Antifascisti su Marte
Non me ne voglia la Guzzanti se rimaneggio il titolo della sua opera.
Perché il problema alla base delle celebrazioni del 25 Aprile, sta soprattutto in una narrazione unilaterale che dal fazioso, ormai è passata grottesco.
Si pretende che sia la festa di tutti gli italiani, come giustamente dovrebbe essere un momento unificante della coscienza nazionale; quando la si vuole strumentalmente utilizzare in maniera faziosa per colpire gli avversari politici
E come si può riuscire in questo miracolo?
La guerra civile è sempre divisiva
Al di là delle ragioni o dei torti, la guerra civile porta a spargere il sangue dei fratelli, a vedere distrutte le proprie case, ad uccidersi tra connazionali .
Il partigiano o il fascista del tempo erano il vicino di casa, il compagno di scuola, spesso pure il parente.
Antonio Gramsci prigioni, il fratello Mario fondava il Fascio di Varese. Tanti fratelli combatterono su campi opposti.
Questo diventa un momento drammatico
L’amnistia Togliatti, fatta dall’allora ministro della giustizia e capo del Partito Comunista, prendeva proprio coscienza della necessità di riconciliare gli animi.
Di guarire le ferite che esistevano.
Oggi invece siamo all’assurdo
“C’è un professionismo dell’antifascismo, non sono il solo a dirlo. Viene usato per bastonare politicamente l’avversario”. Ha detto giustamente Antonio Padellaro. Che di certo non può essere accusato di essere un simpatizzante fascista.
Esiste una genuina, quanto irritante, presunzione di superiorità morale ed intellettuale; che porta ad usare l’antifascismo non come valore che dovrebbe essere comunemente condiviso da tutti i democratici, ma come una clava per colpire, delegittimare, silenziare chiunque non si allinei.
E’ in buona parte l’atteggiamento di un apparato di potere che vuole preservare una rendita di consenso
Una parte della sinistra, in special modo il Partito Democratico, in difficoltà sui contenuti, sulla proposta politica, che divide il mondo in una visione culturale manichea. Crea nemici per serrare i ranghi.
E’ assurdo come ogni opinione non conforme venga sistematicamente bollata come “nostalgica”,“reazionaria, “pericolosa”.
È un riflesso condizionato di certa sinistra che, quando finisce le idee, torna a rifugiarsi nei simboli, negli slogan, nei miti. Ma come ha ricordato più volte Massimo Cacciari – non certo un uomo di destra, non certo un conservatore – “l’antifascismo non può diventare un’ideologia a sua volta dogmatica e autoritaria, usata per silenziare ogni voce fuori dal coro”. E ha aggiunto, in maniera ancora più netta: “È il pensiero critico che rischia di essere soffocato da un antifascismo rituale, trasformato in religione civile e svuotato di ogni significato autentico.”
Una mia amica, convinta elettrice di sinistra, mi stupi’ dicendo che alle elezioni politiche avrebbe votato Meloni.
Quando le chiesi perché rispose: “così quando tutti gli italiani vedranno che è talmente ridicola questa storia che torneranno i fascisti, il PD dovrà concentrarsi sui temi e risorgeremo”.
Donna eccezionale.
Che però ha sottovalutato l’ottosità della classe dirigente democratica.
Oggi le istituzioni vengono totalmente svuotate della loro imparzialità
Si continua ad andare dietro a quella vulgata che egemonizza culturalmente la resistenza come appannaggio esclusivo dei partigiani comunisti. Si dimenticano i militari, i monarchici, i liberali, democristiani, i repubblicani.
Mai una parola per i soldati angloamericani, le cui tombe sono disseminate disseminate in tutto il nostro paese.
Mai un tentativo di ricucire ma sempre solo di amplificare le ferite della guerra civile
La cosa tragicamente comica È che questo approccio aggressivo non lo ebbero coloro che avevano combattuto da entrambe le parti.
La generazione che aveva conosciuto la guerra, aveva parlato di comprensione e di riconciliazione.
Chi ne ha sentito soltanto parlare,vive di rendita sulla dialettica dell’odio e della contrapposizione perpetua.
Insegnano qualcosa alle parole che ha pronunciato il presidente dell’Anpi di Vinci, citando suo padre che era stato un partigiano. Quando a quest’uomo chiedevano quanti fascisti o tedeschi avesse ucciso, lui rispondeva semplicemente se si rendessero conto di cosa significava per un ragazzo imbracciare un fucile e sparare a un suo coetaneo.
Che la guerra l’ha vissuta non auspica che continui o che torni. La retorica bellicosa appartiene a chi ha vissuto la guerra in linea teorica
Ci sono sindaci che vengono a fare la retorica di partito fuori dal mondo, il giorno delle celebrazioni della Liberazione.
Cercando di condire il 25 Aprile con significati totalmente estranei, ed andando dunque a creare ulteriore divisione.
Cosa c’entra il 25 aprile con l’immigrazione?
Cosa c’entra il 25 aprile con i matrimoni omosessuali?
Cosa c’entra con la questione della transizione di genere?
Eppure chi celebra con tanto di fascia tricolore continua a parlare di queste cose
Eppure è esistita una sinistra di più alto spessore
Ricordo che il 9 maggio 1996, nel discorso di insediamento alla presidenza della Camera Luciano Violante:
”Mi chiedo se l’Italia di oggi non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri. Non perché avessero ragione, o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le due parti.
Bisogna sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e della libertà.
Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese, a costruire la Liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo Paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno.
Dopo, poi, all’interno di quel sistema, comunemente condiviso, ci potranno essere tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni”.
Oppure vogliamo ricordare altri grandi esempi?
L’abbraccio di Andreotti con il Maresciallo Graziani, comandante delle forze armate della Repubblica Sociale.
La grande dignità intellettuale di Sandro Pertini che depreco’ e prese sempre le distanze dall’omicidio di Claretta Petacci.
Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica e partigiano, che ammise di aver visto, alcuni mesi dopo il conflitto un suo amico che aveva aderito alla Repubblica Sociale e di averlo abbracciato sul treno felice che la guerra fosse finita.
Il Partito Democratico dovrebbe leggere una sentenza del 1954, della Cassazione militare del tempo, verso dei soldati della Repubblica Sociale Italiana. Uno dei passaggi più importanti della sentenza diceva che :” la giustizia deve adempiere con la maggiore serenità e obiettività possibile la sua missione, scevrando la colpa dall’errore, il delitto dall’azione ritenuta di giovamento nel divenire della Patria, e soprattutto rimanendo nei binari della legge,”.
Ma forse il passaggio più importante è quello in cui il disposto della sentenza recita che tutti i provvedimenti di clemenza successivi alla guerra erano intesi:”apporre sempre più sullo stesso piano morale tutti gli italiani in buona fede, per modo che tutti si sentano figli della stessa Patria, e non vi siano più tollerati, degli umiliati e dei reietti, a cui si possa, ad ogni istante, rifacciamo un passato che fu piuttosto opera del fato, che gli individui, salvo la legittima repressione dell’azione delittuosa”.
Se a 9 anni dalla fine della guerra la giustizia decise di avere uno sguardo umano in prospettiva, perché non dovrebbe farlo la politica a 80 anni dalla fine?
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