LO SCUDO ANTI-DEMOCRATICO
Il tema delle fake news si aggira già da un po’ come uno spettro in Europa e nel mondo, spaventando, talvolta oltremisura, i detentori di verità presuntivamente assolute e di principi sedicenti universali delle varie elites al di qua e al di là dell’Atlantico.
Un tema serio, agitato tuttavia come una clava contro avversari ritenuti pericolosi, o, semplicemente controcorrente
Tuttavia, non possiamo semplicemente negare il problema. Sarebbe folle e suicida. La problematica della difesa del sistema informativo da notizie fasulle e grottesche nonché da narrazioni false esiste e va affrontato, tuttavia, con metodi democratici.
Non certo con forme di perversione autoritarie che si fondano su una previa censura di informazioni sgradite e contrabbandate a comodo come fake news.
Purtroppo, invece, tanto in Europa quanto in Italia la direzione che si va intraprendendo è del tutto opposta a quelle di un sano processo democratico
Ursula Von der Leyen sin dalla campagna elettorale (invero, ne parla da un paio d’anni) aveva già annunciato la creazione di una sorta di “scudo democratico” che andasse a colpire quei soggetti politici che si fanno portatori di istanze antieuropeiste.
I confini dell’antieuropeismo naturalmente sono tracciati dalla stessa attuale Unione Europea con un evidente conflitto di interessi in cui la presunta vittima si erge a giudice. E a tutto ciò provvederebbe un misterioso organismo deputato a vigilare sulle presunte ingerenze straniere, libero di definire il contorno semantico e politico di tale nozione.
D’altra parte, in tempi di infodemia e di massivo accesso alle informazioni tramite i social, l’attività di vigilanza di questi organi di controllo è in re ipsa sfumata nei contorni ed evanescente nei limiti
Chi vigila dunque sull’azione coercitiva dell’Autorità Pubblica evitando che divenga censura? In altre parole come si fa a evitare che il controllo sulle fake non si trasformi nell’orwelliano Ministero della Verità? Semplicemente non si fa.
L’UE ne accetta il rischio, nel silenzio dei più, soprattutto di quei liberali che dovrebbero avere a cuore la massima (erroneamente) attribuita a Voltarie per cui “non sono d’accordo con la tua idea, ma darei la vita affinchè tu la potessi esprimere”.
E, si badi bene, poco importa che agenzie di pre-controllo già siano diffuse in alcuni paesi europei
Il fatto che siano diffuse non significa che siano giuste a prescindere, né tantomeno che rispondano ai principi liberali su cui si fonda il nostro contintente.
Nella stessa direzione rischia di andare l’Italia se dovesse passare la proposta di legge di Azione volta a istituire un comitato di esperti – tecnici, informatici, giuridici – incaricati di controllare le informazioni, rimuovere ex officio quelle ritenute ingannevoli o addirittura bannare account sospetti. Ma fin qui potremmo persino starci, con qualche mal di stomaco!
Il grave viene dopo! Perché la proposta prevede addirittura un meccanismo di sospensione del processo elettorale allorchè si rivelassero ingerenze ( o presunte tali?) straniere nella competizione.
In tal caso il Parlamento in seduta comune e con il voto dei due terzi avrebbe la possibilità di bloccare le elezioni e devolvere il tutto alla Corte Costituzionale, ( altro organo parzialmente di provenienza politica). Ma chi stabilisce quanto è in pericolo la genuinità del procedimento elettorale e in quale misura sussiste questo pericolo?
Sulla base di quali criteri? Chi ne risponde e a chi?
Domande legittime, a maggior ragione in un paese dove vige da sempre il più accanito spoil system nel meccanismo delle nomine o il più perverso manuale Cencelli.
Dunque il problema diviene il seguente: chi controlla i controllori? Ed è un problema che non ha soluzione. Ma il grave è lo scenario di contorno. Pare cioè profilarsi un Grande Fratello sempre in funzione, che, un po’ come nel film Minority Report, vigila e sanziona preventivamente la qualità del nostro sistema democratico, di fatto mettendolo sotto tutela di un comitato di esperti. In fondo niente di nuovo.
Siamo innanzi all’ennesimo campo in cui la democrazia cede il passo alla tecnocrazia. Insomma, molto coerente con l’attuale sistema politico europeo, che poi ciò sia anche democratico sembra non interessare a Carlo Calenda, il quale in una vita precedente, amava definirsi liberale, probabilmente ignorandone il significato
Il problema è che questo sofisticato e apparentemente neutro meccanismo di controllo preventivo cela un autoritarismo indiretto che dovrebbe spaventare chi è innamorato della libertà; e che dovrebbe spingere i sedicenti europeisti a domandarsi se è davvero questa l’Europa che sognano.
Siamo invero di fronte a una contraddizione semantica, ideologica e politica che che apre le porte a uno scenario inquietante.
La democrazia che per combattere l’autocrazia utilizza metodi autocratici. Insomma, con la scusa di Putin, se ne adottano alcuni principi operativi! E allora, diciamocelo chiaramente
Putin fa molto comodo anche a chi lo avversa. Alla fine per evitare un sistema oppressivo se ne adotta uno ipercontrollante che mantiene la forma della democrazia ma ne snatura l’essenza e che è in grado di reagire anche violentemente quando gli esiti dei processi elettorali non sono conformi alle aspettative.
Vista in questi termini, anche la vicenda romena, al netto di ogni specificità, assume una valenza sospetta e inquietante. Al netto di ogni valutazione, sarebbe da ricordare che quelle contro Georgescu al momento sono solo accusa, molto gravi ma accuse. E allora i sedicenti garantisti non hanno nulla da dire?
Ma al netto dei casi specifici, pare potersi dire, senza tema di smentita, che siamo agli antipodi del liberalismo democratico su cui l’Europa dal1600 ha costruito, a caro prezzo, le sue fortune democratiche, uscendo progressivamente dalla logica delle verità dogmatiche imposte da soggetti che quantomeno avevano una forma di legittimazione popolare.
Ordunque, se l’obiettivo era sostituire una vecchia Centrale di Informazioni dogmatiche con altre e più moderne Inquisizioni, ci si domanda a che cosa sono serviti gli ultimi 3 secoli di libero pensiero.
Orbene, tutto questo onestamente fa paura. Se per combattere le autocrazie si ricorre a metodi autocratici, la democrazia è già morta
E se quest’ultima non è in grado di gestire tik tok, sorge il dubbio che il problema non siano le ingerenze, ma la qualità della democrazia medesima.
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