Anni e anni di processi
È di lunedì 11 dicembre la pronuncia di assoluzione da parte della Corte di appello di Milano per gli ex vertici di Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Profumo (Presidente) e Fabrizio Viola (amministratore delegato).
Tale verdetto, da parte dei giudici di appello, si affianca a quello della Cassazione dello scorso 11 ottobre che aveva mandato assolti Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e vari manager di Deutsche Bank e Nomura.
I reati contestati a Profumo e Viola sono di falso in bilancio e aggiotaggio sul filone delle indagini che riguarda la contabilizzazione dei derivati Santorini e Alexandria. In primo grado i due sono stati condannati a 6 anni, mentre MPS a 800.000€ di sanzione pecuniaria.
La decisione dei giudici di appello ha ribaltato tutto, pronunciando una assoluzione nel merito perché il fatto non sussiste; tale decisione arriva dopo la conferma della Cassazione delle assoluzioni di tutti gli imputati nel procedimento “madre” sul caso dell’istituto di credito in cui Mussari e altri manager sono stati assolti da tutte le accuse poste a loro carico.
Si prevede, quindi, anche per Profumo e Viola, un analogo verdetto dinanzi agli Ermellini. Vedremo se la Procura Generale presso la Corte di appello deciderà di impugnare la decisione dei giudici di appello di Milano (anche se va ricordato che il ricorso in Cassazione non può avvenire per motivi di merito, ma solo per motivi di diritto).
Ora, al di là della mera vicenda processuale, qualcosa deve essere aggiunto
Per l’ennesima volta ci troviamo dinanzi ad una vicenda, tra l’altro ampiamente pubblicizzata negli anni, visto anche il tenore dei personaggi coinvolti, conclusasi con una assoluzione (almeno fino a questo momento). Va ricordato, al di là della disputa tra garantisti e giustizialisti, quindi a prescindere da queste mere distinzioni ideologiche, che stare sotto processo pregiudica in ogni caso i rapporti umani, pregiudica o limita l’imputato nel compimento di determinate azioni all’interno della società civile; vi è, insomma, sempre una certa diffidenza verso chi si trova immischiato in una vicenda processuale.
Stare tanti anni sotto processo, evidentemente, non è più accettabile e/o tollerabile.
Questi tempi biblici, non sono consoni
Il nostro ordinamento è costantemente in ritardo dal punto di vista di andare a dirimere le vicende processuali. Non sono mancate, nel tempo, molte condanne a cui il nostro Stato è andato incontro per l’evidente violazione del principio della ragionevole durata. E poi, il fatto che più della metà dei processi iniziati si concludano con una assoluzione, è sintomatico di una discrasia evidente ed endemica al sistema.
Una riforma della giustizia appare inevitabile.