GARANTISMO SI’, GARANTISMO NO: IL DILEMMA DEL PD
Come un maremoto si abbatte sul PD campano l’inchiesta della Procura di Salerno in cui i pubblici ministeri contestano a ben 36 indagati gravi reati quali l’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, corruzione, falso in atto pubblico, e autoriciclaggio.
Un’inchiesta che se supererà il vaglio dibattimentale e i tre gradi di giudizi potrebbe voler dire diversi anni di carcere per gli indagati
Al momento sono state disposte misure cautelari per ben 31 indagati, fra cui il tesoriere del PD in Campania, Dott. Nicola Salvati e il di lui padre. Salvati, già vicesindaco di Poggio Marino, commercialista di professione, è finito nell’inchiesta salernitana con la gravissima accusa di aver emesso fattura false in favore di aziende conniventi “contribuendo a nascondere in maniera efficace il riciclaggio del denaro ottenuto illegalmente dall’attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
Per questo, la Procura ha emesso ordinanza cautelare per l’irrogazione degli arresti domiciliari. L’inchiesta ancora non è conclusa ed è ben nota la ritrosia di chi scrive per le misure cautelari, anche se obiettivamente, in alcuni casi, come questo, esse si impongono per evitare quantomeno la compromissione di prove
L’inchiesta è complessa e vede coinvolto un discreto numero di persone le quali, ciascuno nel proprio ruolo, si impegnavano a garantire a migranti irregolari titoli di soggiorno validi dietro pagamento di cospicue somme di denaro e nulla osta fittizi per il lavoro in aziende compiacenti spesso inesistenti ma create ad hoc.
Un giro criminale dunque importante che fruttava diversi milioni di euro e che si conduceva sulla pelle dei disgraziati a cui – secondo l’ipotesi accusatorie – richiedevano ingenti somme di denaro per falsare l’intera procedura di regolarizzazione nell’ambito dei vari decreti flussi
Un meccanismo messo in moto da tal Raffaele Nappi e che interessava non solo esponenti politici come appunto Salvati, ma anche professionisti e funzionari pubblici dell’Ispettorato del lavoro di Napoli e di Salerno.
Una brutta storia dunque che indubbiamente stide con l’immagine che il PD – non solo in Campania – intende veicolare secondo la quale la sinistra sarebbe il difensore dei deboli e degli oppressi, in modo ovviamente gratuito e disinteressato.
Un’immagine falsa se presa nella sua valenza assoluta, a fronte della quale, invece, si staglia una realtà ben diversa.
Non è infatti il primo caso nel quale esponenti di sinistra dimostrano molto interesse al business, lecito o meno, che gira attorno al mondo dell’immigrazione e ben poca attenzione alla sofferenza umana
Un terreno minato quello dell’immigrazione, in cui l’assenza di regole certe e del necessario rigore ha aperto la porta a una babele di regole nella quale sacche di illegalità trovano terreno fertile (come ha ricordato Giorigia Meloni). Certamente, tuttavia, occorre – nel rispetto della presunzione di non colpevolezza – aprire una riflessione politica che modifichi l’attuale quadro.
Da canto suo, Misiani – commissario dei dem in Campania a seguito delle note vicende di contrasto della classe dirigente – ha comunicato l’immediata sospensione dal partito del Dott. Salvati a seguito dell’emissione dell’ordinanza di misura cautelare irrogata dalla Procura, pur rimarcando la doverosa presunzione di innocenza.
Atto dovuto direbbe qualcuno, ma possiamo dire che sia sufficiente?
Dal punto di vista giuridico, sicuramente sì. Infatti, per Salvati come per tutti vale, l’applicazione dei principi del più serio garantismo nella speranza che la magistratura svolga serenamente il proprio lavoro e che alla difesa siano garantite le più ampie opportunità per far valere le proprie tesi.
Ma da un punto di vista politico, si impone una riflessione che dovrebbe coinvolgere a più livelli la dirigenza del Partito Democratico, sempre molto attiva quando ad essere indagati sono membri del centrodestra, e sempre molto reticente quando invece a finire nelle maglie della giustizia sono i propri esponenti. Infatti, non risulta che, nel caso di specie, si vada oltre l’invocazione del suddetto principio innocenza presunta e la sospensione dal Partito in attesa di sviluppi.
Nessuna voce di condanna politica tuttavia si leva dalle file dei dem, almeno sino ad oggi.
Quella stessa sinistra che chiede a ogni pie’ sospinto le dimissioni di questo o quell’esponente di centrodestra quando viene indagato di qualche reato, adesso si scopre improvvisamente afona, incapace di articolare un ragionamento politico che si fondi sulla pregiudiziale dell’onestà
Dove è dunque andata a finire la “questione morale” così sovente sbandierata quando ad esser coinvolto è un avversario politico?
Invero, ben si comprende il disagio del PD riguardo le vicende giudiziarie che lo coinvolgono. Il PD che in teoria proviene da una tradizione garantista, ad oggi si trova stritolato da un lato da una storia di inchieste che hanno travolto carriere politiche di propri militanti e dirigenti (sovente poi risultati innocenti in sede processuale) e dall’altro dal giustizialismo sempreverde dei propri alleati pentastellati per cui – per citare un noto magistrato, anch’esso finito nel tritacarne giudiziario – “l’innocente è solo un colpevole che l’ha fatta franca”.
Un disagio comprensibile certo, ma che evidentemente non porta alcuna riflessione né tantomeno autocritica, come ben evidente in questi giorni, allorchè la magistratura ha messo sotto torchio membri importanti del Governo, tra cui nientemeno che Giorgia Meloni, vicenda nella quale il PD si dimostra del tutto indifferente a quei meccanismi di garanzie processuali che debbono valere per tutti, ministri compresi
E no! La teoria dell’atto dovuto è davvero una coperta troppo corta per occultare un garantismo a correnti alternate, sostanzialmente ipocrita e doppiopesista.
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