Più che il congresso mondiale della famiglia, in programma a Verona a fine mese, colpisce la mobilitazione isterica, ideologica e intollerante della sinistra italiana, delle sue portaerei a mezzo stampa, contro la famiglia e il suo contesto. Si può dissentire sul ruolo della famiglia, e ancor più sulle manifestazioni in suo favore; ma non si può definire eversiva la difesa della famiglia, evocare fanatismi, estremismi e totalitarismi per squalificare chi la promuove, e poi ridurre a “merda” principi e pratiche di vita, di fede e di cultura come Dio, patria e famiglia che denotano la storia dell’umanità e di ogni civiltà.
Si avverte qualcosa di barbarico e di bestiale, un nichilismo volgare da osteria, un progressismo eruttante e ottuso nelle posizioni assunte contro la famiglia, contro l’amor patrio e contro la fede in Dio. Nessuno pretende che venga sancito anche in questi casi il reato d’opinione per chi oltraggia e vilipende questi principi e queste esperienze storiche, come oggi accade nel nome del razzismo, della xenofobia, del sessismo e dell’omofobia. Oggi si può bestemmiare Dio e la Madonna, la Patria e la Famiglia, insultare il Padre e la Madre che fa figli, ma è reato offendere religioni e patrie altrui, gay e lesbiche, neri, rom e migranti, e alcune pagine di storie sono sotto tutela penale (mentre altri orrori no). Nessuno chiede che venga reintrodotto il reato di blasfemia, o venga punita a norma di legge la bestemmia o l’insulto all’amor patrio e all’amor famigliare.
Ma non sottovalutiamo e non dimentichiamo in fretta la portata di queste manifestazioni e di questi messaggi, ad opera non di isolati e squilibrati, ma di cortei, con cartelli, slogan e striscioni, e di rappresentanti parlamentari che hanno avuto responsabilità legislative in partiti di governo, col solidale e complice silenzio-assenso di leader, partiti, stampa e propaganda. Tanto più che il fuoco di sbarramento e la richiesta di negare quel patrocinio al congresso mondiale delle famiglie, che viene normalmente dato dalle istituzioni alle più variopinte manifestazioni lgbt, gay-pride, lesbiche e personale in transito, rischiano di crescere a ridosso o durante la manifestazione di Verona.
Se la famiglia viene difesa anche da piccoli gruppi radicali di destra, la demonizzazione scatta automatica e per la proprietà transitiva investe chiunque difenda la famiglia; ma se è per questo, le manifestazioni femministe e antifamiglia sono condivise da gruppi eversivi antagonistici, anarco-insurrezionalisti, centri sociali, autonomi e occupanti abusivi di spazi pubblici, manifestanti con volto coperto e oggetti contundenti… Ma nessuno si sognerebbe di vietare o comunque di impedire cortei e manifestazioni femministe e antifamiglia solo perché condivise da quei gruppi. La disparità di reazioni, di libertà e di compostezza ci pare evidente. E poi accusano i populisti e i sovranisti di fomentare l’odio e la malversazione.
Miserabile e ossessiva è la reductio ad ducem di chi difende la famiglia, Dio e la patria; fondamenti di civiltà come quelli non possono ridursi al fascismo. Il tratto comune che unisce i promotori delle giornate sulla famiglia è semmai l’ispirazione cattolica. In realtà con la scusa del fascismo o di Salvini criminalizzano anche i conservatori, i fautori della tradizione e i cattolici non bergogliani. E criminalizzano il mondo dei nostri padri e delle nostre madri, da cui proveniamo.
Ma lasciando il folclore, la grezza polemica e l’intimidazione pubblica verso chi semplicemente manifesta a favore della famiglia naturale, della nascita, della tradizione, resta in piedi un grande, enorme quesito: ma si può bandire la famiglia, la nascita e la procreazione secondo natura dagli orizzonti di una società civile, libera e proiettata nel futuro? Si può ritenere la famiglia un focolaio preistorico di eversione, dispotismo e regressione? È possibile che la realtà, la natura, l’esperienza della storia, prima ancora che il pensiero, il sentimento, la fede, possano essere cancellate, rimosse, irrise e calpestate in questo modo così plateale e rozzo? Si può ritenere che l’umanità abbia finora vissuto nella “merda”, nel male e nell’ignoranza e solo ora, grazie a quattro gatti e quattro leggi, si sia finalmente redenta, liberata e incivilita? Si può avere cioè uno sguardo così torvo, presuntuoso e piccino che non sa giudicare oltre il metro del presente, condannando tutto quel che è stato vita e cultura, natura e tradizione, fede e pratica per millenni? Nessun uomo di senno immagina o auspica che la famiglia resti immutata e imbalsamata nei secoli, è evidente che si modifica; come sono altrettanto lampanti i mille guai che la attanagliano.
Ma qualcuno può seriamente pensare che si possa fare a meno o si possa mortificare quel luogo primario in cui nasce, cresce, si forma, e muore ogni persona; quel luogo che nonostante le fratture e le solitudini presenti resta il principale rimedio alla solitudine, alla vecchiaia, all’infermità, in cui si gioisce per la nascita e si patisce per la morte, in cui si vive (e magari si litiga, pure) tra le persone a cui più teniamo? Possiamo ritenere intercambiabili con qualunque estraneo ed equivalenti sul piano affettivo e reale un figlio, una madre, un fratello? Si può ritenere un residuo animalesco la procreazione secondo natura e la gravidanza?
La famiglia resta anche in una società sfasciata e sfilacciata il luogo insostituibile della cura e della premura. Tutto questo, ripeto, può anche essere criticato e ripensato; però una cosa è dissentire, un’altra è bollare la famiglia, questa struttura reale e naturale, oltre che storica, sociale e culturale, come un mostro da abortire.
MV, La Verità 12 marzo 2019