Tra le rappresentazioni teatrali possiamo grossolanamente indicare: la tragedia – componimento drammatico a finale apocalittico con intendimento etico -. Le comiche – tema divertente con conclusioni esilaranti e spassose -. E la farsa – contenuto grossolano nel quale il ridicolo sfuma nel riso amaro della disfatta.
Non c’è dubbio che le esternazioni isteriche della Boldrini, i dispositivi perversi della Lamorgese e le strambe indignazioni del sindaco di Certaldo Giacomo Cucini facciano parte dell’ultima categoria figurata.
Un’etichetta su un paio di pantaloni ha scatenato il putiferio sessista. Indignazione inconsolabile per chi vede nella banalità di un’avvertenza un attacco alla dignità femminile. Se osservassimo da un’altra prospettiva, noi maschi predatori amorali e potenziali stupratori seriali dovremmo sentirci offesi da una simile precisazione: “forse che non siamo capaci neppure di pulirci un paio di mutande?”. E giù sdegni e riprovazioni sulla squalifica del pene e sul discredito testosteronico.
Queste considerazioni fanno parte del lato sarcastico della farsa, della componente tristemente grottesca di una operazione di infimo spessore culturale.
La parte goffa tipicamente boldriniana
Poi c’è la parte goffa, stravagante tutta boldriniana della distorsione dei vocaboli a indicazione sessuale, con la richiesta perentoria – onde evitare una sua facile e imbarazzante crisi di nervi – di specificare i generi grammaticali maschili con indicatori femminili: sindaca, deputata, magistrata ad esempio. Ed anche in questo caso, io, in quanto componente di una entità in estinzione, mi sentirei un reietto se non cambiassero le altre denominazioni: psichiatro, fisiatro, astronauto, baristo ed altre amenità definitorie. Qui siamo già al ridicolo puro, alla serie del pernacchio, per dirla alla Totò.
C’è, però, all’interno della farsa, un ingrediente di pericolosa costernazione, una patina di depravata mestizia. E queste prerogative sono tutte della Lamorgese. Genitore 1 e genitore 2. Intanto, chi è l’1 e chi è il 2? Poi, il nonno dell’uno sarà il nonno 1a i o il nonno 1b. Lo zio di 1: sarà Z1a o Z1b?
Potremmo divertirci nell’albero genealogico, ma la disfatta, che ogni farsa ha in sé, riguarderà lo sviluppo psichico di un bambino. Sballottato tra idiozie burocratiche e egoismi gender, senza riferimenti da interiorizzare, né comunità da strutturare e alla quale appartenere. Perché come conferma lo psicoanalista Charles Melman, allievo illustre di Jacques Lacan: “nessun sistema sociale ha finora funzionato senza prendere in conto la differenza dei sessi”.
L’indifferenziato, il meticcio, l’ibrido, l’androgino, l’indeterminato, il confuso saranno i dominatori non solo della deriva societaria, ma della stessa civiltà per come l’abbiamo conosciuta. E che in un altro modo non può esistere.
di Adriano Segatori FENDER GENDER
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