Ogni morte d’uomo mi riduce, perché io faccio parte dell’umanità.
Così come per me ogni morte di un italiano, ogni morte di un mio fratello italiano, di un mio fratello occidentale mi riduce.
Perché io faccio parte dell’Italia, perché io sono parte dell’occidente, perché faccio parte di una comunità sociale, culturale, umana che ha una storia, una tradizione, un sentire comune.
Mario Cerciello Rega, coraggioso carabiniere ora è nel mondo dei morti. Francamente non mi sto a chiedere come sia, non parlo di seconda vita o di perdono.
Perché in questo momento c’è rabbia e odio dentro di me.
E questa rabbia e quest’odio io li provo sempre quando viene colpito qualcuno di quella grande famiglia umana che è l’Italia, che è l’occidente.
Io mi ricordo in Firenze questo odio mentre camminavo al corteo in ricordo di Duccio Dini , mi ricordo le lacrime di una ragazza che non conoscendolo piangeva perché mi diceva che era morto un ragazzo italiano della sua stessa età.
Odio i bastardi che hanno fatto del male a Niccolò Ciatti. Non mi interessa se qualcuno mi disprezza perché li odio, io disprezzo quegli italiani che non li odiano.
Non saremo migliori dei giudici spagnoli che vogliono mandare liberi quei due che hanno contribuito alla morte di Niccolò, se non saremo capaci, in Italia, di far marcire in galera coloro i quali hanno ucciso Duccio e Mario.
Perché un popolo che non difende se stesso, che non tutela i propri figli, non è degno di esistere.
Mario portavo una divisa, mi vengono in mente le parole del ministro Salvini urlate in un comizio a Campi Bisenzio :” guai a chi tocca chi porta una divisa, guai a chi tocca chi porta una divisa e lo ripeto ancora perché vi sia ben chiaro, guai a chi si azzarda a toccare chi porta una divisa”.
Perché una divisa, è lo stato, è un simbolo. Chi colpisce un nostro rappresentante commette un atto violento rivolto contro tutto il nostro popolo, per il solo fatto che non si è fermato di fronte a quello che quella divisa rappresenta.
Se lo fa uno straniero il nostro dovere sarà far capire chiaramente a tutto il mondo che in casa nostra i nostri rappresentanti e le nostre leggi regnano sovrane.
Ma c’è, ed è alla base della mia rabbia del mio odio, ancor più raccapricciante un buonismo che aleggia serpeggiante fra molti italiani. Quello stesso buonismo che getta le basi per le quali si commettono atti del genere. Quello stesso buonismo che fa scelleratamente presumere ai balordi che non ci sarà una ferrea volontà di punirli esemplarmente.
Sono stanco di vedere scorrere sangue italiano, non lo sopporto più.
Da italiano esigo il ripristino della legalità, esigo misure severe e pene esemplari.
È un mio mio diritto pretendere da italiano che sia tutelata la vita degli italiani dallo stato italiano.
Ogni altro italiano, come membro di questa grande famiglia umana che è il nostro paese, deve pretendere lo stesso perché è diminuito dalla morte di un italiano soprattutto se questa avviene per mano di persone di altri paesi, che credono da noi sia concesso fare tutto. Perché sempre deprecabile e ingiustificabile è l’omicidio di chiunque, ma è sempre dovere dello Stato palesare che difende i propri cittadini. Mi chiedo che fine avrebbero fatto nel loro paese questi signori se avessero ucciso un agente di polizia.
Molto probabilmente oggi negli Stati Uniti d’America non saremmo neanche a parlarne più di tanto, perché passerebbero i prossimi anni in attesa della loro esecuzione capitale.
Un italiano strappato dalla vita è una menomazione per l’Italia intera.
E, dunque italiani, non chiedete mai per chi suona la campana.
Essa suona per noi tutti.