Biden lascia,Kamala Harris non è ancora incoronata, e forse non lo sarà mai
Biden ha lasciato. Non sarà lui il candidato Democratico per la successione a se stesso come presidente degli Stati Uniti.
Ma questo non fa automaticamente della sua vice, pur avendo ottenuto il suo endorsement, posto che in questo contesto sia un vantaggio, la candidata ufficiale.
Ci sono ancora quattro settimane alla convention democratica che formalizzerà la scelta.
La candidatura non può essere calato all’alto
Gli americani sono gelosi delle loro tradizioni democratiche. Non può essere Joe Biden a decidere chi sarà il candidato Democratico senza che questo passi almeno per delle mini primarie, o da forme di democrazia, che portino all’investitura tramite la volontà popolare.
Nella storia americana solo i repubblicani fecero l’errore di cambiare il risultato delle primarie non incoronando Theodore Roosevelt che le aveva vinte. Questo cambio costo’ loro la presidenza.
Kamala è una toppa non una soluzione
Non dico che la toppa sarà peggiore del buco, ma poco ci manca.
Probabilmente Joe Biden non vuole incassare per sé una sconfitta che dai democratici è data per certa. Ormai non gli serve a nulla. Anzi potrà sempre dire che, da padre nobile ha fatto un passo indietro, ma incolpare chi ha chiesto il suo ritiro di un eventuale sconfitta.
Probabilmente Kamala avrà la candidatura l’avrà, ma sa già che probabilmente non avrà la presidenza.
Sembra assurdo ma la candidatura democratica in questa fase è semplicemente una patata bollente.
Donald Trump non potrà ricandidarsi per un altro mandato dopo questo, perché ha già ricoperto una presidenza. Quattro anni in politica sono lunghi, ma sono anche corti e per molti democratici di rilievo, che avrebbero più chance di Kamala, il gioco non vale la candela.
Se scendessero in campo ora avrebbero poco più di cento giorni per impostare una campagna elettorale in netto svantaggio. Rischierebbero di perdere e di bruciarsi le possibilità di essere ricandidati nel 2028.
Un candidato presidente sconfitto raramente viene ricandidato.
Trump fa eccezione, ma nel suo caso la base repubblicana non ha mai ammesso la legittimità della vittoria di Biden.
Chi si brucia oggi, nel 2028 non otterrà la nomination. E chi ha veramente ambizioso di salire alla Casa Bianca non vuole bruciare le proprie possibilità.
Una scommessa a perdere
Tutto quello che non ha funzionato nella presidenza di Biden, Kamala lo rappresenta idealmente. La scelta del vice di Donald Trump non è casuale. Bisogna inchiodare il midwest. Gli stati chiave per la presidenza. E lì Kamala di certo non è popolare. Non sfonda nell’America dai valori tradizionali.
È stato un vicepresidente che ha gestito in maniera pessima, per riconoscimento degli stessi democratici, la campagna sull’immigrazione clandestina affidatagli da Biden. È stata un’alfiere delle peggiori posizioni in politica estera di questa amministrazione.
Un uomo di esperienza come Barack Obama non ha ancora deciso di darle ufficialmente il proprio endorsement.
Obama sa benissimo è perfettamente cosciente dell’impopolarità di Kamala.
Soprattutto la Harris è un alfiere delle politiche woke, ha una visione assistenzialista dell’economia e soprattutto ed è pervasa da una visione ambientalista ideologica; una cosa che allontana sempre di più i democratici da quel determinato midwest che a novembre fa la differenza.
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