A Joe Biden consiglierei di andare a bere un buon bicchiere di bourbon del Kentucky, che al di là dell’avanzata età sicuramente lui ancora apprezza, con il grande guru della politica estera internazionale: l’ex segretario di stato di Richard Nixon, Henry Kissinger. L’uomo che fece la mossa vincente per il destino della guerra fredda.
Aveva ben capito che se ad un certo punto i russi avessero usato lungimiranza verso la Cina, non trattandola come un territorio da sottomettere, si sarebbe creata una posizione di vantaggio per i sovietici.
I cinesi sono un popolo fiero, hanno sempre vissuto le esperienze coloniali giapponesi ed europee con rabbia e preservato la loro identità. Non accettano di essere comprimari a nessuno. Ma hanno anche una secolare tradizione di propensione verso i commerci, sono propensi agli scambi ed a coltivare rapporti di amicizia con chi li consente in ottica paritaria. Ovvio hanno poi un orgoglio nazionalista che li porta anche a sentirsi superiori.
Ma se Breznev avesse teso davvero una mano solidale verso l’effettivo sviluppo della Cina, la loro combinazione di una saldatura tra le due grandi potenze allora entrambe comuniste, sarebbe stata insostenibile per l’Occidente. Si sarebbero aperte quelle prospettive di far perdurare il sistema sovietico, che per quanto sbagliato avrebbe trovato immense risorse su un mercato di proporzioni inimmaginabili. Che altresì sarebbe rimasto precluso ai paesi occidentali.
Con quella mossa si mise il primo passo per vincere davvero la guerra fredda.
Da Kissinger a Carter
Uscito di scena Kissinger gli Stati Uniti ebbero un imbarazzante battuta d’arresto con gli insuccessi dell’incapace Jimmy Carter. Il Nobel lo avrà anche portato a casa, però con tanto di americano in Sud Vietnam che lo supplicava di non abbandonare chi aveva sostenuto la guerra a fianco degli americani per anni, Carter non riuscì ad imporsi con il regime di Hanoi. Saigon crollò e fu ribattezzata con il nome di Ho Chi Minh.
I russi entrarono incontrastati in Afghanistan. Ancor peggio fu l’imbarazzante vicenda del sequestro di ben cinquantadue ostaggi per oltre un anno nell’ambasciata americana. Il prestigio degli Stati Uniti precipitò a causa di una gestione pedestre dell’intera vicenda.
Reagan e Bush Sr.
La presidenza Reagan, sulla quale i consigli di Kissinger avevano una certa influenza, fu una vera manna dal cielo per gli Stati Uniti e per il mondo libero. L’America ritrovò un leader, l’alleanza Atlantica una guida. Qui l’Unione Sovietica crollò, non potendo sostenere una nuova corsa all’ammodernamento del proprio apparato militare contro gli Stati Uniti.
Sarebbe bastato gestire la transizione di potere sostenendo Gorbaciov e creando una cooperazione stabile con la Russia. Ma Bush senior mancò di sostenere un simile progetto.
Gli Usa avrebbero potuto assumere una leadership mondiale ancora più salda. Sostenendo da protagonisti la costruzione di una democrazia stabile in Russia con la quale avere rapporti di alleanza. Creando così la più forte coalizione del mondo. Un’alleanza in grado di sostenere l’egemonia coordinata dell’occidente liberaldemocratico e di rassicurare i suoi alleati in tutto il mondo.
Sembra che appena eletto Trump, Kissinger gli abbia suggerito di porre in atto una mossa audace, riconoscendo l’annessione della Crimea e la fine delle sanzioni economiche alla Russia. Allo scopo di impedire l’alleanza tra i due giganti rivali degli Stati Uniti. Il matrimonio tra Russia e Cina non sa da fare, se si vuole impedire il tracollo dell’Occidente.
Oggi la Cina è potente
Ai tempi dei colloqui tra Mao, Nixon, Kissinger e Zhou Enlai, la Cina era ancora profondamente arretrata e non rappresentava la principale minaccia per gli Stati Uniti. Soprattutto a fronte di un Unione Sovietica molto forte come guida del mondo comunista. Oggi la Cina è un colosso, tecnologicamente avanzato, militarmente solidissimo e commercialmente preponderante.
Il contenimento cinese è un esigenza riconosciuta da tutte le amministrazioni americane da vent’anni a questa parte.
Probabilmente dopo un colloquio con Kissinger, converrebbe a Biden anche averne uno con Putin, nel quale resti qualche porta aperta.
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