Bobby Sands è morto il 5 maggio del 1981. O forse non è mai morto. La forza della determinazione con cui si è opposto al governo britannico fanno ardere una fiamma eterna. Nonostante siano trascorsi 39 anni da quando è spirato, nessuno lo ha dimenticato. Bobby Sands ha inferto una ferita agli oppressori inglesi che non potrà mai cicatrizzarsi.
Una ferita aperta
Una ferita aperta nel cuore dell’Europa, una vicenda mai davvero affrontata dalle cronache ufficiali. Passata sotto il silenzio della censura, racconta di umiliazioni, sopraffazioni e continue violazioni dei diritti civili e umani ai danni di un intero popolo. La colonizzazione britannica dell’Irlanda, un atto violento contro cui si sono schierate nei decenni intere generazioni. Uomini e donne uniti da un sogno capace di consegnare al mondo parole che restano scolpite nella memoria: «Tiocfaidh ár lá». Il nostro giorno verrà.
Un motto gridato da Bobby Sands, il ragazzo della periferia di Belfast. Classe 1954. A diciotto anni Bobby ha votato la propria vita alla causa dell’indipendenza irlandese. Perché, come racconta lui stesso: «Avevo visto troppe case distrutte, padri e figli arrestati, amici assassinati. Troppi gas, sparatorie e sangue, la maggior parte del quale della nostra stessa gente».
I Blocchi H del lager di Long Kesh
Arrestato una prima volta nel 1972 e poi nuovamente nel 1976, non uscirà più dal carcere dove era rinchiuso. I famigerati Blocchi H del lager di Long Kesh. Nel marzo del 1981 Bobby inizia una sciopero della fame per costringere le autorità inglesi a riconoscere lo status di prigionieri politici ai detenuti irlandesi. Sciopero che viene portato avanti per sessantasei lunghissimi giorni. Fino al 5 maggio del 1981. Bobby Sands muore, dopo pochi giorni muoio altri nove compagni di lotta. Una vergogna che gli inglesi non potranno mai cancellare.
Parole consegnate alla Storia
«È la repressione che crea lo spirito rivoluzionario della libertà. Io non mi fermerò fino a quando non realizzerò la liberazione del mio paese. Fino a che l’Irlanda non diventerà una, sovrana, indipendente».
Queste le parole che il ragazzo di Belfast ha consegnato alla Storia.
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