I rischi dell’economia “Woke”
Il mondo economico è in continua evoluzione. La ricerca del benessere sociale, della equità, della giustizia, dell’etica, dell’ecologia, fanno da sfondo alle innovazioni degli studi di esperti economisti. Tuttavia sempre più vi è integrazione fra politica ed economia.
Sempre più i temi economici riguardano aspetti toccati dai politici, creando quindi delle sovrapposizioni fra i due aspetti della vita sociale nazionale e internazionale.
Si parla dunque di capitalismo “woke”, termine utilizzato fin dal 1950 da Bowen, ma che è ritornato prepotentemente alla ribalta dopo un saggio di Carl Rhodes della Bristol University che a fine 2021 ha pubblicato “Woke capitalism: how corporate morality is saboting democracy”. E si è aperto il dibattito.
Negli anni ’50 si doveva solo produrre
Alla fine della seconda guerra mondiale si dovevano ricostruire intere Nazioni, completamente distrutte dal conflitto. Il sistema capitalistico, votato innanzitutto al profitto, si sentiva minacciato dal sistema politico. Gli interessi politici impattavano contro le aziende produttrici, in quanto erano tesi a salvaguardare interessi che andavano oltre al profitto.
E questo per Bowen era un rischio, una limitazione alla libera imprenditoria, e quindi da evitare ad ogni costo.
Tuttavia studi successivi hanno rilevato che l’economia “Woke” ha avuto nel tempo come conseguenza quello di cercare di limitare al massimo l’ideale socialista che pure in un paese libero e democratico come gli Stati Uniti faceva qua e la’ capolino.
L’economia “Woke” serviva, a detta dei politici statunitensi, per promuovere regolamentazioni che potevano evitare tensioni sociali, che davano “contentini” agli oppositori e allo stesso tempo per concordare con le imprese strade che mantenessero la via del profitto. E così è stato fino agli anni 2020, anno dove tutto è mutato, le condizioni sono mutuate, gli scenari sono mutati. La pandemia è stata lo spartiacque fra “quello che era e quello che sarà”.
Per Rhodes siamo arrivati all’assurdo che la “responsabilità sociale delle imprese” decantata dall’economia “Woke”, spinge le stesse ad intervenire by-passando il sistema politico, spingendosi oltre il sistema democratico
Una sorta di incorporazione del sistema economico ai danni del sistema politico. O peggio. Il potere economico spinge il potere politico a prendere decisioni guidate, manipolate, e in alcuni casi adattate a favore del potere economico. Una sorta di Orobus che chiude gli spazi di manovra a chi ha avuto il mandato democratico del voto dei cittadini.
In questo caso non si parla più di sinistra-destra. Si supera il vecchio concetto di liberali-repubblicani, di democratici-destrorsi. Si supera il concetto di dualità in politica. La giustizia sociale, cavallo di battaglia di “sinistra” viene portata avanti non dalla base dei lavoratori, ma da quelle imprese che dallo sfruttamento dei lavoratori ne trarrebbero guadagno, occupando così di fatto “quote” ad appannaggio di partiti e schieramenti politici.
E ancora
La costituzione di Fondazioni, create ad hoc dalle aziende, propongono interventi di natura culturale o sanitaria, finalizzate certo a promuovere l’azienda madre, ma al contempo sono valide alternative a progetti di strutture pubbliche democraticamente elette e guidate. Il potere economico progressivamente si sostituisce al potere politico, proponendo e inserendo nel mondo politico propri personaggi facilmente manovrabili a piacimento.
Il rischio e’ che alla lunga le iniquità sociale, portate avanti dalle imprese nel ruolo apparentemente nobile di “responsabilità sociale”, possano addivenire ad una deriva democratica. Le aziende potrebbero arrivare a determinare il futuro dei cittadini del mondo (velato riferimento anche al momento pandemico che abbiamo vissuto), incanalando i loro interessi in precisi progetti per far leva sui propri, del tutto personali, profitti. Le conseguenze possono quindi essere letali proprio per chi pone la democrazia al centro degli interessi sociali. Per questo il mondo politico deve interrogarsi. Il capitalismo “Woke” deve essere capito e guidato, non per il bene di pochi, ma per il benessere di tutti.
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