La Toscana è un’isola felice non attraversata da fenomeni di criminalità organizzata? Sembrerebbe di no.
Anche in Toscana c’è una mafia sfuggente, invisibile e meno localizzata che trova terreno fertile nel mondo della politica e dell’impresa, arrivando a costituire dei “veri e propri comitati di affari” con i colletti bianchi. É quanto emerge dal Rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione, curato dalla Scuola Normale di Pisa. Non solo: escludendo Sicilia, Campania e Calabria, secondo le statistiche ufficiali negli ultimi tre anni, la Toscana è la prima regione in Italia per numero di arresti e denunce con l’aggravante del metodo mafioso e per questo “si conferma un contesto economico favorevole, oltre che vantaggioso, per gli investimenti criminali“.
Uno dei settori di maggiore interesse per le mafie è certamente quello agroalimentare. Un giro d’affari annuale salito a 24,5 miliardi di euro, con un balzo del +12,4% nell’ultimo anno e con una crescita che sembra non risentire della stagnazione dell’economia italiana e internazionale, immune alle tensioni sul commercio mondiale e alle barriere poste alla circolazione di merci e capitali. Fanno registrare un balzo del +59% nel 2018, le sole notizie di reato nel settore agroalimentare che si estendono ai principali comparti: dal biologico al vino, dall’olio all’ortofrutta, dalle conserve ai cereali. E lo conferma Coldiretti sulla base dei risultati operativi degli oltre 54mila controlli effettuati dall’Ispettorato Centrale Repressione Frodi (ICQRF) nel 2018, resi noti in occasione del sesto Rapporto Agromafie 2018 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare reso noto proprio nei giorni scorsi.
Secondo il rapporto citato, i settori agroalimentari più colpiti da truffe e reati nel 2018 sarebbero il vino – che fa registrare un +75% nelle notizie di reato -; la carne – dove le frodi alimentari sono addirittura raddoppiate, toccando quota +101% -; le conserve, con un +78% e lo zucchero, dove nell’arco di dodici mesi si è passati da zero e 36 episodi di frode. Ma L’Osservatorio – come riferito dal suo stesso presidente, Giancarlo Caselli – metterà subito sotto la lente d’ingrandimento filiere come quella del latte ovino e dell’olio d’oliva, per portare in evidenza le rispettive distorsioni a danno degli allevatori, degli agricoltori e dei consumatori.
Agromafie: i reati alimentari si alimentano delle difficoltà economiche
Nel 2018 più di un italiano su cinque (17%) è stato vittima di frodi alimentari attraverso l’acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati. L’indagine condotta da Coldiretti evidenzia inoltre che ben l’88% dei cittadini è preoccupato dall’idea che si trovino in vendita prodotti alimentari pericolosi per la salute. Sotto accusa sono soprattutto i cibi low cost, dietro ai quali spesso si nascondono ricette modificate, l’impiego di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi piuttosto che vere e proprie illegalità, come sembra confermato dall’escalation dei sequestri.
Le difficoltà economiche hanno costretto molti italiani a tagliare la spesa alimentare ed a preferire l’acquisto di alimenti più economici, spesso prodotti a prezzi troppo bassi, che – sostiene Coldiretti – rischiano di avere un impatto nocivo anche sulla salute.
“L’agricoltura e l’alimentare sono considerate aree prioritarie di investimento da parte della malavita – afferma Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana – che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e di condizionare la vita quotidiana della persone in termini economici e salutistici. E questo è vero in modo particolare in quelle regioni, come la Toscana, che sono portatrici di un brand stimato nel mondo“.
“Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto“, continua Filippi, nel sottolineare che “è importante giungere presto ad inasprire le norme in materia di reati agroalimentari sulla base delle proposte presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso da Coldiretti“.
Sul tema interviene anche il direttore regionale Antonio De Concilio: “É necessaria una grande operazione di trasparenza affinché tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Questa operazione di trasparenza rappresenta un primo tassello nella lotta alle agromafie nel piatto, tanto più importante in Toscana, terra di eccellenze che vengono copiate ed imitate nel mondo intero. É anche per questo che dovremo ancor più intensificare l’azione di sostegno alla proposta con l’iniziativa Europea EatORIGINal – Unmask your food, promossa da Coldiretti insieme ad altre nove organizzazioni europee per estendere l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti. Le occasioni di sottoscrizione la petizione popolare non mancano da tutti i mercati di Campagna Amica, alle sedi Coldiretti su tutto il territorio ed in alternativa anche online, sul sito: http://sceglilorigine.coldiretti.it”.
[Fonte: dati Coldiretti Toscana]