E alla fine Benetton si fece da parte e lo Stato si riprese le autostrade. Detta così parrebbe il classico “e vissero felici e contenti” delle favole, ma in realtà il finale è tutt’altro che lieto anche se dal governo vorrebbero darcela a bere. L’accordo con Atlantia infatti da un lato lascia più dubbi che certezze, dall’altro lato pare più un affare per la famiglia veneta dei maglioncini che non per la parte pubblica. Ma prima di dare un giudizio vediamo i termini dell’accordo.
L’ACCORDO TRANSATTIVO
E’ stato definito un accordo transattivo tra Atlantia e Governo che riporterà in mano pubblica ASPI. Con tale accordo lo Stato rinuncia alla revoca delle concessioni nei confronti di ASPI. La transazione prevede misure compensative ad esclusivo carico di ASPI per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro. Una riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all’articolo 35 del decreto legge “Milleproroghe” (D.L. 162/2019). Un rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario. Un aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario. Una rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi e al sistema tariffario. Oltre a una rinuncia ai ricorsi per contestare la legittimità dell’art. 35 del decreto legge “Milleproroghe”. E per finire un’accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall’Azienda di Regolazione dei Trasporti con una significativa moderazione della dinamica tariffaria.
IL NUOVO ASSETTO SOCIETARIO DEL CONCESSIONARIO
E’ prevista nell’accordo la realizzazione di un rilevantissimo piano di manutenzione e investimenti. In tal senso Atlantia e ASPI si sono impegnate a garantire l’immediato passaggio del controllo di ASPI a Cassa depositi e prestiti. Il passaggio avverrà attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di CDP. Ci sarà poi l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali. Seguirà la cessione diretta di azioni ASPI a investitori istituzionali di gradimento di CDP. Con l’impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi. Per finire è prevista la scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia. E la contestuale quotazione di ASPI in Borsa. Gli azionisti di Atlantia valuteranno la smobilizzazione delle quote di ASPI, con conseguente aumento del flottante. In alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in ASPI, pari all’88%, a CDP e a investitori istituzionali di suo gradimento.
I DUBBI
Il comunicato di Palazzo Chigi con i punti dell’accordo lascia molti dubbi. Che forse sarebbe bene spiegare in fretta. Ad esempio, che senso ha imporre condizioni particolarmente rigide ad ASPI quando sta per passare allo Stato? Praticamente lo Stato pagherà per le colpe altrui? E perché si vogliono fare entrare nel capitale i cosiddetti “investitori istituzionali”, ovvero banche d’affari e fondi d’investimento? Visto che CDP acquisirà la maggioranza attraverso un aumento di capitale come mai è stato concesso ai Benetton di restare in società? E se avvenisse una cessione delle quote da parte di Atlantia quale sarebbe il corrispettivo per quest’ultima? Ricordiamoci che doveva essere revocata la concessione ad ASPI per le inadempienze nella manutenzione delle infrastrutture. E adesso non solo non viene revocata, ma addirittura ci sarà un corrispettivo per la cessione?
LE POCHE CERTEZZE
In mezzo ad un mare di dubbi, qualche certezza c’è. Ovvero che questo governo non ha minimamente intenzione di iniziare una serie di nazionalizzazioni delle aziende strategiche. Avrebbe potuto iniziare proprio con Autostrade ma è evidente che l’intento è lo stesso che per MPS. Cioè toglierla ai privati che hanno combinato un casino, risanarla, valorizzarla e poi rimetterla sul mercato. L’ingresso degli “investitori istituzionali” è più che una prova in tal senso. E intanto Benetton manterrà una quota non indifferente in società così da vedersi rivalutare le azioni in portafoglio e cederle al momento opportuno. Sono passati 23 mesi dal crollo del Ponte Morandi e dalla finta furia giacobina dei pentastellati. A poco meno di due anni dalla tragedia il governo Conte si è piegato ai voleri del PD e di Renzi. E ha trovato un accordo che, per gli italiani, puzza tanto di fregatura.
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