Applausi, tanti e ipocriti applausi. Il discorso e il giuramento alle Camere del neo Presidente Mattarella (ah, ah, ah) ha scatenato un putiferio di applausi. Tutti in piedi. Tutti insieme, appassionatamente. La vecchia guardia (Casini) e la nuova i cui nomi ignoro e vorrei continuare ad ignorare.
Mani che si spellano, mani che però non sono sincere. Perché più che un applauso avrebbero dovuto sfregarsi fra loro. Sono mani di deputati e senatori che si colpiscono in uno sfogo liberatorio. La paura è passata. Lo stipendio è salvo.
Troppo vicino è stato il rischio di andare a casa anzitempo. Con Le prossime elezioni che vedono la mannaia calare inclemente sul numero dei parlamentari.
Primo obiettivo, salvare il portafoglio. Salvare il cu… che il prossimo anno mica è detto che siamo ancora in carica. Bisogna finire la legislatura e guadagnare. Mettersi tranquilli vita natural durante. Che tornare a fare il vecchio lavoro proprio non si può. Anche perché alcuni di loro (anche ai piani alti, altissimi) un lavoro mano lo hanno mai avuto.
E quindi, quando hanno visto che la situazione si faceva critica, che c’era il forte rischio di perdere tutto, il fronte si è magicamente compattato sul nome di Mattarella. Anche in quella fazione che voleva l’impeachment. Anzi specialmente in quella fazione pentastellata. Era maggio del 2018 quando il ministro (scusate il termine) Di Maio chiosava: “occorre l’impeachment di Mattarella per evitare reazioni della popolazione. Poi si torna al voto.” Banderuola.
E poi bisognava fare veloce ché iniziava Sanremo e c’era da celebrare fluidità di genere, imposizioni razziali e sputare un po’ sulla NOSTRA religione. Mica si può tardare.
Onestamente, a vedere certe scene mi viene l’orticaria. E mi fermo qui. Ancora vorrei avere la fedina penale immacolata.
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