conti con il passato prossimo di una città in cui, più che i fascisti, erano centri sociali e collettivi a fare davvero paura.