Inseguendo la bellezza
Cosa determini l’idea di perfezione e bellezza fu un concetto che credettero di aver individuato i Greci e tutto il mondo classico.
Abbiamo una descrizione del modello di bellezza in un trattato in cui un famoso artista Greco che ne parla in modo quasi scientifico
Trattiamo dello scultore Policleto che ritenne opportuno scrivere a tal proposito un trattato denominato appunto “Canone” in cui viene descritto come realizzare la forma ideale.
La bellezza classica segue canoni rigorosi e deve avere in sé armonia, conferita alla figura da una proporzione matematica e dalla simmetria.
Anche Platone ritiene che la bellezza sia nascosta nella simmetria e nella perfezione delle forme
Il filosofo greco vede in questo tipo di ideale di bellezza, la manifestazione del bene, concetto che sembra sia stato ripreso anche da Dostoevskij dopo molti secoli. Questo sarebbe il concetto di bellezza che si confonde col bene, un assoluto. Si comprende che questo ideale estetico è visto come la manifestazione di un principio superiore, come la manifestazione di un archetipo.
Infatti Platone arriva a identificare nella bellezza la verità, il bene supremo. Anche Vitruvio inseguirà la perfezione geometrica nello stesso corpo umano il quale farebbe parte delle geometrie divine, concetto ripreso dal grande Leonardo da Vinci che già respira un’atmosfera rinascimentale
. Questo concetto classico di bellezza legato alla proporzione perdura anche nell’alto Medioevo grazie all’opera del filosofo Severino Boezio, il quale visse tra il V e VI secolo. In questo periodo l’eredità culturale romana era ancora molto viva e presente nelle menti più eccelse. Questa concezione classica risulta dall’opera del pensatore “La consolazione della filosofia” in cui Boezio immagina di avere, durante la prigionia, un dialogo con la filosofia stessa, entità personificata al pari di una divinità.
Per tutto il Medioevo l’ideale di bellezza muliebre era quello della donna con una figura snella e dall’incarnato candido, simile a quello del personaggio Isotta del poema francese del XIII secolo e ripresa durante il Romanticismo da Joseph Bédier e musicata da Richard Wagner. Dal X al XII secolo fa la sua comparsa, grazie ai maestri comacini, una corporazione di maestri muratori e scalpellini, un nuovo stile che rinverdisce il classicismo, reinterpretando il gusto antico in chiave mistica
Questa nuova tendenza sembra caratterizzata prevalentemente nelle realizzazioni nell’architettura religiosa. Se il tetto delle chiese è quello classico a capanna, le mura ispessiscono e, di conseguenza, le finestre sono ridotte quasi a feritoie, mentre le colonne si trasformano in pilastri per scaricare il peso, attraverso le volte, dall’alto verso il basso in una perpetua, invisibile vibrazione essendo tutto l’edificio attraversato da forze che si scaricano attraverso pesi e contrappesi.
Questo tipo di architettura risulta ispirare una forma di misticismo intimistico. A Firenze, San Miniato al monte, in puro stile romanico, con la consulenza di sapienti della scuola pitagorica greco-siriaca, della colonia cittadina, da lontano sembra quasi un tempio greco che domina la città, una piccola acropoli. Il poeta Francesco Petrarca, oggi è criticato per una sua considerazione poco lusinghiera sul Medioevo
Il letterato aretino, avendo riscoperto, agli albori dell’Umanesimo, la lucidità del pensiero e l’estetica dei classici, facendo un confronto con certo Medioevo, parla comprensibilmente di secoli oscuri se paragonati al mondo classico di cui si stanno riscoprendo le meraviglie.
La frase voleva significare che erano stati oscurati certi valori di cui era venuta meno la memoria e questo è innegabile. Anche Giorgio Vasari esprimerà un parere analogo, definendo un certo stile gotico, con intento di negatività.
La parola a quel tempo significava, almeno in Italia, semplicemente barbarico. Il ragionamento del Vasari è rigoroso e non denigratorio. Ipotizza che la bellezza sia qualcosa di estremamente razionale, basata su alcune regole e proporzioni che devono creare un equilibrio armonioso
Poi va anche oltre separa addirittura la grazia della bellezza perché la grazia, certamente positiva, sarebbe qualcosa di diverso, di indefinito che sfugge ad ogni regola. Riguardo allo stile gotico, Vasari ne dà un giudizio non positivo e si premura di spiegare il perché. L’architetto, afferma che la vera bellezza è data da simmetria ed armonia. Poi vede nel gotico tutto fuorché quella che è considerata la vera bellezza equilibrata e a misura d’uomo del classicismo.
Vasari ammette che il gotico può essere affascinante, suggestivo e che può provocare anche forti emozioni e dare vertigini ma non è questo il concetto che lui intende per bellezza
In effetti anche un orrido può affascinare e dare vertigini, come una vetta, ma questo è il sublime non il bello. Il sublime è ciò che troviamo nei paesaggi dei quadri del pittore romantico Caspar David Friedrich con le sue suggestioni e smarrimenti. Vasari invece pensa che l’esagerata e spettacolare altezza delle cattedrali gotiche ispiri drammatizzazione della religiosità più che armonia.
Sarebbero spettacolari ma mancherebbero di equilibrio
Infatti il gotico fiorentino, vediamo che non si sviluppa in altezza, come lo stile pretenderebbe, ma come possiamo osservare in Santa Maria del Fiore, che è il più lungo gotico d’Europa, si sviluppa in lunghezza. Mitiga l’effetto drammatico per ritrovare l’equilibrio con la profondità, snaturando volutamente il gotico originale per armonizzarlo con la cultura classica. Nel XIX secolo, John Ruskin, teorico inglese dello stile neogotico, entrando in Santa Croce, inorridisce vedendo una chiesa gotica col soffitto ligneo con travi e cassettoni, invece che con archi a sesto acuto che svettano verso l’alto.
La tradizione classicheggiante di Firenze infatti ha modificato anche il gotico sdrammatizzando lo stile che prevedeva forse un diverso tipo di spiritualità. In età moderna, dopo la raggiunta perfezione stilistica dal Canova, dall’Accademia francese o dalla pittura vittoriana, molti pittori preferiscono fare alcuni passi indietro per ridare movimento ed espressività alle loro opere e per togliere staticità e serenità olimpica
Il primo fu Turner, il pittore della luce, poi gli impressionisti, i Preraffaelliti, i quali rompono gli schemi classicheggianti e creano opere d’arte ispirate al tardo Medioevo. In tal modo viene però spalancata inavvertitamente la porta agli esperimenti delle avanguardie che in modo onesto cercano di ripercorrere tutto il percorso storico. Lo vediamo in Carlo Carrà che studia primitivi o in Mario Sironi che si ispira agli scultori romanici come Benedetto Antelami e Wiligelmo. Però se i grandi cercano di ricostruire, i nani che verranno in seguito cercano solo di distruggere e arriviamo ai vari Marcel Duchamp con l’orinatoio accettato dai mercanti d’arte e che compare sui testi di storia dell’arte. Con i critici ed i mercanti d’arte, gli artisti veri sembrano uscire di scena per fare posto agli speculatori. Sembra ozioso dissertare con questi personaggi sul concetto di bellezza. Da tempo prevale la teoria del relativismo, della bellezza, del bene, e di ogni cosa per teorizzare il nichilismo realizzato, quella cultura del nulla che Dostoevskij nel romanzo i “Demoni”, paventava e condannava.
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