Casamonica, i boss del kitsch

Un momento dei funerali di Vittorio Casamonica a Roma nella chiesa Don Bosco, alla periferia della Capitale, 20 agosto 2015. Una carrozza antica trainata da sei cavalli neri, petali di rose lanciate da un elicottero, manifesti e note del film "Il padrino" per l'ultimo saluto a Vittorio Casamonica, 65 anni, uno dei maggiorenti dell'omonimo clan che viene ritenuto responsabile di attività illecite come usura, racket e traffico di stupefacenti nell'area sud est della città. Il feretro è arrivato su una carrozza nera con bassorilievi dorati. Ad accoglierlo, all' esterno, un'orchestra che ha suonato la canzone del celebre film di Francis Ford Coppola. Sulla bara un'immagine di padre Pio. "Hai conquistato Roma, ora conquista il paradiso" e "Vittorio Casamonica re di Roma" recitavano alcuni manifesti apparsi davanti la parrocchia che lo ritraevano a mezzo busto con una corona in testa, il Colosseo e il cupolone sullo sfondo. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Aveva ragione Antonio Albanese, il personaggio di Cetto Laqualunque non aveva più senso, era il momento di farlo sparire, la realtà superava la caricatura. 

Entrare con gli occhi delle telecamere nelle ville dei Casamonica è stato come accomodarsi davanti alla Tv per guardare Qualunquemente, il film che ha chiuso il ciclo di Cetto. 

Tutta questa faccenda è surreale, e non solo per gli arredi. A cominciare da quell’afoso funerale, celebrato nell’agosto di tre anni fa. Era morto il boss Vittorio. Uno spettacolo patetico, con tanto di carrozza stile ancien regime, banda che suona Il Padrino, gigantografia del defunto con la scritta Re di Roma, Ferrari con petali di rosa.

Le Autorità cittadine, che ben sapevano di questo monumentale carrozzone, si sono tremendamente indignate, il giorno dopo. Casamonicamente.

Finalmente dopo quarant’anni qualcuno si è preso la briga di ricordare al clan che esiste uno Stato, seppur nella forma ridotta dello Staterello.

Con squilli di trombe è partita l’operazione di sgombero delle ville abusive, 600 agenti di polizia, 800 secondo altre fonti (nemmeno la conta riescono a fare) – comunque dicamo ottocento secondo gli organizzatori e seicento secondo la Prefettura, e andiamo avanti – hanno inferto un colpo mortale a trenta mofiosetti intontiti dal sonno.

Il giorno dopo, cioè oggi, arrivano le ruspe e, di nuovo un battaglione di agenti di polizia (diciamo 700, per comodità). I Casamonica stavolta sono piuttosto svegli e nervosi ma con un rapporto di uno a venti nulla possono. Lo Stato ha trionfato.

Virginia Raggi ai microfoni dei giornalisti, dichiara: “Giornata storica”; le fa eco Morra (non Marra, non fate confusione) dell’Antimafia con un bel: “Il buongiorno si vede dal mattino”.

Ovviamente sono ben lieto che le Ville siano state demolite e che i Casamonica non abbiano più un tetto (sempre che adesso non gli assegnino le case popolari), un paio di pensierini sorgono spontanei…: erano proprio necessari 1.200 agenti, in due giorni, per tenere a bada 30 persone di cui la metà sono donne e qualcuna pure in cinta? Tutto questo entusiasmo per un atto dovuto, non è di per sé un’ammissione di quanto lo Stato sia debole in Italia? Ai postumi l’ardua sentenza.

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