Anni di piombo, antifascismo e guerra civile

Anni di piombo, antifascismo e guerra civile.
Un interessante intervento di Luigi Marconi su La Stampa , ha affrontato la questione dei fratelli Mattei. Dando anche dei giudizi di apprezzamento per le prese di posizione di Giorgia Meloni. E di altri esponenti governativi in generale che hanno condannato, e direi giustamente, altri eventi delittuosi anche ai danni di Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli.

L’appartenenza delle vittime, non fa alcuna differenza, la violenza va condannata in democrazia da qualunque parte provenga.

L’intervento

Però Manconi, si avventura in un’analisi errata degli anni di piombo. Arrivando a sostenere che “la guerra civile di quel decennio fu solo “simulata”: non lascerò il paese, non frantumò l’unità nazionale, non provocò una crisi del sistema. Oltre a non produrre, va da sé, alcun cambio di regime . Fu una fase di lutti, ma che – alla resa dei conti – finì col coinvolgere solo una parte modesta degli italiani e segmenti delle nuove generazioni”. Io me  non potrei  non essere meno d’accordo.

Praticamente gli anni di piombo sarebbero stati, una breve parentesi, di pochi soggetti violenti, che non hanno lasciato divisioni nella popolazione.

Invece la guerra mondiale sarebbe stata un immane sciagura nazionale. Una guerra vera se seguiamo il filo logico di questa teoria. Una guerra molto più lacerante e devastante. Una guerra molto più divisiva della popolazione.

I due contesti

Se il discorso lo si fa guardando alle proporzioni delle forze impiegate, è ovvio che gli anni di piombo non possono essere paragonati alla seconda guerra mondiale. Ma li parliamo di eserciti di nazioni organizzate, e di apparati militari giganteschi che si fronteggiavano.

Paradossalmente il conflitto civile che si aprì sul territorio italiano, è una parentesi minoritaria di una tragedia mille volte più grande. Ma questo non vuol dire che gli anni di piombo non siano stati una guerra, e non siamo stati divisivi.

Ci sono conflitti come quello in Irlanda del Nord che vengono combattuti da quasi un secolo a colpi di bombe. Non sono certo guerre meno atroci, delle guerre convenzionali.

Innanzitutto qualsiasi guerra civile, chiama direttamente alle armi una minoranza della popolazione. Questo non significa che siano risparmiati lutti alla popolazione, come giustamente anche Manconi ammette. La maggior parte degli italiani non arrivò a vestire la divisa militare durante il secondo conflitto mondiale, non partecipò fortunatamente alla lotta armata negli anni di piombo. Ma questo non rese i due eventi meno traumatici. I danni collaterali della guerra, rappresentati dai grandi bombardamenti sulle città, colpirono gran parte della popolazione. Le perdite al fronte provocarono lutti in tutte le famiglie. La devastazione fu endemica. Per quanto riguarda il secondo conflitto mondiale.

Anni di piombo

Le bombe colpivano civili inermi, la violenza politica arrivava a schedare i ragazzi che la pensavano in maniera differente. Durante gli anni di piombo. E questo è ancora più traumatico e divisivo della società italiana. Perché avvenne in un periodo in cui il regime era democratico,  nel quale veniva garantita a tutti la libertà di parola. A tutti la libertà di partecipare a libere elezioni. I cambiamenti in democrazia dovrebbero avvenire tramite procedure non violente. Invece il tentativo fu proprio quello di distruggere la democrazia nel paese. Venne addirittura sequestrato ed assassinato Aldo Moro, presidente del principale partito di governo.

E la cosa più traumatica è che, durante quegli anni, il tentativo di distruggere la democrazia solo in capo ai fascisti, che non avevano lottato per istituirla. Ma anche a frange di estrema sinistra, che rivendicavano l’eredità morale della resistenza. Praticamente si dividevano anche definitivamente una parte delle forze che avevano aderito alla resistenza.

L’eterno fascismo

Poi ritorna, nella logica del citato articolo il problema di condanna verso il fascismo. Condanna che la destra ha fatto da molto tempo, ma che deve continuare a fare, fino all’infinito.

Praticamente la riconciliazione nazionale sarebbe possibile solo dopo una condanna assoluta di tutto quello che fu il fascismo. Di tutti gli italiani che parteciparono al fascismo. Cosa già di per sé impensabile, visto che la maggior parte degli italiani, se non per amore, per convenienza, presero la tessera del partito. Quale riconciliazione storica si può fare mettendo la maggior parte dei cittadini sul banco degli imputati?

Addirittura ci si spinge ad affermare che servirebbe: “Una definizione di fascismo non come una fase storica tra le altre, appena “macchiata” dalle leggi razziali e dall’entrata in guerra, bensì come un regime dittatoriale liberticida. Il che condanna quanti ne furono parte o gli furono fedeli non al semplice ruolo di sconfitti, da onorare perché “si battevano per le proprie idee”, ma quello di corresponsabili di un immane tragedia Nazionale . E ancora, si impone un giudizio inappellabile sulla Repubblica di Salò e sulle origini del Movimento Sociale Italiano ( e suquella “fiamma tricolore”)”.

La gogna

Ordunque non bisogna più soltanto condannare il regime, ma anche un partito a cui l’Italia repubblicana consentì di far parte, seppure ai margini del sistema parlamentare, del contesto democratico. Bisogna condannare una fiamma, che gli italiani hanno scelto di votare. Praticamente si fa la riconciliazione mettendo sul banco degli imputati permanente italiani di oggi e di ieri, non per adesione al regime ma per un pregiudizio ideologico.

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