Il battaglione Azov è un reggimento della Guardia nazionale ucraina basato nella città di Mariupol, che sorge proprio lungo le rive del Mare d’Azov. Nato come milizia volontaria, nel maggio del 2014, il corpo combattente è stato in seguito inquadrato nei ranghi delle forze armate di Kiev. Il battaglione ha acquisito una dubbia notorietà a causa della militanza, al suo interno, di molti uomini, anche provenienti da Paesi stranieri, dall’ideologia politica di destra radicale. Il gruppo è stato anche associato a accuse di tortura e di abusi dei diritti umani e continua d essere tra i più tenaci e feroci oppositori delle milizie separatiste filorusse che hanno occupato una parte degli oblast (una parola presente sia in ucraino che in russo che significa grossomodo regione/provincia) di Donetsk e Lugansk.
Il battaglione Azov è nato grazie all’attivismo di una fazione di ultras, chiamata Setta 82, della squadra Metalist Kharkiv. Nel corso della grave crisi politica ucraina, iniziata nel febbraio del 2014, gli uomini di questo gruppo occuparono le sedi istituzionali dell’oblast di Kharkiv per evitare che finissero sotto il controllo dei separatisti.
Ben presto Setta82 si trasformò in una vera e propria fazione armata che prese il nome di Eastern Corps e che si radicò anche grazie al supporto delle autorità ucraine. Kiev, in quei mesi, era infatti in grave difficoltà e c’era il rischio concreto che i separatisti potessero occupare larghe fasce di territorio dell’Ucraina centro-orientale. La presenza di milizie nazionaliste si rivelò fondamentale per preservare l’unità dello Stato ed arginare l’avanzata dei filorussi.
In seguito agli Accordi di Minsk II, raggiunti nel febbraio 2015, Azov è stato incorporato nella Guardia nazionale ucraina e gli eventi hanno seguito un copione già visto: il crescere della forza dei regolari di Kiev si è accompagnato a una progressiva marginalizzazione dei gruppi paramilitari, non più necessari in prima linea e considerati potenzialmente pericolosi perché fonte di potere alternativo rispetto a Kiev.
Dopo una prima fase di lotta armata, il battaglione Azov ha iniziato a strutturarsi anche a livello politico e ad estendere le proprie attività. I reparti nazionali, composti perlopiù da veterani di guerra e guidati da Andreï Bilestky, apertamente neonazista fino ad alcuni anni prima, cercarono fortuna lontano dal campo di battaglia e per far ciò inglobarono altri due movimenti estremisti, uno dei quali era Patrioti dell’Ucraina, accusati di aver attaccato violentemente, nella città di Kharkiv, migranti, studenti e di proporre un’ideologia neonazista.
Qualche mese dopo venne fondata anche la cosiddetta milizia nazionale, non riconosciuta da Kiev, che si occupava di gestire l’ordine nelle strade del Paese attaccando violentemente omosessuali e rom. Il programma politico dei reparti nazionali, che hanno preso parte alle consultazioni parlamentari del 2019 unendosi al movimento radicale Svoboda ma fermandosi al 2,5% dei voti, è piuttosto chiaro: espansione dei poteri presidenziali fino porre il capo di Stato al comando effettivo delle Forze amate e a fargli assumere anche l’incarico di primo ministro, rompere ogni tipo di legame con Mosca, contrarietà all’adesione all’Unione europea ed alla Nato, protezionismo e nazionalismo economico, diritto per i privati cittadini di portare armi con sé, reintroduzione della pena di morte per tradimento e per appropriazione indebita di beni statali da parte di funzionari governativi.
Il battaglione Azov è stato particolarmente abile, nel tempo, ad attrarre a sé giovani cittadini ucraini e nell’istituire campi giovanili per bambini, al fine di propagandare il nazionalismo e la destra radicale sin dalla più tenera età. L’uso dei social network per diffondere la propria ideologia si è rivelato efficace ed ha contribuito a diffondere su scala maggiore i valori seguiti dal gruppo.
Il battaglione Azov ha attirato, nella prima fase della sua esistenza, svariati combattenti stranieri attratti dalle ideologie radicali manifestate dal gruppo. L’Ucraina è diventata, nel recente passato e per i circoli di suprematisti bianchi e delle destra radicale, ciò che la Siria è stata per i jihadisti. Un gigantesco campo di addestramento in cui acquisire tecniche di combattimento e pratica militare e lottare contro il nemico russo sperando, al tempo stesso, in una possibile instaurazione di un regime di destra radicale a Kiev.
Questo sviluppo ha portato tanto i ribelli separatisti quanto le autorità russe a accusarlo di essere un insieme di mercenari violenti ispirati dall’ideologia nazista. Una serie di report pubblicati dall’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno accusato membri del battaglione Azov di abusi dei diritti umani e della commissione di crimini il saccheggio di massa, l’ingiusta detenzione e la tortura ed anche gli stupri effettuati nei confronti della popolazione civile o dei ribelli separatisti caduti nelle loro mani. In più occasioni il gruppo ha espresso anche il proprio disprezzo nei confronti della comunità Lgbt e delle minoranze etniche presenti in Ucraina.
I governi ucraini, dopo lo choc del 2014, sono riusciti, nel corso degli anni, a riacquistare un maggior controllo sulle dinamiche interne e a stabilizzare, seppur in maniera precaria e non completa, il Paese.
In questo contesto il ruolo delle milizie dei volontari della destra radicale ha subito, come immaginabile, un ridimensionamento. L’emergere di bande armate, seppur motivate da ideali radicali, è stato comunque molto utile, in una prima fase, alle autorità nazionali per contrastare l’avanzata delle milizie separatiste e per evitare un collasso dell’apparato statale. Il futuro e il potenziale del battaglione Azov e delle organizzazioni ad esso collegato è così destinato ad essere influenzato dalle dinamiche del conflitto: una pacificazione dell’Ucraina, che sembra sempre più probabile grazie alle azioni del presidente Volodymyr Zelensky, dovrebbe portare, nel medio termine, ad un’ulteriore contrazione dell’influenza della destra radicale.
Questa influenza non è però destinata a sparire del tutto ma, più probabilmente, continuerà ad essere presente sottotraccia ed a far presa su alcuni strati della popolazione del Paese. Un riacutizzarsi del conflitto od una grave crisi politica a Kiev, infatti, potrebbero portare, in breve tempo, le fazioni radicali a minacciare la stabilità dell’apparato statale.
Adrea Walton per www.ilgiornale.it