Qualche giorno fa la nostra attenzione è caduta sull’ultimo rapporto Aifa, pubblicato ad agosto, “Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19, 7 dal 27/12/2020 – 26/07/2021“, che raccoglie tutta la gamma di interventi italiani da quando vengono inoculati i vaccini fino a fine luglio, risultati e reazioni. Dopo averlo letto ci sorge il dubbio che molti non abbiano fatto altrettanto, riportando invece, senza fare domande, semplicemente la nota stampa dell’agenzia di agosto.
L’Aifa segnala in 211 giorni di somministrazioni a fronte di 65.926.591 dosi complessive di vaccino inoculate (prima e seconda dose) “84.322 segnalazioni di evento avverso successivo alla vaccinazione”. “L’87,1% delle segnalazioni”, cioè di queste 84.322 segnalazioni, “è riferita a eventi non gravi, mentre “il 12,8% a eventi avversi gravi”, ospedalizzazioni, paralisi, pericolo di vita, morti, eccetera. Lo 0,6% di queste 84.322 sono decessi, scrive Aifa a pagina 11.
Facendo una semplice proporzione si ha il risultato: dopo la somministrazione dei vaccini anti Covid in Italia ci sono stati 506 morti circa in 211 giorni (505,9 per la precisione), una media di 2,4 deceduti al giorno. Ovvio che non ci sia alcuna prova che sia stato il vaccino a provocare deterministicamente la morte del paziente ma il dato è rilevante e da conoscere. Come scrive anche Aifa “il rapporto descrive le segnalazioni di reazioni che sono state osservate dopo la somministrazione del vaccino. Ciò non significa che queste reazioni siano state causate dal vaccino. Potrebbero essere un sintomo di un’altra malattia o potrebbero essere associate a un altro prodotto assunto dalla persona che si è vaccinata”.
Ma 2,4 deceduti al giorno dopo la somministrazione dei vaccini, anche se non vi fosse una correlazione deterministica, anche se il numero non fosse precisamente questo (vista la mancanza di specifiche tra inoculazioni e reazioni possibili) ci sembra comunque un dato rilevante che chi si vaccina dovrebbe almeno conoscere. Tanto più oggi che il premier Mario Draghi ripete a canali unificati che “l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire” e vorrebbe introdurre l’obbligo vaccinale per tutti gli italiani.
Aifa, descrivendo i 506 deceduti post somministrazione dei vaccini, spiega a pagina 12 del rapporto che “il 49,8 % dei casi riguarda donne, il 49,8 % uomini mentre lo 0,4% (2 schede) non riporta questo. Il tempo intercorrente tra la somministrazione e il decesso varia da due ore fino a un massimo di 133 giorni. In 343 casi il decesso è registrato dopo la prima dose e in 145 dopo la seconda (non è specificato in 10 schede di segnalazione)”.
Ora magari non abbiamo capito. Forse i 2,4 decessi al giorno dopo l’inoculazione dei vaccini (vengono considerati tutti i sieri in commercio in Italia, Pfizer, Moderna, Astrazeneca e Johnson&Johnson, anche se i numeri di eventi avversi sono differenti da siero a siero), sono nella norma.
Aifa scrive ancora: “Complessivamente, il 43% di tutte le segnalazioni gravi valutate (3.453/8.032) è correlabile alla vaccinazione, il 35% (2.800/6.306) è indeterminato, il 19% (1.562/8.032) è non correlabile e il 3% (215/8.032) inclassificabile”. Poi dopo scrivono il contrario: “il 59,9% dei casi è non correlabile, il 33,2% indeterminato e il 4,5% inclassificabile”.
A noi sembrano dati non intellegibili e i numeri restano elevati. Così chiamiamo il professor Giorgio Palù, presidente di Aifa che ci dice: “Mi pare tanto…”. Anche a noi pare tanto. Palù: “Bisogna vedere il decesso correlato e quello no, ma non ho il rapporto sotto mano”. Così ci spiega che occorre parlare con i tecnici che hanno redatto il report e chiedere a loro i chiarimenti e le spiegazioni. Aifa non ha eseguito autopsie a conforto o meno dei dati e non fa questo tipo di intervento specifico.
E così parte la nostra giornata di chiamate telefoniche che dura ore e ore.
Il primo dirigente di Aifa, gentilissimo, ci spiega che non ha redatto il report e che dobbiamo parlare con un secondo dirigente. Dopo esserci procurati per altre vie un recapito telefonico del secondo dirigente, questi ci risponde che in quel momento non può parlare e che “per qualsiasi cosa bisogna contattare l’Ufficio stampa di Aifa perché non è autorizzata a parlare con la stampa. In questo momento il cellulare della collega (l’Ufficio stampa, ndr) non ce l’ho”.
Noi le spieghiamo che vorremmo solo capire il report, non avere dichiarazioni ufficiali da virgolettare. Ma non c’è niente da fare, dobbiamo contattare l’Ufficio stampa che le inoltrerà le domande e così probabilmente poi ci farà pervenire le risposte. Dopo molte telefonate ci procuriamo il cellulare della capo Ufficio stampa, alla quale avevamo già scritto ma senza ottenere un contatto; che alla nostra richiesta replica: “Sì, la dottoressa mi ha parlato, mi ha telefonato”. Quindi la dirigente ha trovato il numero dell’Ufficio stampa che quando era con noi non trovava.
Una buona notizia. Ma l’Ufficio stampa ci spiega anche che “il dirigente ha detto che è irraggiungibile fino a lunedì”. Non c’è modo di farle cambiare idea. E’ sabato. Il Paese è in panne per la pandemia, ogni virologo e politico del governo dice di essere in prima linea per difendere gli italiani, si vuole imporre l’obbligo vaccinale, da qui ogni giorno gli appelli a vaccinarsi sennò moriamo, Aifa scrive che dopo il vaccino ci sono stati 2,4 morti al giorno e la dirigente non può parlare fino a lunedì perché è sabato.
Non ci si crede. Il presidente Palù risponde anche di sabato, la dirigente no. La pandemia di sabato va in pausa.
Così torniamo all’attacco e riusciamo a contattare altri dirigenti che ci danno il nominativo del possibile responsabile che materialmente avrebbe redatto il report di Aifa. Magari può spiegarci lui i numeri. Al telefono è irraggiungibile. Via mail ci risponde che “l’ufficio competente per il rapporto vaccini non è il mio bensì l’Ufficio Gestione segnali. Se ha bisogno di chiarimenti in merito può inviare una mail all’indirizzo della Farmacovigilanza”. Cosa che facciamo senza ottenere risposte. Perfetto. Sembra di essere nel gioco dell’oca, dove si riparte sempre dall’inizio anche se la pandemia non è un gioco.
Veniamo anche a sapere che all’ordine del giorno del Cda di Aifa, che si terrà lunedì prossimo, ci sarà proprio l’argomento su cui abbiamo chiesto spiegazioni, oltre a varie interpellanze perché l’evasività di Aifa è stata sollevata anche da altri.
Allora cerchiamo il direttore di Aifa Nicola Magrini (nella foto), bolognese collocato alla direzione dell’ente dal ministro della Salute Roberto Speranza nel gennaio 2020 e che risulta essere il rappresentante legale dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Gli scriviamo una mail chiedendo un contatto e chiarimenti ma anche a distanza di molte ore non risponde.
Il diritto di avere risposte sul vaccino, di cui parla tanto il filosofo Massimo Cacciari, è una chimera ed è probabile che resti tale, e la non risposta di Aifa, in questo caso, è già di per sé una risposta che ci fa tremare i polsi.
Se dopo quasi 2 anni di pandemia e una tensione sociale diffusa sulla lotta al Covid e sulla vaccinazione di massa siamo a questo vuol dire che forse non è sbagliato pensare che il vaccino sia diventato più una fede incrollabile, su cui non si possono fare domande, che un farmaco da vigilare come tutti gli altri.
Sugli atti di fede non ha senso pretendere risposte. Senza accorgercene siamo forse tornati al motto del fascismo “credere, obbedire, combattere”, nel disprezzo assoluto per la democrazia e il dialogo? O è solo sciatteria? In nessuno dei due casi la risposta ci conforta.
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