Acthung
Steven Charles Witkoff, inviato speciale di Trump a Mosca e Kiev, dopo gli incontri tenutisi a Riyad ha dichiarato che Putin è una persona brava e intelligente che non ha nessuna intenzione di invadere l’Europa.
Demolendo così, con poche parole, l’intera narrazione che dal 2014 (da quando cioè è iniziata la guerra civile in Ucraina) i Neocon, i Democratici americani e i sinistri europeisti loro asserviti hanno sciorinato ovunque. In un crescendo continuo di attacchi -dagli insulti all’autocrate del Cremlino alla demonizzazione di chiunque si opponeva al mainstream dominante- che ha scatenato una vergognosa ondata di russofobia arrivata persino a boicottare e impedire lezioni e convegni sull’opera di Dostoevskij
In un delirio osceno che ha negato la realtà, impedito la verità, e disonorato la cultura occidentale.
La nuova amministrazione americana del Presidente Trump, suffragata da un enorme consenso popolare, sta peraltro rendendo noto a tutto il mondo quanto chi ragionava liberamente con la propria testa aveva già capito da tempo
E cioè che quella in Ucraina è stata una guerra per procura, preparata dalle precedenti amministrazioni statunitensi a guida neocon attraverso l’Usaid, la Cia e le Ong di Soros.
Nel duplice intento di indebolire l’Europa quale concorrente economico e la Russia quale competitore nucleare
Ammantando naturalmente il tutto con la solita retorica della difesa delle libertà e della democrazia. Se però l’obiettivo di indebolire economicamente l’Europa, privandola del fondamentale approvvigionamento energetico russo a basso costo, è stato effettivamente raggiunto, non altrettanto può dirsi circa l’indebolimento economico-militare della Russia.
Ragion per cui il pragmatico Trump, impegnato a ridisegnare e ristrutturare l’impero a stelle e strisce, ha deciso di porre fine al conflitto per lavorare ad una pace che sarà innanzitutto e soprattutto una pace tra Russi e Americani (visto che gli Ucraini hanno sostanzialmente combattuto per questi ultimi)
L’Europa però, non paga dei danni già subiti, non ci sta e, prigioniera com’è della vecchia narrazione ideologica, insiste nel delirio bellicista immaginando velleitarie spedizioni di truppe o strampalate coalizioni di volenterosi. In una fuga dalla realtà che diventa una voluttà di perdizione, somigliante al nibelungico tramonto degli dei.
La qual cosa condanna l’Unione europea all’assoluta marginalità politica, evidenziata anche dal fatto che le tocca assistere passivamente, e da lontano, ai colloqui di pace che si svolgono in Arabia Saudita.
A tal proposito ricordo che la cosiddetta Alta rappresentante UE per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, ha prorogato fino al 2027 l’incarico di rappresentante speciale per la regione del Golfo a Luigi Di Maio, che non si capisce cosa stia facendo
Eppure non è che da quelle parti mancano eventi sui quali intervenire. Mancano semmai le capacità diplomatiche.
Capacità però sconosciute sia alla Kallas, che vorrebbe la UE in guerra con la Cina oltre che con la Russia, sia a Di Maio, che da Ministro degli Esteri diede dell’«animale» a Putin. Insulto che nessuno si è mai permesso di rivolgere ad un Capo di Stato, neppure a Stalin in piena guerra fredda (e non è che “Baffone” non avesse commesso crimini!).
Perché, si sa, la diplomazia ha delle sue regole che vanno aldilà della polemica politica e che prescindono da giudizi morali. Ma non voglio farla lunga, ho semplicemente citato Kallas e Di Maio, i due dioscuri della diplomazia europea, per sottolineare un drammatico problema dell’Unione europea: il fatto di essere rappresentata dalla peggior classe politica di tutti i tempi, composta da individui impreparati, incompetenti e inadeguati
Una classe politica che ora, con la Von der Leyen alla sua testa, si è gettata a capofitto nella battaglia per il cosiddetto “riarmo”, agitando persino il fantasma di un esercito europeo.
Esercito mai nato, e che in realtà nessuno ha mai voluto. Poiché, per esistere veramente, l’esercito europeo avrebbe richiesto una corrispondente costruzione statuale di tipo federativo. Cosa che cozzava contro la scelta di costruire la Comunità europea per via economica, unificando i rispettivi mercati.
Se ne parlò comunque, è vero, agli inizi dell’avventura europeista: a fine Anni Quaranta e nei primi Anni Cinquanta. Ma vi fu prima il veto della Francia e successivamente quello degli Usa, interessati allora a legare a sé la Comunità Europea in una comune difesa all’insegna dell’Alleanza Atlantica
Per cui gli Stati fondatori della Comunità affidarono la loro difesa alla Nato, rifugiandosi sotto l’ombrello nucleare americano. E la Nato divenne così il realistico surrogato dell’ideale esercito europeo, affiancando tutti gli eserciti dei Paesi comunitari. Con la fine della guerra fredda e la caduta del Muro di Berlino la Nato perse però la sua originaria funzione difensiva euro-atlantica per farsi strumento del dominio unipolare degli Usa nel mondo.
Ma gli Stati europei non la misero mai in discussione, lasciandosi anzi trascinare da essa in diverse guerre fino a quella disastrosa in Ucraina. E la Nato, tuttora operante sotto la guida statunitense, affianca sempre tutti gli eserciti dei Paesi dell’Unione europea
Sollecitando continuamente questi ultimi ad aumentare la spesa per la difesa comune. Il che già ora fa un totale di spesa militare superiore a quella russa. L’idea di un “esercito europeo”, sganciato dagli Stati e rispondente a non si sa bene chi, è quindi destinata a rimanere sulla carta.
Senza che ciò comprometta minimamente la difesa dell’Unione europea, la quale può contare: sull’ombrello nucleare americano; sulle basi Nato dislocate nei territori europei attorno alla Russia; e sul fatto che in realtà il riarmo già c’è
Poiché ogni esercito degli Stati europei sta spendendo per ricostituire i propri arsenali, improvvidamente e inutilmente svuotati a favore dell’Ucraina dí Zelenski. Non si capisce quindi che bisogno vi sia di un ulteriore “riarmo europeo”.
Ed allora perché se ne parla così tanto a Bruxelles?
Perché si ipotizza di finanziarlo con un enorme debito comune di 800 miliardi? Perché questa scelta che taglierebbe la spesa per il welfare, la sanità e l’educazione, penalizzando i ceti sociali deboli, e che ridurrebbe ulteriormente il potere di acquisto e quindi la domanda interna delle economie dei Paesi europei? Perché?
Non aspettiamoci risposte serie dalla Commissione Europea. Perché la verità è che questo “riarmo”da 800 miliardi di euro, di cui parla insistentemente la Von der Leyen, serve unicamente a giustificare e autorizzare il riarmo della Germania
Un riarmo da realizzare con un indebitamento illimitato, alla faccia dei parametri di Maastricht. Al fine di trasformare l’apparato industriale tedesco danneggiato dalle politiche green e dal sabotaggio del gasdotto North Stream, facendolo passare dall’automotive alla produzione di carri armati e armi varie.
Tanto che il nuovo cancelliere Merz ha voluto togliere dalla Costituzione quel dispositivo che vietava il ricorso al debito oltre lo 0,35% l’anno
E lo ha fatto facendo approvare tale riforma costituzionale dal Parlamento scaduto appositamente convocato. Onde evitare rischi di bocciatura che potevano probabilmente verificarsi nel nuovo Parlamento eletto. Una procedura che la dice lunga sul tipo di democrazia vigente in Europa.
Ora il riarmo tedesco, in assenza di reali minacce russe, è una cosa che deve preoccupare tutti gli Europei
Per i precedenti storici tristemente noti. E perché l’Unione europea, con al centro una Germania dal modello di sviluppo impostato all’economia di guerra, diventerebbe di fatto, piaccia o no, un nuovo Reich.
È inutile farsi illusioni. In questo senso aveva forse ragione Giulio Andreotti a dire all’indomani della caduta del Muro di Berlino: «Amo talmente tanto la Germania che ne preferivo due».
Modificando la lettera ma non il senso di quanto affermava lo scrittore François Mauriac ai tempi della guerra fredda: «J’aime tellement l’Allemagne que je suis ravi qu’il y en ait deux».
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