Acca Larentia: ricordo di Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni.
Una lezione da non dimenticare
Il 7 gennaio 1978 è una data dolorosa nella storia della destra italiana, una di quelle che non possono essere dimenticate, perché ha segnato la vita di tante persone che, in quegli anni, più che genericamente di destra, erano missine, e le cicatrici di allora si fanno sentire ancora, dopo 47 anni.
Il 7 gennaio di ogni anno è doveroso ricordare, con commozione e rispetto, i tragici eventi che portarono alla morte di Francesco Ciavatta (18 anni), Franco Bigonzetti (20 anni), e Stefano Recchioni (22 anni), militanti dell’MSI, uccisi in un contesto di violenza politica che segnò gli anni di piombo
Per Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta è più corretto dire che furono vigliaccamente assassinati. Verso le 18:20 di quel 7 gennaio 1978, un commando di estrema sinistra sparò contro cinque militanti della sede dell’MSI di via Acca Larentia a Roma: Franco Bigonzetti venne ucciso subito; altri tre riuscirono a rientrare nella sezione riparandosi dietro la porta blindata; Francesco Ciavatta, pur ferito, cercò di fuggire, ma gli assassini lo finirono rincorrendolo e sparandogli alla schiena. Stefano Recchioni morirà a seguito degli scontri con le forze dell’ordine che divamparono quando la tragica notizia divenne di dominio pubblico.
Ad oggi, gli autori del vile attentato, rivendicato dai Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, un gruppo terroristico di estrema sinistra, non sono mai stati identificati e nessuno è mai stato condannato
Questi eventi non furono solo una tragedia per le famiglie delle vittime, ma segnarono un solco profondo tra destra e sinistra che attraversò l’Italia in quegli anni, per molti anni a venire.
Gli anni di piombo, che vanno grosso modo dal 1969 al 1980, furono caratterizzati da una violenza politica che travolse il paese. La lotta armata, le stragi, gli attentati, le guerre di piazza tra formazioni politiche contrapposte erano all’ordine del giorno, alimentando un clima di paura e intolleranza che avrebbe segnato la vita di milioni di italiani.
In questo contesto, la violenza politica divenne una forma di lotta ideologica, come se l’unica risposta ai conflitti fosse il sangue e la morte
Le giovani vite di Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni furono stroncate dalla violenza cieca e assurda di un’epoca in cui il conflitto politico non si risolveva con il confronto civile, ma con l’uso delle armi e della forza.
Questi giovani, come tanti altri, non furono solo delle vittime della storia, ma dei simboli di un’Italia che ha dovuto fare i conti con il lato oscuro della sua storia recente, che ha avuto un impatto devastante sulla società e sulle famiglie. I loro sacrifici, come quello di molti altri giovani di destra e di sinistra, ci ricordano che il prezzo dell’odio ideologico è troppo alto e che la violenza non può mai essere la soluzione ai conflitti.
Oggi, a 47 anni di distanza, ricordare questi eventi non è solo un atto di memoria storica, ma anche un monito per le generazioni future
La morale che emerge dal ricordo di Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni è che l’intolleranza politica e la violenza non sono mai la risposta ai problemi della società. Non importa da che parte della politica proveniamo o quali ideali sosteniamo: la violenza non è mai giustificabile e non porta mai a soluzioni durature.
La storia degli anni di piombo ci insegna che solo attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e la comprensione possiamo costruire una società più giusta e più unita
Oggi, mentre ricordiamo Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni, rinnoviamo il nostro impegno per una società libera dalla violenza e dall’intolleranza. La loro memoria deve essere un faro che ci guida verso un futuro di pace e rispetto reciproco, in cui le divergenze politiche possano essere affrontate con il confronto e non con la violenza.
La lezione più grande che ci arriva da quei tragici giorni è che la vita umana è il bene più prezioso che abbiamo, e che ogni atto di violenza, in qualsiasi forma, non fa che allontanarci da un mondo migliore
A noi che siamo ancora qui, e che c’eravamo quel 7 gennaio 1978 anche se eravamo solo ragazzi, soprattutto se eravamo missini e non abbiamo mai rinnegato di esserlo stati, corre l’obbligo di mantenere viva la memoria di questi giovani e di tutti coloro che hanno perso la vita negli anni di piombo, affinché la nostra democrazia possa essere sempre più forte, inclusiva e rispettosa dei diritti e delle libertà di tutti.
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