LO SCUDO PENALE PER LE FORZE DI POLIZIA: UNA RIFLESSIONE SULLE SCRIMINANTI, LE REGOLE D’INGAGGIO, L’INFORMAZIONE DI GARANZIA E IL SOSTEGNO PER LE SPESE LEGALI
Il dibattito attorno a quello che, dopo le dichiarazioni di alcuni esponenti del governo, è stato subito ribattezzato – con specioso tempismo da parte delle opposizioni – lo “scudo penale” per le forze di polizia, ha assunto una rilevanza centrale nel panorama politico e giuridico italiano.
Al di là delle superficiali interpretazioni che la riducono a una mera protezione contro le indagini giudiziarie, ritengo che il tema centrale della questione, legato all’individuazione di sistemi giuridici che possano garantire una maggiore tutela alle forze di polizia, risieda nel riconoscimento delle scriminanti previste dal Codice penale: in particolare quelle di cui agli articoli 50 (consenso dell’avente diritto), 51 (l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere), 52 (legittima difesa), 53 (l’uso legittimo delle armi) e 54 (stato di necessità), dato che questi articoli regolano le cause di giustificazione e offrono un quadro normativo che dovrebbe tutelare chi opera nel rispetto della legge in situazioni di estrema complessità
I citati articoli del Codice penale, infatti, definiscono le circostanze in cui un’azione, altrimenti illecita, può essere considerata lecita: ma, a differenza di quanto il dibattito attuale possa aver fatto fraintendere, le scriminanti non esplicano i loro effetti solo nella tutela degli operatori di polizia, ma si applicano a tutti: si pensi alla legittima difesa.
Le cause di giustificazione in senso stretto, o scriminanti, dunque, sono quelle situazioni che non si limitano a escludere la pena, ma eliminano proprio il reato… fatta salva la valutazione dell’eccesso colposo che si verifica quando una persona, pur agendo nell’ambito di una causa di giustificazione, eccede colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità (art. 55 c.p.), caso in cui si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo: ed è il caso dell’omicidio e delle lesioni previsti anche in forma colposa
In presenza di scriminati, quindi, il fatto è lecito “fin dall’inizio” e derivano importanti conseguenze: si elimina l’antigiuridicità del fatto, nel senso che il fatto commesso non è un reato; è inapplicabile qualsiasi tipo di sanzione; la non punibilità si estende a tutti coloro che hanno partecipato al fatto; si applicano qualunque sia l’opinione dell’agente in proposito, per il solo fatto che esistono, avendo carattere oggettivo.
Il problema centrale, dunque, ritengo non sia l’apertura di un fascicolo d’indagine dove gli appartenenti alle forze di polizia risultano iscritti come indagati (che potrebbe costituire un atto dovuto in presenza di determinate condizioni legate agli accertamenti da eseguire nella fase delle indagini preliminari cui deve partecipare l’indagato), o delle indagini effettuate iscrivendo la notizia di reato “contro ignoti” o della previsione di un registro “particolare” dove iscrivere gli appartenenti alle forze di polizia durante la fase delle indagini preliminari… ma la certezza che l’azione degli operatori di polizia venga correttamente valutata alla luce delle scriminanti: e non solo dal pubblico ministero, quanto dal giudice delle indagini preliminari che deve, poi, valutare se accogliere l’eventuale richiesta di archiviazione.
In questo contesto si inserisce anche il tema dell’informazione di garanzia, spesso percepita dagli operatori come un segnale negativo, quando in realtà rappresenta uno strumento di tutela dell’indagato che, laddove non lo fosse, se appartenente alle forze di polizia non potrebbe accedere all’anticipo delle spese legali in caso di indagini contro ignoti
Come noto, l’informazione di garanzia (salvo derive di costume o narrazioni improprie da parte di chi vuole utilizzarla contro gli avversari politici), non implica una presunzione di colpevolezza – dato che vige la presunzione d’innocenza fino a sentenza passata in giudicato – ma garantisce all’interessato il diritto di essere informato su un’indagine in corso e di esercitare appieno i propri diritti di difesa.
Tuttavia, è fondamentale considerare anche il ruolo delle parti offese e delle parti civili nel processo penale dove non ci si limita a garantire i diritti degli indagati o degli imputati, ma si tutelano anche le parti offese, ossia coloro che subiscono un danno da un reato
È cruciale, pertanto, che forme di tutela per le forze di polizia, comunque definite, non diventino uno strumento che ostacoli l’accertamento della verità o che comprometta il diritto delle vittime a ottenere giustizia.
Le parti civili, spesso rappresentate dai familiari delle vittime o da soggetti lesi, hanno il diritto di vedere riconosciuti i propri interessi nel processo, e questo richiede che il sistema penale mantenga un equilibrio tra la tutela degli operatori di polizia, che agiscono in contesti complessi e rischiosi, e il diritto delle parti lese a ottenere risposte chiare e trasparenti sulle circostanze dei fatti.
Un esempio emblematico riguarda i casi in cui l’uso della forza da parte della polizia conduce a gravi conseguenze, come lesioni o perdite di vite umane.
In queste situazioni, è essenziale che il sistema giudiziario rimanga accessibile alle parti offese, consentendo loro di partecipare attivamente al procedimento, con pieno rispetto del diritto alla difesa degli operatori coinvolti
Un altro tema centrale è la necessità di definire regole d’ingaggio chiare e specifiche per le situazioni ad alto rischio, come, ad esempio, i confronti con soggetti armati (in caso di individui che minacciano la vita di altre persone con armi da fuoco o armi bianche, è essenziale garantire agli agenti la possibilità di intervenire con tempestività, senza il timore di subire conseguenze penali sproporzionate), e gli inseguimenti (gli interventi per bloccare soggetti in fuga, soprattutto se coinvolti in crimini gravi, devono essere supportati da linee guida operative che tengano conto dell’incolumità degli agenti operanti, ma anche della necessità di proteggere la sicurezza pubblica), poiché questi contesti richiedono una preparazione specifica e un sostegno normativo che eviti ambiguità nella valutazione delle azioni compiute dagli agenti, considerato che i processi si fanno nei tribunali e non nei talk show… ma soprattutto perché sono i casi dove, sovente, entra in gioco la valutazione dell’eccesso colposo o delle modalità operative adottate.
La questione delle tutele per le forze di polizia tocca, poi, inevitabilmente, un principio politico e sociale di primaria importanza: fino a prova contraria, i cittadini e la politica onesti devono stare dalla parte delle forze di polizia, e non dalla parte dei delinquenti, dato che sono gli operatori di polizia quelli che rischiano quotidianamente la vita per garantire la sicurezza della collettività
Questa presa di posizione non significa ignorare eventuali abusi o violazioni della legge da parte degli agenti, che devono sempre essere accertati e sanzionati quando necessario. Ciononostante, è indispensabile riconoscere che il lavoro delle forze dell’ordine si svolge in condizioni estremamente difficili, dove la prontezza decisionale può fare la differenza, fino a prova contraria appunto, tra salvare vite o perdere il controllo di una situazione critica: ricorderei gli ultimi fatti accaduti a Villa Verucchio e a Milano.
Allora, dalla politica ci si aspetta non solo un sostegno normativo, ma anche un impegno a promuovere una cultura del rispetto verso le forze dell’ordine, che spesso subiscono un’ingiusta criminalizzazione a priori. La fiducia nei confronti di chi garantisce la sicurezza pubblica deve essere il punto di partenza per ogni valutazione, lasciando che eventuali responsabilità siano accertate nei modi e nei tempi dovuti
Ancora, un altro degli aspetti delicati riguarda la copertura delle spese legali per gli operatori di polizia coinvolti in procedimenti giudiziari.
Attualmente, gli agenti, pur assolti da ogni addebito, devono spesso affrontare personalmente costi elevati per la propria difesa nei vari gradi di giudizio, nonostante il loro operato possa rientrare nelle scriminanti
La previsione di una copertura totale delle spese legali, quindi, rappresenterebbe non solo un atto di giustizia, ma anche un riconoscimento del valore del loro servizio alla collettività e, forse, l’unica vera tutela a favore delle forze di polizia.
L’introduzione di tutele – si ribadisce, impropriamente, o speciosamente, definite “scudo penale” – non deve essere vista come un tentativo di sottrarre gli operatori di polizia alle loro responsabilità, ma come uno strumento per garantire un equilibrio tra tutela dei diritti individuali e necessità operative. Il rispetto delle scriminanti già previste dal Codice penale, accompagnato da regole d’ingaggio chiare, una copertura legale adeguata e una corretta gestione dell’informazione di garanzia, può contribuire a creare un sistema più equo e funzionale
In definitiva, il dibattito sulle tutele alle forze di polizia dovrebbe concentrarsi su come offrire agli operatori di polizia strumenti concreti per svolgere il loro lavoro con serenità e responsabilità, senza rinunciare ai principi di legalità, trasparenza e tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte nel processo penale (e a tutela di tutti si inserisce la previsione dell’uso di bodycam).
Ma, al contempo, non si deve mai dimenticare che le forze di polizia sono il baluardo dello Stato di diritto e della sicurezza collettiva… e a loro deve essere riconosciuto un sostegno prioritario rispetto a chi ha scelto di delinquere o di attentare alla vita delle persone
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