Ritorno in Siria dello spettro jihadista
La Siria continua a essere il cuore di una crisi umanitaria e geopolitica, ignorata da gran parte del mondo.
Il Paese, devastato da più di un decennio di conflitti, resta intrappolato in un dramma senza fine, dove la popolazione civile paga il prezzo di ambizioni geopolitiche e lotte di potere
L’ escalation jihadista e il fragile fronte di Assad si è manifestata in tutta la sua evidenza negli ultimi giorni, il gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), sostenuto da milizie filo-turche, ha rivendicato progressi significativi, entrando in alcune zone di Hama, a sole due ore dalla capitale Damasco.
Sebbene il regime di Assad neghi tali affermazioni, i violenti scontri confermano la precarietà del controllo governativo in diverse aree strategiche. Aleppo, già simbolo delle devastazioni della guerra, è di nuovo sotto attacco.
Le forze di Assad, sostenute da Russia, Iran e Hezbollah, faticano a contenere l’offensiva
La perdita di efficacia militare di Hezbollah, indebolito dal conflitto con Israele, e le difficoltà economiche iraniane hanno lasciato il regime siriano in balia degli eventi.
L’esercito regolare siriano, stremato da anni di conflitto, rischia di collassare, replicando lo scenario afghano del 2021.
Il ruolo della Russia e l’equilibrio fragile con la Turchia
Il sostegno russo, sempre più limitato a causa del conflitto in Ucraina, si concentra sul mantenimento delle basi navali strategiche sulla costa siriana. Il controllo aereo russo, un tempo decisivo, è oggi insufficiente senza una presenza robusta sul terreno.
Questo ha spianato la strada all’avanzata jihadista, mentre la Turchia gioca un ruolo ambiguo, sostenendo i ribelli jihadisti ma cercando al contempo di gestire i flussi migratori.
Ankara potrebbe prendere la decisione di rimandare oltre 3,5 milioni di rifugiati siriani oltre il confine potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione
Un impatto del genere, su una Siria già fragile, aprirebbe la strada a nuovi conflitti interni e al rafforzamento delle milizie jihadiste.
L’Occidente tra inerzia e contraddizioni
Gli Stati Uniti mantengono una presenza limitata, concentrata principalmente sul contrasto all’ISIS. Tuttavia, la loro politica appare frammentata e priva di una visione strategica chiara, lasciando alla Russia e alla Turchia un maggiore margine di manovra.
L’Europa, dal canto suo, si dimostra miope, concentrandosi solo sui flussi migratori, senza affrontare le cause profonde della crisi siriana.
Il dramma umano e il silenzio globale
A soffrire più di tutti è la popolazione civile. La comunità cristiana, un tempo numerosa, è stata ridotta a meno di mezzo milione di persone. Città dalla storia millenaria come Aleppo e Damasco sono diventate campi di battaglia. Il rischio è che il crescente abbandono internazionale condanni la Siria a un destino simile a quello del Libano negli anni ‘70 e ‘80: una guerra civile senza fine, alimentata da ingerenze esterne.
Il pericolo per il Libano e il nuovo ruolo di Hezbollah
Hezbollah, sebbene indebolito, rimane l’unica forza che potrebbe ostacolare l’avanzata jihadista in Siria, come già avvenuto in passato. Tuttavia, l’instabilità in Libano, alimentata da tensioni settarie e dall’afflusso massiccio di profughi siriani, aggrava ulteriormente la situazione. Il Libano, già fragile, rischia di diventare un altro epicentro di conflitti regionali.
Una responsabilità europea e italiana
L’Italia, come presidente del G7, deve prendere l’iniziativa diplomatica per affrontare il dramma siriano.
Serve una strategia che protegga le minoranze religiose, affronti il terrorismo internazionale e promuova la stabilità regionale
L’inerzia non è più un’opzione. Senza un intervento deciso, il destino della Siria sarà segnato, con conseguenze devastanti per il Medio Oriente e l’Europa. Non possiamo permettere che la Siria, culla di civiltà, scompaia nel silenzio.
Leggi anche: https://www.adhocnews.it/dittatori-democratici-e-non/
www.facebook.com/adhocnewsitalia
SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT