Il giudice non solo deve essere imparziale, ma deve anche apparire come tale diceva in tempi non sospetti Piero Calamandrei, uno dei padri del diritto italiano. E, stesso concetto esprimeva il giudice Rosario Livatino a pochi giorni dall’essere trucidato dalla mafia, o meglio, dalla “stidda” nel Settembre 1991.
Essere imparziali e apparire imparziali!
Ebbene, questi concetti sono divenuti terribilmente attuali da ormai svariati decenni (sebbene questo paia un ossimoro). Più o meno da quando parte della magistratura ha iniziato a giocare un inconsueto e indebito potere politico sostituendo intere classi dirigenti e facendosi sovente legislatore attraverso una giurisprudenza via via sempre più creativa.
Invasioni di campo.
Un male storico della nostra democrazia, in cui la divisione dei poteri – principio cardine del liberalismo costituzionale – è speso usato come una clava da parte dei giustizialisti per attaccare il potere politico, bollando come eversiva ogni vera o presunta reazione di quest’ultimo.
Ebbene, è una dinamica nota e, appunto, ahimè consolidata.
Questa ci mancava!
Ma, un giudice che partecipa espressamente a manifestazioni estremiste caratterizzate dall’odio (e pure dalle offese) per un ministro in carica, ci mancava.
E che poi quel Giudice si trovi a dover giudicare su una vicenda che ha per oggetto la medesima materia per la quale era sceso in piazza, anche questo ci mancava.
Invece da oggi possiamo orgogliosamente colmare anche questa lacuna nella sequela di bizzarrie che caratterizza il Paese quando parliamo di rapporti politica-magistratura.
Grazie dunque a Iolanda Apostolico per averci permesso completare questa assai ardua missione.
Apostolico o ideologico?
Nel 2018 la GIudice Apostolico ha preso parte a una manifestazione organizzata dal Partito della Rifondazione Comunista contro l’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini e a favore dell’immigrazione (incontrollata?). Partecipazione peraltro confermata anche dagli stessi colleghi della Apostolico. Un evento in cui peraltro la folla era intensa a lanciare insulti contro la polizia colpevole di difendere un provvedimento dello Stato.
Sembra un rebus. Un rappresentante dello Stato a una manifestazione contro un Ministro dello Stato in cui i manifestanti gridano invettive contro i rappresentanti dello Stato (i poliziotti). Ma, appunto, non è finita.
A volte ritornano..
Quello stesso Giudice, nel 2023 si trova a dover giudicare di una vicenda che ha ad oggetto proprio la materia (l’immigrazione) a favore della quale era scesa in piazza. E, del tutto casualmente, emette un provvedimento che va contro a un provvedimento emanato da un Governo fra le cui fila siete proprio il Ministro che a suo tempo il giudice aveva contestato pubblicamente.
Situazione obiettivamente surreale che solo uno sprovveduto potrebbe liquidare semplicemente come “mera applicazione del diritto”.
Non poteva fare un passo indietro?
Forse, il senso dell’opportunità e della decenza, avrebbe dovuto consigliare al magistrato in questione di fare un passo indietro sulla vicenda di Pozzallo. Forse sarebbe stato meglio che un altro giudice, magari uno non pizzicato a manifestazioni estremiste, avesse deciso sul trattenimento dei quattro cittadini tunisini.
Sfortunatamente non è stato così. Evidentemente, il passato (forse pure il presente?) del Giudice ne rivela le ragioni profonde smascherando in modo plateale il meccanismo di condizionamento politico di cui si diceva poc’anzi.
Ma se tutto ciò è assai grave, v’è di peggio.
CSM e ANM visibilmente imbarazzati
Infatti, il CSM si è spaccato sul caso, con una parte che addirittura invoca un procedimento “a tutela” dell’Apostolico (sic!). L’ANM – ancor peggio se possibile – si schiera compatta, come un sol uomo seppur imbarazzato, a favore della Apostolico, invitando a non strumentalizzare vicende relative alla “vita privata” del giudice.
Non è una vicenda privata
Eh no! Partecipare a una manifestazione pubblica, che esprime una opinione (pro quota) pubblica, organizzata da un partito politico, non può essere liquidato come una vicenda privata. Non ci possiamo lavare le mani invocando la legittima sfera delle idee personali di un magistrato; al contrario, queste idee , soprattutto quando così platealmente e orgogliosamente manifestate, rischiano di intaccarne l’indipendenza e l’autonomia di giudizio. La smaccata presa di posizione politica su un tema caldo del pubblico dibattito da parte del Giudice Apostolico, condiziona inevitabilmente lo “iuris dicere” di quella funzione quando si esercita proprio su quella materia.
L’indelebile macchia sull’operato del Giudice: il dubbio
Oggi dunque su quel provvedimento rimane una macchia indelebile. La macchia del dubbio che trascende la vicenda giuridica in sè e per sè e sulla quale deciderà la Corte di Cassazione. Siamo proprio sicuri che il Giudice abbia (dis)applicato la legge? o forse il Giudice ha fatto politica attraverso la sua funzione giudiziaria? Non lo sapremo mai, ma il sospetto – purtroppo – è sufficienza proprio per quel sacro principio di cui parlavano Calamandrei e Livatino.
Il giudice non solo deve essere imparziale, ma deve anche apparire tale. Ebbene noi non siamo nelle condizioni di sapere se la Apostolico sia imparziale o meno, ma sicuramente possiamo dire che non appare assolutamente tale, violando dunque un principio non scritto consustanziale a chi esercita la nobile funzione giudicante.
Indipendenza della magistratura e indipendenza dalla magistratura
La terzietà non è stato posto a garanzia solo dell’ordine dei magistrati. Ma l’indipendenza dei giudici, di cui all’art. 104 Cost. è una garanzia per la cittadinanza, per tutti quelli che si possono trovare in varie vesti innanzi alle Corti italiane e hanno diritto che a dispensar giustizia vi sia un funzionario avulso da qualsiasi sospetto di parzialità. E’ la collettività che lo richiede per il sano ed equilibrato sviluppo di un sistema democratico in cui l’ applicazione della legge non si faccia strumento di ideologia politica. Il Principio di separazione dei poteri, insomma, non è un’arma che si può invocare a favore di un potere contro l’altro (nel caso di specie, come fanno tanti, a favore della magistratura contro il potere politico). E’ una garanzia per la comunità amministrata e sottoposta a quei poteri che debbono essere esercitati in modo coscienzioso e al netto delle proprie visioni politiche.
Serve un cambio di mentalità
E chi invoca a sproposito l’art. 104 Cost, forse dovrebbe farlo anche nei confronti di quei magistrati che troppo speso confondono indipendenza con arbitrio, e autonomia con irresponsabilità (cioè mancata responsabilità per l’operato svolto).
Ogni altra interpretazione, diventa faziosa. E nell’ambito delle regole del gioco della nostra democrazia, il tifo non è ammesso.
Serve una riforma della giustizia dunque, certo! Ma serve, soprattutto, un cambio di passo nella mentalità pubblica.
C’è da augurarsi che la giudice Iolanda Apostolico con la sua smaccata faziosità possa dare un contributo – a contrario – a questa nuova e speriamo veloce presa di coscienza.
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