Cattolici in politica: partecipare e non parteggiare?

de gasperi

Cattolici in politica: partecipare e non parteggiare?

A margine della 50° settimana sociale

La settimana sociale dei cattolici italiani, chiusa ieri, ha affrontato il tema cruciale della democrazia.

Che la Chiesa italiana sia chiamata a riaprire questo orizzonte non è una facoltà, ma un obbligo.

La Chiesa da tempo infatti si è eclissata non solo sul tema dell’impegno politico dei cattolici, ma anche sul versante pre -politico e addirittura su quello della formazione. In nome di una generica posa “sociale” si è dimenticato quanto cruciale sia l’impegno diretto e concreto dei credenti nella città degli uomini.

Ieri abbiamo assistito da un lato ed in positivo alla riaffermazione della centralità politica nell’orizzonte dell’ispirazione cristiana, dall’altro, però, si è rimasti a mezz’aria quando si è trattato di passare a scelte di campo concrete, senza le quali la politica, ci sia permesso dire, rischia di essere puro esercizio spirituale, indicazione pastorale, opzione culturale.

Ricucire l’ordito tra ispirazione cristiana e politica

Nel suo atteso discorso, Papa Francesco ha ricucito l’ordito che sorregge l’ispirazione cristiana in politica, attraverso tre passaggi principali e consequenziali.

Il punto di partenza è stata l’armatura etica del politico: “Tante volte – ha sottolineato Papa Francesco – pensiamo che il lavoro politico è prendere spazi: no! È scommettere sul tempo, avviare processi, non prendere luoghi. Il tempo è superiore allo spazio e non dimentichiamo che avviare processi è più saggio di occupare spazi.”

Ha poi proseguito facendo appello al connubio tra profonda ispirazione individuale e vis comunitaria che deve animare questo grande atto di carità: “Dobbiamo riprendere la passione civile dei grandi politici che noi abbiamo conosciuto. Impariamo sempre più e meglio a camminare insieme come popolo di Dio, per essere lievito di partecipazione in mezzo al popolo di cui facciamo parte.”

Due citazioni non casuali: La Pira ed Aldo Moro

Papa Francesco ha concluso citando due soli profili appartenenti al panorama politico italiano del dopo guerra, che hanno avuto la capacità di trasferire da laici la loro ispirazione in architetture ed azioni concrete.

“Sull’esempio di La Pira – ha affermato il Pontefice – non manchi al laicato cattolico italiano questa capacità di “organizzare la speranza” .

Con riferimento ad Aldo Moro ha ricordato poi che «uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità».

Dalla parte della persona dall’inizio alla fine naturale

Il Cardinale Zuppi, presidente della CEI, nel suo discorso di accoglienza a Papa Francesco, ha aperto un altro interessante quanto scivoloso ambito di riflessione: “I cattolici in Italia non sono una lobby in difesa di interessi particolari, e non diventeranno mai di parte, perché l’unica parte che amano” è quella “della persona, ogni persona, qualunque, dall’inizio alla fine naturale.”

Se le conclusioni si rivelano inoppugnabili, con esplicito riferimento alla dottrina ed all’antropologia cristiana, più debole appare l’esordio, che non esplicita quello che per noi è il punto centrale dell’impegno dei cristiani in politica.

Parteggiare per le ragioni della civiltà

Al riguardo occorre chiarire senza infingimenti un possibile equivoco nato, fra l’altro, da una stessa affermazione del Card. Zuppi quando sostiene che i cattolici in politica devono partecipare, non parteggiare.

Al riguardo ci piace rispondere ricorrendo ad un magistrale testo di Alcide De Gasperi, che poteva stare benissimo insieme alle precedenti citazioni di La Pira ed Aldo Moro.

In questo discorso (Bruxelles , 1948) lo statista trentino ci dà una grande lezione su come si possa prendere parte alla politica a testa alta e senza equivoci, avendo a cuore non un obiettivo chiuso e particolare o un generico interesse collettivo, ma, attraverso la difficile via maestra della democrazia (da non abbandonare mai) parteggiare per le ragioni della civiltà umana e cristiana.

“Il difendere la democrazia col metodo della libertà è cosa dura, ma – scrive De Gasperi – l’esperienza per essere meritoria, dev’essere costante e condotta a fondo. Noi non ci lasciamo andare alla deriva perché non rappresentiamo un partito e nemmeno soltanto una nazione, ma siamo una civiltà in marcia, e le ragioni della civiltà non tollerano né soste né abdicazioni.”

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