Renziani vs Bonafede – Come votiamo sulla mozione di sfiducia a Bonafede? Vediamo intanto se Conte ci telefona, se pensa che mercoledì sarà un giorno qualunque non andrà lontano…».
Il braccio destro di Matteo Renzi, il vicepresidente della Camera Ettore Rosato, avverte il premier che dopodomani si giocano le sorti del suo governo, perché Italia Viva è tentata (o almeno lo vuole far credere) di votare una mozione di sfiducia «garantista» piazzata come una bomba ad orologeria in Senato da Emma Bonino.
La mozione Enzo Tortora piace ai renziani
Con le firme dei suoi compagni di partito di +Europa e quelle ancora più significative di Forza Italia e di Matteo Richetti, già sodale di Renzi e oggi in Azione con Carlo Calenda. E con argomenti che fanno da richiamo per i renziani. «Nella mozione intitolata Enzo Tortora si parla di giusto processo e della manipolazione dell’imparzialità della giustizia e naturalmente di prescrizione», spiega Benedetto Della Vedova, appellandosi ai garantisti di Italia Viva e del Pd che non possono votare la mozione di Salvini.
«La mozione Enzo Tortora (conduttore tv ingiustamente condannato e poi scagionato, ndr) sembra scritta su misura per noi – commenta Renzi con i suoi – e la maggioranza dei senatori la vuole votare. Mercoledì riunisco il gruppo dopo che parla Bonafede e decidiamo». A via Arenula sono in grande ambascia, il Guardasigilli rischia, anche perché i numeri contro di lui sono schiaccianti. Senza i renziani, la maggioranza di Pd, M5s, Leu e senatori del Misto somma 151 voti. Con quelli di Italia Viva, di Bonino, Martelli e Richetti, insieme a Lega, Fdi e Forza Italia, il fronte delle opposizioni salirebbe a 159 voti.
A fare da ago della bilancia potrebbero finire per essere i 6 senatori a vita.
Summit Boschi-Conte
Oggi summit Boschi – Conte. Quindi il premier deve correre ai ripari. Oggi la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi vedrà il capo di gabinetto di Conte, Alessandro Goracci, per chiudere l’accordo già imbastito sull’ agenda che i renziani vogliono imporre al governo, da loro considerato troppo a trazione grillina.
«Noi – chiarisce Rosato – abbiamo 17 senatori e il Pd 34, siamo uno a due, ma nel governo la proporzione è di uno a nove. Non vogliamo poltrone, ma pretendiamo discontinuità, basta politiche giustizialiste. Secondo punto: lo sblocca cantieri. Terzo: le politiche sulla famiglia, sì al Family act. Conte deve regolarsi bene, altrimenti farà da solo».
«Se Renzi dovesse votare la mozione è ovvio che sarebbe automaticamente la fine del governo». Da giorni il Guardasigilli Bonafede è molto preoccupato. I colleghi ministri lo hanno notato durante i vertici, osservandolo distratto, come se la testa lo portasse altrove. E lo confermano gli amici nel M5S che pur amichevolmente non possono non rimarcare gli errori a loro avviso fatti sul fronte della scarcerazione dei mafiosi, causa Covid.
Bonafede non si è mai illuso del fatto che Renzi volesse deporre le armi. Anche negli ultimi giorni nei quali Conte ha fatto diverse concessioni nella direzione dell’ex rottamatore, nel tentativo di placarlo.
Una questione politica
Per il leader di Italia Viva è una «questione politica» che riprende il filo interrotto prima del contagio, a febbraio, quando lo scontro sulla prescrizione aveva portato il governo sull’ orlo del baratro. Appena letta la mozione Bonino, il ministro della Giustizia ha capito: «E’ stata scritta apposta per essere votata da Renzi». Una «trappola perfetta», così la definiscono nel M5S.
Cucita addosso allo spirito anti-giustizialista di cui si fa vanto l’ex premier, il quale agli occhi dei grillini, ma anche di Palazzo Chigi, sta usando la questione Bonafede «per alzare la posta». Ci sono ancora nomine importanti da fare, possibili ritocchi al governo, sui cui equilibri Iv vuole far valere i numeri della rappresentanza in Senato. Renzi porterà al capo del governo, tramite Boschi, le sue richieste. Una su tutte: terapia choc sui cantieri per la ripartenza. Una posizione che troverebbe Conte già ben disposto, pronto ragionarci su in vista del decreto Semplificazioni, che il premier vuole chiudere in fretta.
Carlo Bertini e Ilario Lombardo per “la Stampa”
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