Achille Lauro ha vinto. Comunicativamente Achille Lauro ha vinto la 70esima edizione del Festival di Sanremo.
Altamente divisivo, come ogni personaggio dall’impostazione comunicativa ben definita, Achille Lauro ha capito di dover assumere una immagine potente in un mondo – quello dello spettacolo – oramai autoreferenziale ma anche pienamente consapevole di essere solo lo specchio di un’altra realtà, quella che corre sui social networks. Coi suoi outfit provocatori Achille Lauro ha capito esattamente come gira il mondo della comunicazione odierna ed ha condotto il suo show durante lo show, vincendo a mani basse. E gestendo tutto in prima persona, come il burattinaio di Pinocchio in versione 3.0.
Lo spettacolo dentro allo spettacolo. D’altronde l’irriverenza, la sfida alle regole vince sempre. Ed è qualcosa di “già visto”, che tuttavia non passa mai di moda.
C’era una volta la televisione che dettava il ritmo, che anticipava le mode, che costituiva lo spettacolo. E c’era poi lo spettacolo dentro lo spettacolo, fatto di tante scelte di stile manovrate da fuori. Scelte che agitavano gli umori del paese e si sfogavano al bar, al campo di calcio sotto casa, all’uscita della Chiesa, dal parrucchiere. C’erano – ancor prima – la carta stampata e la radio. Poi sono arrivati i social, il numero di followers, la pubblicità che corre sul filo degli influencers, le Stories, gli imprenditori di se stessi, i direttori marketing e le sfilze di numeri virtuali ai quali tutti noi ci dovremo abituare prima o poi. Piaccia o meno, “it’s maketing baby“. Anche il Festival di Sanremo oramai è un prodotto di marketing. E come tale va analizzato.
In queste 4 serate del 70esimo Festival di Sanremo abbiamo visto Achille Lauro scendere le scale dell’Ariston con le fattezze di un moderno San Francesco, di un irriverente Ziggy Stardust alias David Bowie, dell’eclettica Marchesa Luisa Casati Stampa e della rivoluzionaria Elisabetta I Tudor. Abbiamo appreso il significato dei suoi outfit dal suo profilo Instagram, che nel caos citazionistico ha costituito l’unica fonte a disposizione per decifrare i suoi look. Tutto gestito da lui, direttamente. Personaggi scelti con un criterio ben preciso, che nel mondo del marketing equivale a trasmettere un messaggio. Un messaggio coerente e – pertanto – di sicuro successo. E – mi domando e vi domando – la canzone non serve anch’essa a trasmettere messaggi? Lo spettacolo non è finalizzato a tale scopo?
I personaggi scelti da Achille Lauro sono stati tutti uniti dal comune fil rouge di un intento di rottura forte, oggettivamente anche già visto ma non per questo di minore potenza comunicativa: tutti simboli di un modo di vivere e di guardare alla vita libero da qualsiasi forma di giudizio o censura. Qualcosa cui siamo già stati abituati e che non ci dovrebbe stupire o scandalizzare: la rottura, l’irriverenza, non sono essi stessi caratteri che contraddistinguono una ben precisa fase della nostra vita?
Qui non si tratta di giudicare un testo ma di aprire gli occhi dinanzi ad un dato di fatto: Gucci – noto marchio di moda che rappresenta il Made in Italy nel mondo – ha scelto Lauro per mandare in scena (e che scena!) i propri outfit. Il successo è stato immediato e planetario: solo le calze indossate da Lauro la seconda serata di Festival, sono già sold out. Ed i followers di Lauro – almeno 1 milione! – sono andati completamente in visibilio. Basta d’altronde guardare al suo profilo Instagram per notare come ogni cosa sia stata studiata nei minimi dettagli: i photoshop comparsi con la stessa descrizione testuale, ripetuta più volte, mostrano una strategia precisa e – dietro a questa – la volontà di diffondere un messaggio coerente con il personaggio e col prodotto venduto: “Me ne frego” (la canzone di Lauro in gara al Festival) ha il sapore dei legionari di Fiume e dell’immagine di un D’Annunzio nudo sulla spiaggia, col libertinismo e l’irriverenza dei suoi legionari.
Per quanto farà poco piacere ai più affezionati a questa figura forte ed altrettanto controversa, Achille Lauro – Lauro De Marinis all’anagrafe – ha scelto il proprio nome d’arte ispirandosi proprio all’omonimo armatore, dirigente sportivo e politico del ‘900. “Ho voluto riprendere i modi di fare di un personaggio famoso per la sua ambiguità” aveva spiegato alla stampa tempo fa. Poco importa se Lauro abbia studiato la storia oppure no: comunicativamente parlando, il ragionamento non fa una piega. Se volessimo ragionare in termini di marketing, Lauro ha scelto di trasmettere una immagine coerente, totalmente in linea con il testo della propria canzone (il prodotto), che a livello di mera comunicazione è vincente. In ogni angolo, in ogni dove, in ogni tempo.
Ecco che allora nell’immaginario sincretico di un ragazzo classe 1990 si mescolano l’armatore Lauro, David Bowie, la celebre e libertina amante di un già controverso D’Annunzio, Elisabetta I Tudor e – perchè no?! -, anche San Francesco, Renato Zero, Freddy Mercury, Manson e non ci dovremo stupire se arriveranno prima o poi anche i futuristi, Jim Morrison, Baudelaire, Bukowski, altre avanguardie del ‘900 e tutti i personaggi che in un qualche modo hanno creato scandalo, rottura e divisioni nella pubblica morale dell’epoca che hanno attraversato. Perchè Lauro è questo: una meteora che fa parlare di se’, esattamente come fece parlare di se un Renato Zero truccato da donna negli anni ’80 al quale si chiudevano in faccia tutte le porte della Radiotelevisione italiana, piuttosto che un guido Keller raffinato e capace aviatore, ritratto su un vaso da notte, a calzoni abbassati.
It’s marketing, baby.