BIANCANEVE SI E’ MANGIATA I NANI (..E PURE IL PRINCIPE)
L’ultima frontiera del politically correct è la revisione della fiaba di Biancaneve nel nuovo film della Disney dove la bella verrà interpretata dall’attrice Rachel Zegler di origini latino-americane.
E fin qui nessun problema.
SNATURARE LA FAVOLA: PERCHE?
Il problema nasce allorchè dalla fiaba sono totalmente espunti i sette nani sostituiti da non meglio precisare “sette creature magiche”, e il principe azzurro completamente desaparecido, sacrificato sull’altare di un messaggio autoliberatorio della donna. Il senso è: Biancaneve ce la fa da sola, non ha bisogno di nessuno, tantomeno di un uomo!
Morale della favola – è il caso di dirlo – è che viene completamente snaturata l’originale storia dei fratelli Grimm.
Ora, per carità, si comprende che il titolo “Biancaneve e i 7 diversamente alti” suonava un po’ brutto e magari non era una grande scelta in termini di marketing; oppure si comprende che di questi tempi principi se ne vedono pochi e men che meno azzurri in grado di risvegliare chicchessia. Ma per l’amor del cielo! Se si voleva fare una cosa diversa, si poteva tranquillamente lasciar stare la fiaba, e propinarci l’ennesima storia di eroine alla “Mee Too”.
Che motivo c’era di revisionare i ricordi di un’infanzia dove i fratelli Grimm hanno contribuito a formare le nostre coscienze senza attentati alla sopravvivenza della specie. Suvvia, siamo seri!
LE PAROLE DELLA DISNEY NON POSSONO ESSERE INTERPRETATE
Il bello è che ciò non solo non viene nascosto, ma rivendicato con orgoglio. Dalla produzione, infatti, giungono queste parole a spiegare le bizzarre scelte effettuate “Per evitare di rafforzare gli stereotipi del film d’animazione originale, abbiamo scelto un approccio diverso” .
Ci si chiede a quali stereotipi si faccia riferimento, ma non è dato sapere. I nani simbolo del lavoro stanno a testimoniare la cooperazione nel lavoro, fulcro di ogni comunità minimamente solidale. Quindi, via i nani e via la comunità. Siamo di fronte a “Unico e la sua proprietà”, il trionfo metafisco dell’individualismo arbitrario che risponde solo a se stesso, ben lontano dalla sana e liberale valorizzazione della persona.
E l’approccio cui si riferisce la Dinsey non ha bisogno di interpretazioni; esso è molto chiaro, così come chiara è la sua funzione destrutturante del valore pedagogico della fiaba tradizionale.
DISTRUGGERE UNA FIABA È POLITICALLY CORRECT
Esse hanno una connotazione simbolica importante, soggetta a una miriade di interpretazioni ma certamente non alla revisione in salsa attualizzante, tantopiù politically correct. Questa scelta dunque si rivle semplicemente per quello che è. Un “omaggio” pagato con gioia alla nuova (e fasulla) cultura woke (chi non la condivide è irrimediabilmente asleep), che di ideologismo in ideologismo muta i simboli per offrire una narrazione destrutturata e completamente a vantaggio di un pensiero sempre più unico e sempre più dominante rigorosamente in salsa finto-progressista.
Fino a poco tempo fa la stessa dizione “pensiero unico” mi faceva venire i bordoni, ma cos’altro dire di interventi reiterati e del tutto privi di senso, ormai sdoganati in ossequio a una visione fintamente femminista e atta esclusivamente a alimentare una nuova antropologia dagli esiti tutt’altro che scontati? Cos’altro dire se non che siamo di fronte a una banale applicazione della finestra di Overton per introdurre elementi del tutto discutibili, contrabbandati per progresso inclusivo (termine che appare sempre più nelle parole e negli scritti dei nuovi gendarmi della morale).
L’INCLUSIVITA’ è DIVERSA DALL’EGUAGLIANZA
E’ bene precisare che inclusività è molto diverso da “eguaglianza” e che confondere i due temi è fatale per ogni progetto che voglia porre la libertà a fondamento del vivere civile. L’uguaglianza punta alle pari opportunità (possibilmente dei punti di partenza), l’inclusività paradossalmente esclude chi non si confà ai nuovi paramentri “includenti”. E infatti, il principe azzurro viene totalemte cancellato. Espressione del maschile, automatico sinomino di patriarcato (è una fissazione!), non v’è posto nel nuovo mondo per lui.
L’ATTACCO AL MASCHILE
Esiste il tragico fenomeno della violenza contro le donne? Eliminamo il maschio, il suo ruolo e la sua funzione (e il principe azzurro avrebbe molto da dire in tal senso, ma…. Non c’è!) e il problema è risolto!
Il maschio tutt’al più esiste per essere demonizzato come irriducibile nemico di ogni processo di emancipazione femminile che rigorosamente deve essere condotta in autonomia (fosse mai un po’ di collaborazione romantica); insomma un vecchio rottame di cui si può far a meno, salvo che per mostrizzarlo in quanto simbolo assoluto di ingiusto e arbitraio predominio.
Siamo sicuri che tutto questo sia progresso? Che tutto questo serva alle legittime aspirazioni delle donne?
C’è da avere più di un dubbio poiché gli esiti cui sembra condurre questa nuova ideologia progressista assume tratti sempre più totalitari.
UNA NUOVA ANTROPOLOGIA
Un’antropologia in cui la distinzione dei sessi è un tabù da abbattere, dove la stessa parola “sesso” deve essere sostituita dal moderno “genere” (anzi meglio “gender”) e tutto deve fluidificarsi in un magma indistinto dove quello che conta è soltanto la propria volontà e autopercezione. In nome di questa nuova visione, si può anche licenziare un professore americano di scienze poiché ha osato affermare a lezinoe che “il sesso del nascituro dipende dalla combinazione dei cromosomi” e perciò tacciato di propaganda religiosa (sic!). Si può anche contestare alle femministe inglesi di aver osato organizzare un dibattito in cui si poneva a tema il rapporto tra i sessi (arieccoci!) all’interno della famiglia. Il solo fatto di ipotizzare che esistano due sessi è stato ritenuto discriminante per i “non binari”. E via delirando….
Una forma di modifica radicale della percezione che passa attraverso la reinterpretazione – ma sarebbe meglio dire annichilimento – delle consuete categorie tradizionali che mediante favole, film, storie, si faceva veicolo di messaggi educativi, da sostituire con il nuovo culto del nulla in salsa progressista e che costituisce l’orizzonte estremo del “Brave new world” dove ci stiamo dirigendo con inconsapevole allegria.
Siamo sicuri che tutto questo sia progresso?
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