Dal patto del Nazareno ai giorni nostri
Dieci anni or sono, il 18 gennaio 2014, per chi ha la memoria corta o non ama ricordare, fu stipulato un accordo politico siglato fra il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, e il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi.
Gli obiettivi erano quelli di procedere a una serie di riforme fra cui quella del titolo V della parte II della Costituzione, la trasformazione del Senato in “Camera delle autonomie” e l’approvazione di una nuova legge elettorale.
Il nome attribuito all’accordo deriva, per metonimia, dal toponimo del largo del Nazareno a Roma, nei cui pressi si trova la sede del Partito Democratico, dove si svolse il primo incontro dichiarato fra i due leader
Il patto si sciolse nel febbraio 2015, a seguito dell’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. Non gradito da uno dei due leader. Non è difficile ricordare da chi. Insomma i due litigarono. Mi ero innamorata , allora, di questo progetto, dato che ritenevo positivo l’accordo di due generazioni e diversa origine politica ma con molte affinità. Ho sempre fatto mio un proverbio africano, wolof, senegalese ” Il giovane corre il vecchio conosce la strada”.
Ad indicare che un intreccio di due generazioni può dare adito a una completezza nel politico e nel sociale
Dopo che Renzi, Il 2 gennaio 2014, aveva pubblicato sul suo sito web personale una lettera aperta alle principali forze politiche nazionali in cui proponeva tre diversi modelli di riforma del sistema elettorale su cui trovare un accordo per la modifica del cosiddetto Porcellum, dichiarato parzialmente incostituzionale dalla Consulta, immediatamente Berlusconi, dichiarò di essere favorevole alla possibilità di incontri e consultazioni bilaterali con il PD.
E’ da sottolineare, anche alla luce dei fatti odierni, che il Movimento 5 Stelle annunciò sul blog di Beppe che la legge elettorale non poteva essere approvata da un parlamento, a loro dire, «moralmente illegittimo», chiedendo invece lo scioglimento delle camere e nuove elezioni
Il 15 gennaio Renzi annunciò l’incontro con Berlusconi al Nazareno, appunto, per discutere un piano comune sulle riforme. Al termine Renzi dichiarò di essersi trovato in «profonda sintonia» con Berlusconi su: riforma del titolo V della parte II della Costituzione con l’eliminazione dei rimborsi ai gruppi consiliari regionali, fine del bicameralismo perfetto trasformando Palazzo Madama in una “Camera delle autonomie” senza elezione diretta dei rappresentanti, e modifica della legge elettorale.
Ma tutto andò in fumo e, dopo incendi vari fra le forze politiche, il Patto fu abbandonato miseramente. Ho sempre pensato, nel mio piccolo, che le sorti dell’Italia sarebbero state migliori di quelle in cui oggi ci ritroviamo.
Lo scenario politico è diverso da allora, almeno in apparenza
Perché, osservando in profondità, lo schema bipolare è rimasto lo stesso, più o meno.
Ancora una contrapposizione che, al momento, non prevede il centro. Anche se tutti lo cercano, o cercano di costruirlo. Ma per farlo occorre grande coesione almeno nei fondamentali , grande volontà di agire insieme, di trovare accordi che non appaiono all’orizzonte, per ora, fra i partiti centristi. La voglia di essere o sentirsi leader non è passata.
L’avventura di Renzi è nata a Firenze e da lì, forse, vorrebbe ripartire , dopo un alternarsi di situazioni positive e negative, e una manciata di scelte sbagliate.
Certo non quella dell’abbandono del PD
Dopo vari ripensamenti avrebbe deciso di sostenere l’esponente forzista Vito Bardi in Basilicata. E sembra tentato dalla suggestione di sostenere anche l’attuale governatore del Piemonte, Alberto Cirio. Non è chiaro se queste scelte attengono soltanto ad un contesto territoriale e locale o sono prodromiche di un allargamento della maggioranza di governo. Prevedere il futuro, ancorché prossimo è assai difficile. Impossibile tentare ipotesi e tanto meno fare pronostici, azzardando sentenze definitive. Solo il futuro darà risposte.
La ripartenza da Firenze ha avuto luogo alla Leopolda, con un notevole successo di pubblico e interventi di livello
Evento che potrebbe essere utile per sintetizzare un ragionamento squisitamente politico che va oltre l’ambito cittadino e regionale..
Intanto si nota che il PD, da sempre autoreferenziale ma indiscutibilmente signore di Firenze, è preoccupato se non terrorizzato di perderla, per le tante scelte non fatte o fatte male nell’ultimo decennio Nardelliano. Stadio, aeroporto, sicurezza, canteriezzazione selvaggia per una tramvia che non ha per nulla risolto, e probabilmente non lo risolverà, il problema del traffico, anzi lo ha peggiorato per avere mangiato gran parte delle carreggiate dei viali del Poggi che riuscì a risanare Firenze fra il 1865 e il 95.
Tre decenni nei quali l’amministrazione fiorentina non è riuscita, con mezzi tecnici decisamente più importanti, neppure a portare a termine un progetto nato, appunto, oltre trent’anni fa.
Inducendo e consigliando di andare in bicicletta su piste ciclabili inaudite.
Dunque non scelte o scelte malefiche
Sull’Arno d’argento e le sue rive il PD ha deciso senza primaria alcuna il candidato sindaco. Dopo il divieto del terzo mandato per sindci e governatori. Dunque il successore , eventuale , del violinista, è stato designato “democraticamente ” dalla segreteria nazionale. La segretaria che non sa neppure parlare o che lo fa in modo scomposto, enigmatico e criptico per sentirsi intellettuale e colta, ha scelto , con potere assoluto, l’attuale assessore al Welfare nonché nipote del sindaco dell’alluvione, il compianto Piero Bargellini , come candidato unico per il Pd (ma appoggiata anche da Azione, + Europa e Sinistra Italiana).
Un’imposizione fortemente criticata non solo dai renziani, ma anche da Cecilia Del Re, ex assessore all’Urbanistica con tante altre deleghe, destituita e rimossa da Palazzo Vecchio, e pronta a correre con una lista personale , appoggiata, almeno cosìì pare, dal rettore dell’università per stranieri di Siena, Tomaso Montanari e dai Cinque Stelle). Il Governatore si è dato da fare per attrarre nella coalizione anche i renziani.
I’Ggiani è consapevole che se perde Firenze, uno degli ultimi fortini rossi, nel 2025 cade la Toscana, con molta probabilità, risucchiata , finalmente , dal centrodestra. I sette capoluoghi di provincia su dieci, ormai stragrande maggioranza, potrebbero diventare 8 o 9, con Prato, 10, ma difficilmente, con Livorno. Ma Italia Viva correrà sola e proporrà e sosterrà Stefania Saccardi, proprio la sua attuale vice. Intanto Matteo ribadisce che «Le primarie non sono un giocattolo per addetti ai lavori . Non siamo noi che siamo venuti via dal Pd. È il Pd fiorentino che ha tradito se stesso».
E’ stato chiarissimo. In questi mesi, ogni tentativo di dialogo è andato a picco
Italia Viva ha richiesto inutilmente di esprimere delle preferenze sulla nomina del vicesindaco e di almeno due assessori. Gli hanno risposto picche. E lui ha reagito come consuetudine, senza cappello in mano.
Inoltre anche il gatto sa, ormai, che Dario, l’ex delfino di Matteo, non è più amato da chi lo ha a suo tempo portato alla ribalta. Durante questi due quinquenni di amministrazione comunale comodamente seduto nella poltrona della sala monumentale di Clemente settimo, il sindaco ne ha fatte di tutti i colori, sdegnando alla grande il suo padrino. Certe scelte politiche hanno fatto lacerare il rapporto diventato ormai incurabile e inguaribile.
Multe eccessive per fare cassa
Consuetudine di tutti i comuni, intendiamoci, ma un limite ci deve essere anche da parte del più ingordo degli Enti. Utilizzo di risorse pubbliche per la ristrutturazione dello stadio. Insana e pericolosa gestione delle occupazioni abusive e della sicurezza specie in certe zone della città, in particolare il magnifico parco delle Cascine invaso da pusher. Rom e altre etnie, ma anche italiani, che borseggiano i turisti.
Saccardi è politica di grande esperienza, in grado di raccogliere consensi nel mondo cattolico e in quello dell’associazionismo
Ma la previsione più accreditata è Il ballottaggio tra il candidato del centrodestra, Eike Schmidt, non ancora ufficializzato ma ormai dato per certo, e che scioglierà definitivamente la riserva dopo Pasqua, e Sara Funaro. A Firenze come a Roma, si scommette su un appoggio di Italia Viva allo storico dell’arte che proprio Renzi volle alla direzione del più importante nostro Museo.
Sono davvero tanti gli argomenti sui quali i renziani hanno posizioni decisamente più vicine ai conservatori che ai progressisti
Ritrattazioni, colpi di mano e di testa, lamentazioni e borbottii in remoto e in presenza fra centinaia di telefonate e messaggi. Questo è ciò che ci aspetta, in cronaca di campagna elettorale, nei prossimi quasi tre mesi. Un aperitivo rinforzato seguito, si spera, da una gustosa cena post elettorale. Una decisa e definitiva svolta verso destra del rottamatore/ innovatore.
Perchè sono davvero tanti gli argomenti sui quali i renziani hanno posizioni decisamente più vicine ai conservatori che ai progressisti. Il riformismo non è necessariamente progressista.
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