Adriano Segatori: Per gli archeologi della verità

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Uno dei problemi dell’uomo è sempre stato quello di scavare nella sabbia della quotidiana informazione per poter scoprire il tesoro nascosto della verità. Nietzsche scrisse che “Tutte le cose diritte mentono. Ogni verità è ricurva”. Nella contemporaneità la verità è addirittura sommersa. Nascosta attraverso due operazioni convergenti e, paradossalmente, contrapposte: o una dismisura di informazioni che porta ad una saturazione di notizie in modo da sballare la capacità critica, oppure da un oscuramento di fatti e di dati. Così da non poter avere una base razionale per scegliere in modo affidabile.

Nessuna novità sotto il sole.

Già nel 1928, il nipote di Sigmund Freud, Edward Bernays – da cui la mia costernazione nel sentire psicoanalisti come Galimberti non prendere in considerazione questi studi – studiava come in democrazia fosse fondamentale il raggiro progettato delle masse (PropagandaDella manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia, Feltrinelli), attraverso delle strutture invisibili dietro alla facciata ufficiale dei governi.

Passano sessant’anni e a William Casey, direttore della CIA, viene affibbiata una considerazione comunque agghiacciante, fosse pure inventata da un altro: “Sapremo che il nostro programma di disinformazione sarà completato quando tutto quello che il pubblico americano crede è falso”.

Lo stesso Lenin, da lucido organizzatore e propagandista, disse che “Una bugia ripetuta abbastanza spesso si trasforma in una grande verità”.

La pratica dell’informazione distorta esisteva già ai tempi dell’Antica Roma

Del resto, sono occorsi secoli di studio e il coraggio di uno, Massimo Fini, per fare emergere la verità sull’innocenza di Nerone nell’incendio di Roma e sulla rettitudine di Catilina a differenza di Cicerone, asservito da leguleio al potere.

È la storia dell’uomo, è la vita degli Stati, da valutare senza pregiudizi né moralismi untuosi.

Il lavaggio del cervello è sempre stato uno strumento di controllo e di condizionamento, indipendentemente dalla politica dei tenutari del potere, siano essi ipocriti democratici o espliciti totalitari.

Il problema della disinformazione nella nostra post-modernità è aggravato qualitativamente e quantitativamente dalla raffinatezza degli strumenti usati e dalla facilità di diffusione delle notizie predefinite.

Pensiamo ad un esempio storico di messaggio per confrontarlo con l’applicazione degli usuali telefonini. Il povero Filippide, come racconta Erodoto, si fece di corsa, andata e ritorno 500 chilometri in 48 ore, Atene-Sparta, e poi Maratona-Atene di quasi 50 chilometri per annunciare la vittoria ateniese sui persiani. Alla fine morì.

Ora, una foto, un video e un clik: in tempo reale, quasi in contemporanea al boato di un’autobomba, è la strage si diffonde nell’etere a centinaia di milioni di persone. Oppure si esibiscono corpi martoriati, foto satellitari di armi di distruzione di massa, o bambini in sudari bianchi con mamme piangenti a testimoniare la ferocia del gas siriano. A quel punto dovrebbe scattare la domanda: tutto ciò è reale? Corrispondono i fatti alle interpretazioni che vengono esibite degli stessi?

I mezzi di informazione manipolano le notizie consapevolmente

Qui la faccenda si complica perché, con gli stessi strumenti che si offrono le notizie si possono manipolare le verità delle stesse. Sono i politici a decidere questa operazione, e naturalmente sono i mezzi di informazione di massa a decidere la loro viscida complicità.

Pensiamo solo alla vergognosa esibizione del Segretario di Stato americano Colin Powell mentre ostentava una fiala da urine spacciandola per antrace. E quindi, sadicamente consapevole di un falso, decretava in sostanza il valore morale di un guerra contro l’Iraq.

Purtroppo il tempo passa, gli strumenti di manipolazione migliorano, ma la credulità popolare aumenta in maniera esponenziale alla sua manomissione. Si potrebbe dire che al perfezionamento della tecnica ha corrisposto un peggioramento del senso critico e dell’esame di realtà delle masse: la corteccia cerebrale sembra sempre più atrofizzata, mentre le strutture arcaiche, emotive prendono sempre più il sopravvento. La questione ormai noiosamente esasperata del Covid insegna.

Si può saltare fuori da una simile atmosfera di influenzamento permanente e pervasivo? Credo che questa sia una azione volonterosa e indispensabile di piccoli gruppi, pazienti archeologi per togliere la simbolica polvere che ricopre il valore nascosto; una operazione di verità coordinata da pochi singoli sensibili e disposti a pagarne le conseguenze. Perché una cosa è certa: una falsità farà di tutto per non essere smentita. Ne andrebbe del potere che la esercita.

Prof. Adriano Segatori

 

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