Dalla peste al coronavirus, a Firenze tornano in auge le buchette del vino.
Prima per la peste, ora per il coronavirus.
Altro che plexiglass: il centro storico di Firenze – come quello di Pistoia e di altre 27 località della Toscana – cela nei suoi muri decine di minuscole finestrelle.
Dei passaggi anticontagio, utilizzati sin dal 1600 per la vendita al dettaglio.
La feritoia serviva sia per passare i fiaschi che per far uscire dei contenitori metallici legati ad un bastone, in cui lasciare i soldi, evitando così ogni genere di contatto e permettendo ai baristi di disinfettare le monete con l’aceto prima di metterle in cassa.
Da un censimento fatto dall’associazione Matteo Faglia, Diletta Corsini e Mary Christine Forrest nel 2015, in Toscana ci sono almeno 150 buchette, una diversa dall’altra.
Le prime risalgono al diciassettesimo secolo, quando i commercianti di vino decisero di scolpire delle piccole aperture nelle pareti dei loro locali per continuare a servire da bere al pubblico durante la peste.
Gran parte di quelle feritoie, nei secoli, sono state murate.
Ma molte sono ancora lì.
E un’associazione le ha fatte tornare in auge come perfetti passaggi da «distanziamento sociale». Nascono così le Buchette del vino (ma anche del gelato, dei libri, del caffè e dello Spritz).
Un nuovo, vecchio, modo per ordinare e servire ogni genere di prodotto, diventato una moda (e una necessità) durante l’ultima pandemia.
Buchette già dal 1500
Dette anche tabernacoli, finestrini o finestrelle (sempre “del vino”), erano poste sin dal Cinquecento ai lati dei portoni dei palazzi delle grandi famiglie proprio per vendere un bicchiere – o perfino un fiaschetto – di nettare, in cambio di un gruzzolo di monete sonanti. E si beveva fin dalla mattina. Ogni famiglia abbastanza ricca da avere delle tenute non lontano dalla città, attraverso questi miracolosi anfratti smerciava il vino ai viandanti. Era anche un’attività conveniente: essendo la produzione familiare la vendita era esentasse. Inoltre le buchette erano pensate per tutti, soprattutto per i più poveri.
Capitava infatti che da queste aperture venissero offerte anche eccedenze alimentari. Al giorno d’oggi se ne contano ancora 170, di cui 145 nel centro storico di Firenze.
Fonte: La Stampa
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