Antonio Segni – Le sinistre, erano deluse dal colpo di mano andato a buon fine di Gronchi sette anni prima, che poi non avevano potuto controllare pienamente. Quindi nel 1962 puntarono su Giuseppe Saragat.
La Democrazia Cristiana assolutamente non poteva permettersi di avere un altro inquilino sulla scia dell’imprevedibile Gronchi al Quirinale. I due blocchi si contrapponevano senza un sereno confronto.
Il risultato fu che per eleggere l’ex presidente del consiglio Antonio Segni, furono necessari i voti dei monarchici e del Movimento sociale Italiano.
I veri problemi arrivarono poco più di un anno dopo quando per la prima volta un democristiano, fervente cattolico di origine salentina, tale Aldo Moro andò al governo.
Aldo Moro porta il centro-sinistra al governo con repubblicani, socialdemocratici e socialisti insieme alla Democrazia Cristiana dove prevaleva in quel momento l’anima Dorotea.
La situazione si rende da subito complessa, perché il presidente è di tutt’altra sensibilità.
Varie volte rifiuta di ratificare delle leggi.
Lo scontro è praticamente quotidiano anche perché Aldo Moro sceglie come ministro degli esteri proprio Giuseppe Saragat. Il quale entra costantemente in conflitto con il presidente.
L’emulazione di Gronchi
Anche Segni nella sua breve parentesi sembra in un certo senso emulare certi atteggiamenti di Gronchi. Intesi a vedere nella presidenza, non una mera funzione arbitrale, ma un ruolo di direzione della politica del governo.
Molte dietrologie verranno fatte sulla presunta relazione stretta tra il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, il famoso generale De Lorenzo, ed il presidente.
Tutto comunque si interromperà bruscamente nell’estate del 1964 quando Antonio Segni fu colpito improvvisamente da una grave trombosi celebrale.
Cercò di tenere duro e mantenere il ruolo ancora per qualche mese. Ma si trovava in una condizione insostenibile che lo costrinse nel dicembre dello stesso anno a rassegnare le sue dimissioni .
Mettendo fine ad una difficile situazione costituzionale, secondo la quale, nonostante il presidente del senato Merzagora, lo avesse sostituito, non era chiaro chi proceduralmente avrebbe dovuto attestare l’incapacità del presidente, al fine di rimuoverlo dalle proprie funzioni.
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