La corte suprema Usa si è pronunciata la scorsa settimana sul controverso tema dell’aborto.
Ma cosa ha detto veramente, al di là degli isterismi liberal anche nostrani?
Il dibattito
Il dibattito in Usa è molto vivo su tale tema, con Stati a maggioranza Repubblicana che vietano l’interruzione di gravidanza dopo il primo battito cardiaco (Texas ed Oklahoma in primis).
In altri l’aborto è permesso fino al nono mese di gravidanza come a New York.
Sì avete letto bene.
Nel caso «Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization», i giudici supremi hanno confermato la legge del Mississippi che proibisce l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane.
A fare ricorso era stata l’unica clinica rimasta nello Stato ad offrire l’aborto.
In Usa la Corte è a maggioranza Repubblicana, in ossequio ai quei pesi e contrappesi che ne connotano la vita istituzionale e impediscono al Presidente poteri eccessivi. Un sistema sui generis che dimostra di funzionare.
In altre parole la Corte Suprema americana si è espressa per tutelare la visione di quegli stati che vogliono impedire l’aborto dopo il 3 mese.
Rimettendo la decisione ai singoli Stati e la loro coscienza.
Armi ed aborto: due Lobbies gemelle
Uno scandalo? Non ci pare. Ma la potenza della Lobby Planned Parenthood è forte almeno quanto quella Nra negli Stati Uniti.
E le similitudini tra i due centri di potere sono a ben vedere molteplici. In entrambi i casi si sfrutta il concetto di “difesa dei nostri figli”.
In entrambi i casi si nota che se armi o aborto fossero bannati, ci si rivolgerebbe al mercato clandestino.
Due problemi che va al di là del conformismo di maniera e l’ottuso arroccarsi su posizioni oltranziste che purtroppo popolano i media odierni.
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